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Innovation

Dal ricevitore portatile al lancio di satelliti: i (ricchi) conti di SpaceX

Evitare la bancarotta. Elon Musk non ha mai nascosto fosse questa la sua maggiore preoccupazione a proposito di Starlink, la megacostellazione per la connessione internet satellitare di SpaceX. Una posizione comprensibile considerate la necessità di investimenti miliardari per la costruzione dell’infrastruttura, composta da 12mila satelliti da portare in orbita con centinaia di lanci, nonché la gestione commerciale dei servizi di terra. Era ben noto, per esempio, che il kit dell’antenna per ricevere il segnale dallo spazio fosse venduto sottocosto.

Per questo non sorprende che nei primi anni di attività i conti di Starlink non entusiasmassero. Tuttavia, secondo le valutazioni più recenti di società specializzate, sembra che il vento stia cambiando, e gli esperti prevedono un utile significativo per il 2024. Certo aiuta l’aumento del numero di abbonati che, dai 2,2 milioni del dicembre 2023, è di recente arrivato a 3 milioni con proiezioni di crescita fino a quasi 4 milioni entro fine anno. Grazie all’economia di scala, anche il costo del kit di ricezione, inizialmente intorno ai 3mila dollari, si è abbassato fino al prezzo di vendita, che è sempre stato di 499 dollari.

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Il lancio di un ricevitore portatile

È di questi giorni la notizia che sta per essere lanciato sul mercato americano un ricevitore portatile delle dimensioni di un laptop che, secondo il sempre entusiasta Musk, rivoluzionerà il mercato. Costerà un po’ di più rispetto all’antenna standard e anche l’abbonamento sarà più caro, ma l’utente se lo potrà portare nello zaino, assicurandosi l’accesso continuo alla rete con una velocità di download di 100 Megabyte.

In parallelo continuano i lanci dei satelliti Starlink mini di seconda generazione: sono più potenti dei predecessori e, nella versione più avanzata, dovrebbero riuscire a dialogare direttamente con i cellulari (è il servizio “Direct-to-Cell”). Il ritmo della loro partenza è impressionante: fra aprile e maggio SpaceX ha lanciato 26 volte e per ben venti, nell’ogiva del Falcon 9, c’erano i satelliti Starlink. Degli altri sei lanci, due erano stati acquistati da Commissione Europea ed Agenzia Spaziale Europea, ancora in attesa del debutto di Ariane 6, uno era un lancio multiplo, e gli altri erano per missioni legate alla Difesa.

Un’attività così frenetica è anche finalizzata a non scontentare la platea degli abbonati, che pagano per una connessione veloce e si lamentano quando il servizio rallenta perché prossimo alla saturazione.

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Valutazione in crescita

Secondo Quilty Space, Starlink incasserà quest’anno sei miliardi e seicento milioni di dollari. Considerando che le spese per costruire e lanciare i satelliti, insieme con la gestione dell’infrastruttura a terra, sono stimate attorno a 3,1 miliardi, SpaceX appare largamente in positivo. Il quadro, insomma, è addirittura migliore di quello delineato da Musk a novembre dell’anno scorso quando, senza esitare, aveva annunciato che Starlink “had achieved break-even cash flow”. Non per niente la stima del valore di SpaceX continua a crescere: l’ultima valutazione è di circa 200 miliardi.

Starlink è, per di più, solo una delle attività di SpaceX, che è il principale fornitore di servizi di lancio alla Nasa e al Pentagono. Lo strapotere dell’azienda, che fino a pochi anni lamentava di essere esclusa dalle commesse militari a favore di giganti come Boeing e Lockheed Martin, allarma i politici statunitensi: non sono in pochi a dirsi preoccupati del fatto che il fornitore di lanci dominante del Pentagono possa escludere i rivali, grandi e piccoli. I gestori di vettori concorrenti sostengono che Musk attui il price dumping e lanci sottocosto i piccoli satelliti nel caso di missioni ride share, quelle, cioè, in cui più clienti condividono lo stesso “passaggio” in orbita.

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L’accordo col Pentagono

Andrebbe riconosciuto che la versatilità dei lanciatori Falcon9 ha stabilito nuovi standard per raggiungere lo spazio in modo economico e affidabile. Anche i rivali più strutturati faticano a competere; i ritardi e le disavventure imbarazzanti della navetta Starliner sono un esempio evidente di come una storica industria aerospaziale come Boeing sia in affanno e non riesca a replicare il ritmo e i risultati di SpaceX. Oltre a impiegare più tempo per costruire e qualificare la navetta (che ha ancora diversi problemi) il prezzo del prodotto è molto più alto. Secondo l’ispettore generale della Nasa, una volta che Starliner sarà operativa, la Nasa dovrà pagare circa 90 milioni di dollari per ogni astronauta lanciato in orbita, rispetto ai 55 milioni a posto di SpaceX.

Il Pentagono ha inoltre annunciato di aver raggiunto un nuovo accordo con l’azienda di Musk per un sistema di comunicazione satellitare chiamato Starshield, molto simile alla rete Starlink, ma “di proprietà del governo statunitense e controllato” dalla Space Force. La Reuters ha poi riportato che anche il National Reconnaissance Office, un’agenzia di intelligence, ha un contratto riservato da 1,8 miliardi di dollari per accedere a Starshield.

In cifre

Detto altrimenti, SpaceX gode di un flusso costante di denaro pubblico. Secondo i dati, solo l’anno scorso si è assicurata 3,1 miliardi di dollari in contratti federali, quasi quanto l’importo complessivo che il governo ha impegnato per il trasporto spaziale e i servizi correlati dai suoi nove concorrenti, dai grandi come Boeing e Northrop Grumman alle startup come Blue Origin.

Il che non significa SpaceX viva solo del sostegno federale: i suoi razzi portano in orbita più satelliti commerciali di chiunque altro. Parlando ai dipendenti, lo scorso aprile, Musk ha dichiarato che nel 2024 SpaceX potrebbe mettere in orbita il 90% del carico mondiale, una percentuale in crescita rispetto a circa l’80% del 2023. “Non ci sono molti settori in cui un’azienda fa l’80% di tutto”. E una volta che Starship, il primo sistema di lancio interamente riutilizzabile, diventerà operativo, non si esclude che la percentuale possa crescere – garantisce Musk – fino al 99%. Un predominio (quasi) assoluto.

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