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Kevin Costner cerca investitori per la sua nuova saga western: “Nell’anima sono sempre stato un cowboy”

Kevin Costner è sempre stato un visionario, da quando decise di dirigere e produrre Balla coi lupi, nel 1990, il film che lo portò al grande successo. Lo sviluppò con un budget iniziale di 15 milioni di dollari, raccontando la storia degli indiani americani che si confrontavano con la conquista del West, vista dagli occhi di un generale americano il quale, invece di continuare a combattere, rimane affascinato dalla natura selvaggia e dalla cultura della tribù Sioux dei Lakota. Il film raggiunse guadagni per 424,2 milioni di dollari in tutto il mondo.

Adesso Kevin è impegnato in un altro sogno che mira ancora più lontano: la saga western Horizon, che racconta la storia della nuova frontiera, sia dalla parte degli indiani americani che da quella dei coloni. Il progetto si articola in quattro film, due dei quali sono in corso di realizzazione e distribuzione, per i quali Kevin ha confessato di cercare finanziamenti esterni e investitori.

Al Cannes Film Festival ha dichiarato alla stampa che ha investito, o pensa di investire dai 20 milioni a film fino ai 100 milioni di dollari per tutte le produzioni, del suo stesso denaro. Horizon: An American Saga – Chapter 1, acquisito da New Line / Warner Bros, ha debuttato fuori concorso ottenendo una lunga ovazione da parte di pubblico e critica.

Il film ha nel cast, oltre a Kevin, anche Sienna Miller e Sam Worthington, ed è uscito prima al cinema e poi in piattaforma digitale a luglio. Lo abbiamo incontrato alla premiere a Los Angeles.

Lei non teme mai di investire quando deve realizzare progetti in cui crede.

Sono un romantico e credo nei sogni come nel potere magico del cinema e delle storie. Speravo di diventare un attore fin da quando ero un ragazzo, il cinema era sempre stato nel mio cuore. Non eccellevo a scuola, ma ero bravo negli sport e mi piaceva recitare, cantare, ballare e scrivere poesie. Non ho mai mollato, nemmeno nei momenti più duri, quando ho dovuto fare molti sacrifici. Finanziariamente è stato difficile.

Eppure, ce l’ho fatta. Per questo non temo di rischiare: perché so che quando si fallisce, ci si può sempre risollevare e si migliora imparando dai propri errori. Alla fine, si vive una volta sola e vale la pena correre dei rischi per raggiungere i propri obiettivi. Se poi non funziona, si può sempre ripiegare su altro.

È vero che fu l’attore Richard Burton a convincerla a intraprendere questa professione?

Era il 1978, ero con mia prima moglie su un aereo di ritorno dal nostro viaggio di nozze a Puerto Vallarta. Riconobbi Richard Burton, che da sempre ammiravo: mi feci coraggio e mi avvicinai. Fu lui a consigliarmi di fare l’attore perché vide in me una possibilità. Così, invece, di accettare un lavoro come dirigente marketing, decisi di investire il denaro che avevo nel prendere lezioni di recitazione.

Mentre aspettavo di fare le audizioni e di ottenere una parte feci le professioni più disparate, considerando ognuna come una possibilità di sperimentazione per imparare a replicarle nella recitazione. Feci il camionista, lavorai su una barca di pescatori, diventai guida per portare i turisti a Los Angeles a fare i tour alle case delle celebrities a Hollywood. Recitai in vari spot pubblicitari. Fandango fu forse il primo film che mi diede la fama. Poi di certo The Untouchables. Con Dances with Wolves, che diressi pure io, ottenne 12 nomination agli Oscar e ne vinsi due: miglior regista e migliore fotografia.

Come mai ha deciso di impegnarsi col progetto Horizon?

Nell’anima penso di essere sempre stato un cowboy. Credo nei buoni valori, come lealtà e amore, nella famiglia e nei figli. Inoltre, amo trovarmi nella natura selvaggia e andare a cavallo, e sono appassionato della cultura indiana americana, che rispetto moltissimo. Per questo ho dedicato la mia intera vita alla storia dell’American West.

Nella mia ricerca mi sono poi reso conto di quanto la terra e il settore immobiliare abbiano continuato ad avere un’importanza fondamentale negli Stati Uniti, tuttora una delle maggiori fonti di ricchezza, per cui ho approfondito il tema prima partecipando alla serie tv Yellowstone, che offre uno specchio realista della società contemporanea con tutte le sue discrepanze, e del capitalismo sfrenato basato sulla competizione a tutti i costi che ancora regna in America.

Yellowstone mostra uno spaccato di vita americana poco conosciuto.

Tratta della dura sopravvivenza di un ranch, con una famiglia che deve confrontarsi con l’avarizia dei costruttori immobiliari, disposti a tutto per distruggerlo e costruire dei condomini di lusso, e l’interesse di politici sotto il controllo di multinazionali del petrolio e del legname, mentre una vicina comunità di indiani cerca di progettare il primo Parco Nazionale Americano.

È molto interessante per comprendere il vero significato del “sogno americano”, da diversi punti di vista. Alla fine, ho preferito rinunciare a continuare con la serie Yellowstone, pur ritenendolo un progetto bellissimo, per dedicarmi totalmente a Horizon.

Nella saga si scoprono anche tanti personaggi femminili rilevanti come Sienna Miller, nel ruolo di una pioniera coraggiosa.

Ci tenevo a offrire spazio alle donne, che nell’American West hanno avuto un ruolo altrettanto importante. Molte donne hanno anche perso la vita nel tentativo di inseguire quel sogno americano della nuova frontiera. Nella mia saga le si vede sotto diversi punti di vista e penso sia molto importante: dalla madre di famiglia alla prostituta, fino alle indiane con i loro compiti nelle tribù. Penso che le donne del West in Horizon siano state considerate da una prospettiva nuova, come protagoniste della storia. Ci tenevo avessero questa particolare rilevanza, per evidenziare pure il loro punto di vista.

Perché ha preferito lanciare la saga Horizon al cinema, invece che realizzarla come serie televisiva?

Fin da ragazzo amavo vedere i film sul grande schermo. So che adesso vanno molto di moda le serie televisive, ma credo nell’andare controcorrente. Artisticamente ho pensato che fosse molto bello vedere quei magnifici paesaggi e certe scene appassionanti d’azione sul grande schermo.

Anche in Horizon la terra gioca un ruolo principale nella lotta tra gli indiani e i coloni…

Le prime popolazioni indigene vivevano là da migliaia di anni e l’arrivo dei coloni portò diversi problemi, anche nella cacciagione, dato che molti animali si allontanarono quando furono costruite le prime fattorie come le cittadine. I coloni, invece, avevano investito e comperato lande di terra che non sapevano fossero pericolose e per cui dovessero combattere contro gli indiani pagando con la loro stessa vita. Entrambi avevano le loro ragioni e la pacifica convivenza pareva impossibile a quei tempi.

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