Alberto Bertone, ad di Acqua Sant'Anna.
Innovation

La bottiglia compostabile, i robot elettrici e uno stabilimento biocompatibile: tutta la circolarità di Acqua Sant’Anna

Articolo tratto dal numero di agosto 2024 di Forbes Italia. Abbonati!

Una curiosità: l’industria dell’acqua minerale è l’unica che, attraverso la tecnologia, non trasforma la materia prima, ma si impegna a mantenerla inalterata. Ed è proprio su questo aspetto che si fonda la storia di Acqua Sant’Anna. L’avventura imprenditoriale è opera della famiglia Bertone, attiva sin dagli anni Cinquanta nell’edilizia. A fondare l’attività è stato Giuseppe Bertone, padre dell’attuale presidente e amministratore delegato di Acqua Sant’Anna.

Acqua Sant’Anna, “imbottigliare l’acqua così come nasce”

Dopo anni nell’edilizia, prima residenziale e poi industriale, nel 1995 Giuseppe Bertone è venuto a conoscenza della qualità superiore dell’acqua che sgorga nelle valli che sovrastano Vinadio, in provincia di Cuneo, e ha affidato al figlio Alberto lo sviluppo dell’attività. Nel 1996 è nata Acqua Sant’Anna. L’obiettivo era portare quest’acqua sulla tavola di tutti gli italiani.

Ventotto anni dopo i risultati danno ragione ai Bertone. Se nei primi anni le bottiglie vendute in un anno dall’azienda erano tante quanti gli abitanti del nostro Paese, ora superano di molto il numero degli abitanti d’Europa: sono circa 1,5 miliardi.

“Il nostro segreto”, ha spiegato Alberto Bertone, “è imbottigliare l’acqua così come nasce”. Dal 2008 “Sant’Anna è la marca leader del settore, l’acqua più scelta dagli italiani. È un risultato straordinario, considerato che il settore dell’acqua minerale è molto competitivo, molto frammentato e dominato da grandi gruppi multinazionali. In questo scenario, ha saputo imporsi un marchio totalmente nuovo, proprietà di un’azienda interamente italiana e a conduzione familiare”.

La prima bottiglia biodegradabile

Negli anni Sant’Anna ha anche saputo anticipare i tempi ed è divenuta la prima azienda a introdurre una bottiglia biodegradabile. “Ventidue o 23 anni fa”, ha proseguito Bertone, “mi sono inventato la Bio Bottle. Era la prima bottiglia da 1,5 litri biodegradabile e compostabile negli appositi siti di compostaggio industriale, realizzata con un biopolimero di origine vegetale che conserva le stesse caratteristiche tecniche delle comuni plastiche, ma si dissolve dopo l’uso in meno di 80 giorni nel compost. Questa invenzione ci ha resi famosi in tutto il mondo”.

L’azienda continua a investire in ricerca e sviluppo su questo prodotto: dopo aver realizzato anche l’etichetta interamente in Pla (acido polilattico), con lo stesso materiale della bottiglia, ora studia per fare lo stesso anche con il tappo e il collarino. L’ultimo passo per arrivare al primo pack del settore 100% biodegradabile.

Alberto Bertone, ad di Acqua Sant'anni e figlio di Giuseppe, fondatore della società.
Alberto Bertone, ad di Acqua Sant’anni e figlio di Giuseppe, fondatore della società. (Photo by Silvano Pupella).

“I vantaggi sono numerosi”, ha spiegato Bertone. “Produrre il Pla, anziché le plastiche tradizionali, permette un risparmio di oltre il 50% di energie non rinnovabili e l’abbattimento del 60% delle emissioni di CO2. Nel processo produttivo in stabilimento si risparmia il 60% di energia nella fase di essiccazione del granulo (con cui vengono prodotte le preforme delle bottiglie), fino al 30% in fase di fusione e addirittura il 70% nel raffreddamento delle preforme”.

Bertone è inoltre in prima linea nel sostenere il valore del materiale plastico e del suo recupero e riutilizzo, anche introducendo una cauzione. “Sono un sostenitore della plastica”, ha detto. “È un materiale che si può riciclare all’infinito, con costi contenuti. Se si fa un confronto con l’alluminio, la plastica fonde a 200 gradi ed è quindi necessaria meno energia per trasformarla”. Da anni Acqua Sant’Anna cerca di sensibilizzare sul tema: “Come già avviene in molti paesi europei, il deposito cauzionale sul materiale plastico aiuterebbe il consumatore al giusto riciclo e a far diventare il recupero il più capillare possibile. Attribuendo un valore economico alla plastica, nessuno la getterebbe nell’ambiente”.

Una logistica responsabile

La filosofia aziendale è orientata alla tutela dell’ambiente e delle risorse e si concretizza in numerose altre iniziative. Oltre la metà della logistica per il trasporto dell’acqua da Vinadio a tutta Italia avviene su rotaia: se in passato partiva un treno a settimana di Acqua Sant’Anna, oggi parte un treno al giorno.“Il dna di Acqua Sant’Anna è sostenibile”, ha dichiarato Bertone. E gli esempi sono diversi: il magazzino di Vinadio e tutta la movimentazione delle merci sono gestiti da robot a guida laser elettrici e non a gasolio, e sono stati introdotti particolari robot fasciatori che permettono un risparmio di plastica consistente negli imballi. Inoltre, lo stabilimento di Vinadio è stato ristrutturato secondo scelte architettoniche ecocompatibili, con materiali di legno e pietra. Al riscaldamento contribuisce il calore prodotto dai macchinari di produzione.

La strategia di Sant’Anna, stando ai numeri, funziona. Dal 2012 l’azienda ha intrapreso un percorso di ulteriori investimenti per la diversificazione e l’ampliamento della gamma prodotto. Prima si è inserita nel settore del tè freddo creando SanTHÈ. Poco più di un anno più tardi si sono aggiunti nuovi prodotti a base di succhi ed estratti naturali, e più di recente sono nate la linea di acque fruttate Fruity Touch, prodotti funzionali della gamma Sant’Anna Beauty e la nuova Sant’Anna Pro.

“Questi nuovi lanci”, ha commentato Bertone, “hanno conquistato in poco tempo una posizione importante nei rispettivi segmenti di mercato, contribuendo ulteriormente alla crescita dell’azienda, che oggi è il terzo produttore del mercato bevande ed è entrata nella classifica nazionale dei 25 maggiori produttori del food & beverage, con un trend di crescita a doppia cifra”. Oltre allo sviluppo di nuovi prodotti, per la crescita di Acqua Sant’Anna non sono escluse acquisizioni. “A breve”, ha proseguito Bertone, “concluderemo le trattative per l’acquisizione di realtà estere. È bello vedere che qualche azienda italiana rileva società straniere, e non il contrario”.

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