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Valori, psicologia e arte: ecco cosa significa “cinema etico” per Coming Soon

50 milioni di impression per Brad Pitt e George Clooney che ‘giocano’ sul Red Carpet del Festival di Venezia. Il cinema non è solo la settima arte, ma un media potentissimo che sopravvive e anzi si rafforza con la transizione digitale.

Il valore impressionante di visualizzazioni ottenute da questo video, oltre 60 milioni tra tutte le piattaforme social/video, rappresenta un clamoroso successo e ha diverse chiavi di lettura. Quella più immediata consiste nel fascino che il cinema ancora suscita nelle persone e nell’intramontabile forza del fenomeno dello star-system, con tutti i distinguo che possiamo fare rispetto a come lo conoscevamo qualche decennio fa.

C’è poi un risvolto che riguarda più il consumo dei media nell’era digital first che stiamo vivendo e che è un chiaro esempio di come un video che qualche anno fa avremmo semplicemente definito “promozionale” possa prevaricare questa funzione fino a diventare esso stesso contenuto e vivere di vita propria, paradossalmente abdicando, almeno in parte, a quel ruolo promozionale per cui è stato concepito.

C’è infine un ultimo aspetto editoriale da considerare perché dietro il successo di questo video c’è uno sforzo produttivo nuovo e impegnativo per l’editore di un sito, che si ritrova oggi a parlare al suo pubblico su diverse destinazioni online e con linguaggi e contenuti ad hoc per ognuna di esse. Ne abbiamo parlato con Marco D’Ottavio, direttore marketing di Coming Soon.

Il valore e i valori del cinema servono ad alimentare l’immaginario collettivo nel senso etico?

Sicuramente il cinema, come tutti i fenomeni culturali di massa e forse più di altri, ha una responsabilità etica e morale nei confronti della società ma non per questo ogni opera filmica deve necessariamente perseguire questa finalità. Distinguiamo infatti un valore estetico e uno etico per definizione nel cinema e non per forza si realizzano contemporaneamente. Ecco quindi che possiamo assistere a film di puro intrattenimento accanto al cosiddetto cinema “impegnato” che si vuole far carico di un ruolo “educativo” nei confronti degli spettatori. Da questo punto di vista il maggior impatto, quello anche più auspicabile, lo si ottiene quando si riesce a inserire tra le righe di un film di grande successo messaggi etici e morali. Il pensiero va a titoli come La Vita è bella che sul finire degli anni novanta fu capace di raccontare in modo assolutamente geniale e a una vastissima platea mondiale un dramma come l’Olocausto. O ancora più recentemente possiamo guardare a come Paola Cortellesi sia riuscita con il suo “C’è ancora domani” a porre l’attenzione sul tema dell’emancipazione femminile meglio di chiunque ci avesse fin lì provato con qualsiasi altro mezzo. Lo stesso cinema del regista Riccardo Milani va in questa direzione essendo capace di inserire all’interno di film apparentemente “leggeri” messaggi rilevanti a livello sociale come per esempio nel suo ultimo Un mondo a parte con Antonio Albanese e Virginia Raffaele.

E’ il caso del vostro impegno con Medicinema e il Teatro Patologico. Di cosa si tratta?

In un certo senso sì, anche se si tratta di progetti particolari accomunati dall’impegno sociale. Da una parte MediCinema è una no profit che sostiene da anni il cinema quale forma di supporto nei percorsi riabilitativi negli ospedali ma anche più in generale del benessere delle persone. Si tratta di una realtà che ha contribuito alla realizzazione di sale cinema all’interno di strutture ospedaliere come il Policlinico Gemelli di Roma e il Niguarda di Milano e organizza continuamente iniziative per i pazienti di questi ospedali e nelle quali diamo volentieri il nostro supporto in termini di sostegno tecnico e promozionale. Quella del Teatro Patologico è invece l’iniziativa di un uomo visionario come Dario D’Ambrosi che sosteniamo da molti anni. Il suo scopo è quello di fare incontrare il teatro e la malattia mentale in un percorso che, arricchendole entrambe, trova un nuovo modo di fare teatro e aiuta le tante famiglie che si relazionano con questa patologia. Tra l’altro il progetto avrà ora anche una declinazione cinematografica con un film che lo racconta e che arriverà al cinema nelle prossime settimane. Indubbiamente per chi opera nel nostro settore è più facile prima o poi dedicarsi o quanto meno sostenere iniziative rivolte al sociale.

Coming Soon  è una delle realtà più longeve del cinema italiano. Un grande contributo di informazione e comunicazione. Come è strutturata?

La nostra azienda, Anicaflash, nasce nel 1977 (storica famiglia Cialfi) e sono quindi quasi cinquant’anni che affianca i distributori cinematografici nella promozione dei film in uscita in sala (oggi non più esclusivamente). Si tratta di un arco temporale all’interno del quale si sono succedute, soprattutto negli ultimi dieci / quindici anni, delle vere e proprie rivoluzioni nella fruizione dei media. La nostra forza è stata quella di aver saputo in alcuni casi anticipare o comunque accompagnare questi grandi cambiamenti. Siamo stati tra i primi a lanciare un canale tv tematico esclusivamente dedicato al cinema, Coming Soon Television sul finire degli anni novanta, e poi ancora un sito internet e l’app per smartphone. Oggi siamo leader nell’informazione cinematografica considerando sia il sito che le sue declinazioni social (Facebook, Instagram, X) e piattaforme video come YouTube e Tik Tok. La nostra attività si sviluppa attualmente su tre linee operative: una più prettamente commerciale quale referente esclusivo per il comparto cinema con il format “rubrica TV e Radio” in programmazione su primari network nazionali, una editoriale e sopra descritta e infine una business unit tecnica, Coming Soon Service, che ha iniziato la sua attività fornendo servizi tecnici ai distributori cinematografici in occasione di eventi come Festival e incontri con la stampa e che oggi collabora stabilmente anche con realtà extra settore cinema.

Come sta il cinema italiano? Che futuro ha? 

Il cinema più in generale e quindi anche quello italiano, dopo essere stato dato per morto durante il periodo pandemico ha dato in questi ultimi due anni segnali fortissimi di rinascita. Il vero cambiamento, questo pensiamo irreversibile, che caratterizza il consumo di cinema è che le persone non vanno più in sala “a scatola chiusa” come magari si faceva qualche anno fa, scegliendo quindi a prescindere dal film. Oggi è quest’ultimo a dominare la scelta, gli spettatori vanno quindi a vedere un film e non più semplicemente “al cinema”. La ricetta per un futuro roseo è quindi abbastanza semplice da identificare per quanto complessa da mettere in pratica ed è quella di riuscire ad intercettare i gusti e gli interessi delle persone. E di farlo confezionando film di valore. Sfida forse più impegnativa per il nostro cinema da sempre più abituato a raccontare storie che a produrre puro intrattenimento.

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