Ferrari è una delle cantine più conosciute in Italia e all’estero per la produzione di spumanti di qualità. Lo fa attraverso diverse linee, dalla classica alle collezioni limitate. E’ un punto di riferimento in Italia e all’estero, insignita da pochissimo del premio come miglior spumante al mondo trionfando al prestigioso The Champagne & Sparkling Wine World Championships, con ben due premi speciali: World Champion Classic Blanc de Blancs e Best Italian Sparkling Wine.
I suoi vini simboleggiano la tradizione, la profondità, il futuro e l’immagine bella e lucente del vino italiano nel mondo. Tra le varie referenze di Ferrari Trento un vino, in particolare, può essere definito iconico, oltre al blasonato e raro Giulio Ferrari e Bruno Lunelli: la Riserva Lunelli.
Dal legame con il territorio alla sostenibilità
Un vino denso, allargato e ricco, indubbiamente elegante e forse un po’ austero da giovane, proprio perché disegnato per i lunghissimi affinamenti in bottiglia, sia in fase autolitica (quindi a contatto con i lieviti), sia in fase di maturazione terziaria dopo la sboccatura.
Un vino così denso che può – a mio avviso – essere davvero goduto solo dopo almeno cinque anni dopo la sboccatura. La filosofia di Ferrari prevede la coltivazione di sole uve del territorio Trentino, in alta quota, e processi di sostenibilità ambientale – grazie alla certificazione Biodiversity Friend da parte della Worldwide Biodiversity Association – ma anche sociale, grazie al coinvolgimento di circa 500 famiglie di viticoltori nel territorio che vengono seguiti, formati e valorizzati grazie al protocollo “Il vigneto Ferrari – per una viticoltura di montagna sostenibile e salubre”, elaborato col sostegno scientifico della Fondazione Edmund Mach.
Il potenziale dei migliori Ferrari Trento Doc
Una famiglia che vive nel territorio e sa di voler lasciare alle generazioni future una condizione migliore dell’attuale. La Riserva Lunelli 2016 è stata presentata recentemente in un evento a Villa Margon. Un vino straordinario, che riflette pienamente l’annata.
È composta da 100% Chardonnay, vitigno principe del Trento Doc, che dona trama cremosa e struttura espansa al palato. È stata un’annata memorabile, con piogge invernali che hanno garantito riserve idriche ai vigneti. Nella fase di maturazione le grandi escursioni termiche, le temperature moderate e la regolarità hanno contribuito a una trama fitta, un’acidità vibrante e un palato maturo e di grande intensità con un’ottima concentrazione di sapori.
Il vino è disegnato per essere iconico, espressione del potenziale evolutivo in bottiglia dei migliori Trento Doc. Per questo, la prima fermentazione e l’affinamento delle basi avviene in grandi botti di rovere austriaco, come ai tempi di Bruno Lunelli.
Un vino ricco di sfaccettature
Dopo la seconda fermentazione in bottiglia per la presa di spuma, il vino resta almeno 7 anni di affinamento in bottiglia, permettendogli di acquisire compattezza, densità e complessità di note di brioche. I sentori di lime e mela verde, accompagnati dalla importante nota autolitica ricordano un po’ i migliori Grand Cru della parte più calcarea della Côte des Blancs, come Cramant, in Champagne, ma il tocco più maturo e l’acidità croccante gli conferma il calore delle regioni soleggiate d’Italia.
All’assaggio il vino colpisce per la sua struttura convessa, con grande peso di palato. La ricchezza al naso con note affumicate, di croissant e panettone che si alternano a quelle più fresche della frutta appena raccolta svelano un vino pieno di sfaccettature e strati, che lascia un finale lungo e talcato.
Lo stile è muscoloso, ma aggraziato dal dosaggio basso e finale lungo permettendo una beva raffinata, che lascia una splendida salivazione in bocca. Il risultato è un vino che consiglio di tenere in cantina per almeno 5 anni, un vino serio e importante, da degustare con le persone speciali.
Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .
Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .