Paolo Romiti
Business

Come questo manager migliora il business e la marginalità delle imprese

Articolo apparso sul numero di ottobre 2024 di Forbes Italia. Abbonati!

Possiamo definirlo “manager del cambiamento”. La sua attività ha come obiettivo il miglioramento degli indicatori fondamentali di business e l’incremento della marginalità delle imprese, attraverso la definizione di modelli che ne favoriscano la crescita. Paolo Romiti, classe 1977, dopo una lunga esperienza come ad in importanti gruppi e società quotate e oltre 20 anni di esperienza nella gestione aziendale, ha deciso di investire le competenze maturate sul campo, in organizzazioni di medio/grandi dimensioni di vari settori, alla ricerca di un rilancio e una crescita dimensionale.

Costruzione e sostegno gestionale di piani strategici di posizionamento su misura, supporto al lancio di nuovi progetti, consolidamento di modelli esistenti, creazione di nuovi network di imprese e professionisti, consulenza per lo sviluppo di piani di sostenibilità ad hoc. Queste le principali attività che svolge al fianco delle imprese. Un’attività consulenziale portata avanti insieme ad altri professionisti anche grazie alla neonata società Gordon. Un’organizzazione attraverso la quale Romiti mette a disposizione la sua esperienza per aiutare le imprese a ripensare e valorizzare il loro modello di business nell’ottica dell’innovazione.

Come si definisce il modello di business più opportuno? Esistono caratteristiche vincenti per un’impresa?

Un modello di business prevede necessariamente il coinvolgimento dell’ecosistema in cui l’azienda opera, creando partnership strategiche e aprendosi a un mondo sempre più ampio. Deve esserci un do ut des nel sistema, in grado di apportare benefici economici. La rivoluzione digitale di cui si parla è un discorso tecnologico, ma anche culturale. Riguarda il modo in cui vengono gestite diverse componenti, come quella finanziaria, del personale, dell’approccio al mercato e del marketing. Molte medie aziende in Italia hanno qualità elevata, ma possono migliorare sotto il profilo dell’innovazione e dello sviluppo del business, competenze che sono invece appannaggio delle più grandi. La definizione di un modello di business vincente parte da questo, affrontando temi come la sostenibilità, la competitività, l’innovazione. Bisogna aprirsi per orientare il proprio modello di business e non chiudersi in se stessi.

La dimensione medio-piccola di molte nostre aziende agisce da freno?

La dimensione d’impresa può essere determinante, tanto quanto la capacità dell’impresa stessa di strutturarsi sotto l’aspetto manageriale. Molte realtà che hanno raggiunto una dimensione critica o si trovano davanti a un ricambio generazionale si rendono conto di dover attingere a modelli di business innovativi per guardare al futuro e hanno la necessità di affidarsi a figure in grado di accompagnarle in questo percorso. Il concetto del ‘piccolo è bello’ non è più sempre vero e anche la media impresa necessita di un approccio innovativo e di capire come rapportarsi con un mercato sempre più competitivo e globalizzato, quindi di guardare a un’internazionalizzazione che permetta di andare oltre confini talvolta troppo stretti. C’è un altro aspetto importante spesso trascurato: bisogna affrontare il tema delle aggregazioni. Con fatica si cerca collaborazione tra imprese della stessa filiera, che consentirebbe di attingere a competenze manageriali e a strumenti finanziari più sofisticati e necessari per lo sviluppo e la crescita. Serve inoltre una transizione culturale davanti alla quale si fa fatica, per proporsi come soggetto inclusivo e attrattivo anche nei confronti dei collaboratori.

Una delle sfide più importanti e complesse che le imprese sono oggi chiamate ad affrontare è quella della sostenibilità.

Una sfida che presenta diverse criticità, ma inevitabile: per aziende che operano uno scambio continuo con l’ecosistema in cui vivono, la sostenibilità è fondamentale.  Molti consumatori guardano a questo modello, si scambiano i pareri e ne sono influenzati. È un argomento che fa la differenza, perché altrimenti si rischia che il sistema non ti prenda più in considerazione. Poi c’è il tema delle impellenze di legge e dei parametri stabiliti, che molte aziende fanno fatica a rispettare. È dunque una necessità e anche un obbligo per salvaguardare il proprio business, che va vista come opportunità e come tale deve essere gestita, con le adeguate competenze specialistiche. Come è stato già detto da manager più esperti di me: ‘L’altruismo è la miglior forma di egoismo’.

Ci sono diversi giovani che hanno voglia di fare impresa, che magari vorrebbero lanciare una startup. Quali sono i passi da compiere?

Il tema vero, quando si parla di startup, è che l’idea, anche se geniale, rischia di non essere sufficiente ad affermarsi. Ci dovrebbe essere un sistema che accompagni l’ideatore nella messa a terra e nella definizione del progetto. In Italia ci sono strumenti che funzionano sotto l’aspetto finanziario, ma poi troppo spesso si lascia allo startupper la responsabilità su come utilizzare il capitale raccolto. C’è bisogno di qualcuno che accompagni nella trasformazione dell’idea in un processo industriale, di manager in grado di supportare lo startupper nella costruzione del modello di business e nella gestione degli strumenti finanziari.

Tra le sue attività c’è oggi anche una novità nel campo dell’editoria.

Mi si è presentata questa occasione con una piccola realtà che opera nel mondo della grafica editoriale, Grande Foredit. Anche in questo caso si tratta di lavorare per definire un modello di business e ampliare gli orizzonti. È piacevole, perché si tratta di un contesto in cui mi trovo a mio agio per i legami della mia famiglia con il mondo editoriale. 

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