L’ormai certa vittoria del Presidente Trump ha sorpreso qualcuno, ma i mercati avevano già prezzato il rischio di volatilità politica prima delle elezioni presidenziali statunitensi. Il dollaro si è rafforzato rispetto alle altre valute, come era prevedibile, e prevediamo che l’S&P beneficerà di questo risultato. Altri mercati potrebbero sperimentare episodi di volatilità nelle prossime settimane, ma riteniamo che l’impatto delle politiche annunciate, come i dazi commerciali, sarà più prolungato fino al 2025 e oltre.
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Azionario Usa
A cura di Andrew Smith, Client Portfolio Manager, US Equities di Columbia Threadneedle Investments
Per una volta i sondaggi hanno azzeccato: anche se alcuni davano la vicepresidente Harris in leggero vantaggio nella corsa popolare, alla vigilia delle elezioni il neoeletto presidente Trump era marginalmente in testa negli Stati in bilico, di circa 0,8 punti percentuali. Alla fine, sono stati proprio questi swing states a portare il Presidente Trump alla vittoria, in particolare la Pennsylvania. Il presidente Trump è il primo presidente in oltre un secolo a riconquistare la Casa Bianca dopo averla persa.
Quello che forse i sondaggi hanno sottovalutato è stato il margine di vittoria del Presidente Trump e la probabile vittoria netta di tutti i principali rami del governo: Presidenza, Senato e Camera dei Rappresentanti. Prima delle elezioni, lo scenario più probabile era quello di un governo diviso tra i due partiti; al momento, anche se non tutti i risultati sono già disponibili, i repubblicani sembrano destinati a controllare tutti e tre. A differenza di quanto successo nel 2000 e nel 2020, questa vittoria netta difficilmente sarà oggetto di contestazioni legali. È anche la prima vittoria del partito repubblicano nel voto popolare dal 2004.
Questo risultato comporta un certo grado sia di volatilità che di opportunità sui mercati. Volatilità perché il partito repubblicano ha un mandato che gli consente di introdurre una legislazione più ampia e di vasta portata, anche se ci vorrà del tempo prima che i dettagli vengano svelati; opportunità perché ci si aspetta che i titoli finanziari facciano bene nel breve termine, data la tendenza alla deregolamentazione del Presidente Trump, e che anche le industrie estrattive, in particolare quelle del petrolio e del gas, possano beneficiare dell’agenda politica.
Potrebbero esserci dei piccoli interventi per quanto riguarda l’Inflation Reduction Act (IRA), ma non prevediamo un’abrogazione totale, visti i benefici che ha già prodotto in termini di posti di lavoro e investimenti per molti Stati repubblicani.
Anche le small cap statunitensi potrebbero avere un andamento positivo, almeno nell’immediato, dato che sono percepite come le beneficiarie di politiche più protezionistiche, perché più orientate verso il mercato interno e le catene di fornitura locali, e meno influenzate dalla retorica tariffaria. In effetti, nel mese successivo alla vittoria di Trump nel 2016 (08.11.2016–08.12.2016), il Russell 2000 ha sovraperformato l’S&P 500 di quasi l’11%.
Questo andamento delle small cap è andato ad affievolirsi nel corso del 2017, ma è stato comunque un segnale importante per il mercato, che ha mostrato dove le politiche del presidente Trump avrebbero potuto avere effetto. Questa volta non avremo necessariamente una risposta così estrema, in parte perché la vittoria del presidente Trump è meno inaspettata, ma almeno nel breve termine, la netta vittoria repubblicana crea una prospettiva più favorevole per le small cap.
Detto questo, vale la pena sottolineare che i Repubblicani hanno in realtà avuto un’influenza minima sui rendimenti del mercato azionario a lungo termine. Quindi, come recita il vecchio proverbio, ciò che conta è il tempo trascorso investendo nel mercato e mantenendo le azioni durante il ciclo. I presidenti vanno e vengono, ma il mercato azionario resta!
Azionario Europa
A cura di Francis Ellison, Client Portfolio Manager, European Equities di Columbia Threadneedle Investments
“Quali investitori attivi di lungo periodo, dobbiamo valutare le implicazioni per le aziende e i mercati europei. Quando Trump è stato eletto Presidente nel 2016, si era subito ipotizzato che le sue politiche sarebbero state reflazionistiche, ma ciò non è stato poi del tutto confermato dagli sviluppi successivi. In politica estera potremmo assistere a un tentativo deciso di risolvere il conflitto in Ucraina avviando una maggiore cooperazione con la Russia; questo aiuterebbe l’Europa, poiché ridurrebbe probabilmente il prezzo del petrolio.
Potremmo quindi aspettarci un incremento della crescita e un calo dell’inflazione nell’Eurozona. Di contro, mentre le tensioni con la Russia potrebbero attenuarsi, quelle con la Cina rischiano di aumentare – se il Presidente Trump riprenderà la politica estera del 2016.
Questo probabilmente metterà sotto pressione tutti i Paesi europei che commerciano con la Cina; inoltre, le aziende europee potrebbero vedere aumentare le minacce tariffarie con gli Stati Uniti. Il settore auto, su cui abbiamo una scarsa esposizione, potrebbero risentirne, data la preferenza del Presidente Trump per i veicoli diesel e a gas rispetto a quelli elettrici; gran parte di questi timori sono già scontati nei prezzi.
Anche i beni di lusso potrebbero risultare penalizzati e una battaglia commerciale con la Cina potrebbe peggiorare la situazione, in quanto quest’ultima potrebbe minacciare quello che è un settore chiave europeo. Anche qui la nostra esposizione si è ridotta ed è oggi molto più selettiva, in quanto gli impatti potranno variare molto da un titolo all’altro.
Probabilmente il tema più importante è legato a quanto potrà essere incisivo il governo degli Stati Uniti con i repubblicani che hanno ottenuto il controllo del Senato e, al momento in cui scriviamo, hanno guadagnato terreno alla Camera. Questo rende più probabile la possibilità di far approvare leggi che i Presidenti precedenti non hanno avuto modo di fare. La politica estera sarà cruciale in quanto il Presidente Trump cercherà di negoziare patti per estendere e migliorare l’influenza degli Stati Uniti”.
Mercati emergenti
A cura di Krishan Selva, Client Portfolio Manager, Emerging Market Equities di Columbia Threadneedle Investments
“L’impatto di una seconda presidenza di Donald Trump sui titoli dei mercati emergenti (EM) sarà probabilmente determinato dalle politiche commerciali, dalla forza del dollaro USA e dalla stabilità geopolitica. Ciò creerà sia rischi che opportunità da gestire”.
Politiche commerciali
“La precedente amministrazione del Presidente Trump si è resa nota per la sua posizione aggressiva sui dazi, soprattutto nei confronti della Cina, e durante l’attuale campagna elettorale questa retorica è stata portata avanti. La minaccia dei dazi potrebbe essere usata per trovare un accordo? Dopo tutto, il Presidente Trump ha dichiarato di non essere contrario all’apertura di una fabbrica in Michigan da parte dell’azienda automobilistica cinese BYD, visto il suo desiderio di reindustrializzare gli Stati Uniti e creare posti di lavoro per i colletti blu. Il Presidente Trump ha anche dichiarato la sua intenzione di imporre ulteriori tariffe alla Cina se questa dovesse “entrare a Taiwan”. Possiamo concludere che le tariffe comporteranno un aumento dei costi per gli esportatori dei mercati emergenti che dipendono dalla domanda statunitense. D’altro canto, altri esportatori dei mercati emergenti potrebbero invece trarre vantaggio dalla delocalizzazione delle catene di approvvigionamento in aree come il Sud-est asiatico e l’America Latina”.
Forza del dollaro USA
“Storicamente, un dollaro più forte è un vento contrario per i mercati emergenti. L’amministrazione del presidente Trump potrebbe spingere per tagli alle tasse e alla spesa, che potrebbero stimolare la crescita economica degli Stati Uniti, con conseguente aumento dei tassi di interesse, e potrebbero portare a un rafforzamento del dollaro. Dall’altra parte il Presidente Trump è stato anche un sostenitore di un dollaro più debole a fini commerciali, ma questo non si è concretizzato durante il suo primo mandato presidenziale. In generale, le valute tendono a compensare l’impatto delle tariffe; pertanto, le valute dei Paesi interessati dai dazi dovrebbero indebolirsi rispetto al dollaro USA e ciò potrebbe rappresentare un’opportunità per i mercati emergenti di competere con gli Stati Uniti nel commercio”.
Stabilità geopolitica
“Il primo mandato del Presidente Trump ha comportato tensioni con vari Paesi e un approccio cauto alle organizzazioni multilaterali. Le nuove tensioni potrebbero creare incertezza nei mercati emergenti, soprattutto in Asia, con un impatto sulla fiducia degli investitori. Tuttavia, durante la campagna elettorale il presidente Trump ha assunto chiaramente una posizione contraria alla guerra. Inoltre, Trump ha dichiarato di essere intenzionato a porre fine al conflitto tra Russia e Ucraina, il che richiederà probabilmente l’aiuto della Cina nei negoziati. Come investitori attivi di lungo termine, attenderemo i dettagli specifici delle politiche estere per capire il loro impatto su commercio, forza del dollaro USA e stabilità geopolitica.”
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