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Startup, creatività e il secondo miliardario più ricco d’Italia: le più belle storie di imprese italiane raccontate da Forbes nel 2024

Marco Quarta è partito per la California per provare a combattere l’invecchiamento cellulare, la famiglia Rubner lavora il legno da 100 anni. Andrea Pignataro è il secondo uomo più ricco d’Italia, Jacopo Mascitelli un neolaureato che ha già fondato due startup. Francesco Canzonieri guida un’azienda che gestisce miliardi di euro, Angela Caputi disegna gioielli nella sua bottega di Firenze da 50 anni. Le loro sono tra le più belle storie di imprese italiane raccontate nel 2024 da Forbes Italia a giudizio della redazione. Ecco la nostra selezione delle migliori dieci.

Lunga vita al legno

Josef Rubner aprì la sua prima segheria in Alto Adige negli anni ’20 del ‘900. Oggi il gruppo che porta il suo nome, arrivato alla quarta generazione, impiega 1.400 persone, fattura più di 400 milioni di euro e ha 18 stabilimenti tra Italia, Austria, Germania e Francia. Le sette aziende che lo compongono producono una varietà di articoli che hanno a che vedere con il legno: dai pannelli alle porte, dai serramenti ai solai, dalle case alle grandi opere.

Uno dei più importanti fattori di sviluppo degli ultimi anni è stato l’ingresso nel mondo dello sport. Rubner ha costruito il Westhills Stadium di Langford, in Canada, il primo stadio al mondo realizzato tutto in legno lamellare. In Italia si è occupato del palazzetto dello sport di Tortona, casa del Derthona Basket. L’amministratore delegato, Peter Rosatti, ha detto a Forbes che, per rendere appetibili gli stadi in legno anche alle piccole e medie società, Rubner ha pensato a “una soluzione modulare a partire da una tribuna minima di 1.500 posti”.

Viaggiare giovane

Nel 2007 Paolo De Nadai, appena maggiorenne, fondava ScuolaZoo, un blog per studenti. Poi sono arrivati viaggi, agenzie di comunicazione, marketing. Nel 2016 tutte le attività sono confluite in OneDay, gruppo che ha chiuso il 2024 con 113 milioni di euro di fatturato. Al suo interno, nel 2017, è nata WeRoad, startup dedicata ai viaggi avventura per i millennial. Tra i finanziatori ci sono Carlo De Benedetti e Luigi Berlusconi.

WeRoad organizza viaggi per gruppi di estranei, assemblati in modo da essere il più possibile omogenei. Da una parte ci sono i clienti che comprano il viaggio online, dall’altra i coordinatori che si candidano a guidarli, selezionati e formati dall’azienda. “Non abbiamo mai inventato nulla di nuovo”, ha detto Mattia Riva, amministratore delegato di OneDay Group. “Siamo entrati in un mercato molto grande, con pochi nuovi protagonisti, che non è mai stato digitalizzato e dove, per effetto della pandemia, pochi hanno resistito bene”.

L’Uber dello spazio

Nel 2020 D-Orbit lanciava il suo primo taxi spaziale, Ion, per consegnare in orbita micro e nanosatelliti. A settembre la società di Fino Mornasco, in provincia di Como, ha chiuso un round di finanziamento da 150 milioni di dollari, guidato dalla giapponese Marubeni Corporation. “Possiamo considerare i lanciatori come autobus che arrivano al capolinea e scaricano i passeggeri, cioè i satelliti”, ha detto Renato Panesi, chief commercial officer e cofondatore assieme a Luca Rossettini. “Tra questi ci siamo noi con Ion, che è un veicolo da 350 chili, capace di trasportarne 200 di carico utile. Il carico è costituito da satelliti più piccoli. È come se fossimo l’Uber dello spazio”.

Entro qualche anno D-Orbit spera di allargarsi al cosiddetto in orbit servicing, cioè la manutenzione dei satelliti nello spazio. “Ci sono molti servizi che si possono offrire in orbita, dall’ispezione visuale all’estensione della vita di un apparato produttivo”, ha detto ancora Panesi. “Ci sono due modi per fornirli. Il primo consiste nel rendez-vous e nel docking con il satellite target. In altre parole, si rimane attaccati al satellite per fornirgli un nuovo motore. Il secondo è il rifornimento”. La prima missione dimostrativa italiana di assistenza in orbita potrebbe partire tra il 2026 e il 2028. D-Orbit fa parte del consorzio di aziende che ha firmato un contratto da 235 milioni di euro con l’Agenzia spaziale italiana.

Il Bloomberg bolognese

Ad aprile Andrea Pignataro ha debuttato al secondo posto nella classifica dei miliardari italiani, con un patrimonio di 27,5 miliardi di dollari. Ha costruito la sua fortuna sulla vendita di dati e informazioni: un paradosso, visto che dati e informazioni sul suo conto sono molto scarsi. Di certo c’è che Pignataro è nato a Bologna nel 1970, che ha preso una laurea in economia a Bologna e un dottorato in matematica all’Imperial College e che venticinque anni fa ha fondato Ion Group, uno dei principali poli delle tecnologie finanziarie e dei dati. Le sue aziende vanno dalle piattaforme di analisi e contenuti finanziari al software per il trading.

L’imprenditore a cui Pignataro viene paragonato più spesso è Michael Bloomberg, che come lui ha iniziato a lavorare in Salomon Brothers, storica banca d’affari di Wall Street. “Facciamo un lavoro simile e a volte in competizione”, ha detto in una rara intervista al Sole 24 Ore. “Bloomberg è principalmente una media company. Ion si occupa di automazione e digitalizzazione dell’industria fintech. Dieci anni fa Bloomberg era 30 volte più grande di noi, oggi è scesa a tre volte. Forse nel 2030 saremo alla pari”.

L’artigiana fiorentina che ha conquistato Hollywood

Una sua creazione è stata al collo di Joan Collins nella serie Dynasty, alcune sono esposte al Metropolitan Museum of Art di New York. Nel 1975 Angela Caputi, fiorentina di origini pugliesi, lasciò l’insegnamento per disegnare e costruire bracciali, collane e orecchini. “Mi sono ispirata allo stile del cinema americano della prima metà del Novecento perché ho vissuto gli anni del Dopoguerra”, ha detto a Forbes. “I film italiani puntavano sul neorealismo, quelli americani mostravano la voglia di vivere. Ho voluto guardare a quell’immaginario”.

Caputi, che ancora oggi disegna senza computer, ha un archivio di 14mila pezzi. La sua sfida è stata unire le tradizionali tecniche dell’artigianato fiorentino e l’uso di materiali sintetici, come plastica e resine. “All’inizio non è stato facile, perché la plastica non era considerata una materia prima da cui ricavare oggetti di pregio”, ha raccontato.

Jacopo Mascitelli

Nel 2019, quando era ancora al liceo, Jacopo Mascitelli è diventato vicecampione del mondo di canottaggio. Non è stato il viatico per le Olimpiadi, ma per l’università di Stanford, che gli ha assegnato una borsa di studio per averlo nei suoi Cardinals. Lo scorso anno Mascitelli ha vinto la Stanford Software Fair con Retrospect, una startup che usa l’intelligenza artificiale per analizzare conversazioni via sms o WhatsApp e suggerire agli utenti un modo più umano per comunicare. A presiedere la giuria era Alan Iwashita, ingegnere di Nvidia.

Prima Retrospect, che ha fondato assieme a Jasmine Bilir, nel 2020 Mascitelli aveva già contribuito a creare Home SeTv, un’azienda che si occupa di videoconferenze in streaming. Finiti gli studi a Stanford, è entrato in Kearney, una società di consulenza globale.

I colori dello stile

Nel 1994 Paola Lenti decise di scommettere sull’arredamento outdoor e fondare la sua azienda a Meda, in Brianza. All’epoca, ha ricordato a Forbes, “l’arredo per esterni era realizzato di solito in acciaio, legno o ghisa, materiali non proprio comodi. Volevamo portare il comfort anche in giardino e nei terrazzi, ma era importante trovare la fibra giusta. Il polipropilene ci è sembrato avere le caratteristiche che stavamo cercando”. Seguirono studi con università e centri di ricerca per rendere il tessuto adatto agli esterni. “Da qui è nato Rope, il filato oggi alla base di un gran numero di tessuti, corde e strutture tessili delle nostre collezioni”.

Ancora oggi per il marchio “tutto parte dal materiale e non dal design”, ha detto Anna Lenti, sorella di Paola e amministratrice delegata. In parallelo alla ricerca sui materiali c’è quella sul colore, da cui nascono divani, chaise longue, accessori, sedie e complementi venduti in 60 paesi. Creazioni esposte anche in uno show-room a Milano che in futuro dovrebbe ospitare un boutique hotel e un bistrot.

Sfida contro il tempo

A cinque anni Marco Quarta decise che da grande avrebbe combattuto l’invecchiamento. A sei già armeggiava con microscopi e provette. Oggi, a 48, conserva ancora alcuni di quegli strumenti nella sua casa della Silicon Valley. Qui ha fondato Rubedo Life Sciences, una startup che ha raccolto 55 milioni di dollari per sviluppare farmaci per eliminare le cellule senescenti, cioè quelle che smettono di riprodursi e rilasciano sostanze che provocano infiammazione. Il nome viene dall’alchimia: in latino rubedo (‘rossore’) è l’ultima fase della Grande Opera, in cui si completano le trasmutazioni chimiche e si realizza la pietra filosofale, la medicina universale che cura ogni malattia e assicura la longevità.

Rubedo fa parte di un ecosistema di startup della longevità che cresce nella Silicon Valley ed è finanziato anche da alcune delle persone più ricche del mondo, come Jeff Bezos di Amazon e Sam Altman di OpenAI. Più che allungare la vita, Quarta sogna di allungare la salute, di rendere gli 80 i nuovi 50. “Sappiamo che trattare l’invecchiamento biologico è possibile, nello stesso modo in cui sapevamo di poter andare sulla luna”, ha detto a Forbes Italia. “Ci sono voluti investimenti enormi, abbiamo fallito tante volte, ma alla fine ci siamo riusciti. Nel trattamento dell’invecchiamento cellulare succederà la stessa cosa”.

La visione di Manfredi

Matteo Manfredi è conosciuto soprattutto come l’uomo che nel 2023 ha acquistato la Sampdoria sull’orlo del fallimento. Una scelta che, per sua ammissione, cozza con il suo temperamento lucido e analitico. “Anch’io sono stranito”, ha detto a Forbes. “Vorrei vivere la società come un semplice asset, ma non ci riesco. La Sampdoria risponde a logiche differenti. Il calcio, come lo sport in generale, ha una componente emotiva che nessun altro settore è in grado di generare”.

Prima di entrare nel calcio Manfredi, nato nel 1979 a Pavia, era stato però molto altro. Figlio di un banchiere, cresciuto “in un ambiente in cui i tecnicismi della finanza erano all’ordine del giorno”, ha studiato economia alla Cattolica di Milano e alla Columbia di New York. Poi è stato per tre anni tenente dell’esercito italiano (“Una scuola di vita che consiglierei a tutti”), quindi ha lavorato in PwC, Barclays e Lloyds Group. Nel 2008 si è messo in proprio e ha fondato Gestio Capital, un multi family office con sedi a Londra e Milano, di cui è ancora presidente e amministratore delegato.

Al fianco delle eccellenze

Per il penultimo numero del 2024 Forbes Italia ha dedicato la copertina a Francesco Canzonieri, fondatore e amministratore delegato di Nextalia, una società di gestione del risparmio dedicata al private equity italiano. Ex Goldman Sachs, Barclays e Mediobanca, Canzonieri, 46 anni, ha creato l’azienda insieme a investitori istituzionali e dichiara di voler favorire aggregazioni per far crescere in modo sostenibile le eccellenze italiane. È convinto che il nostro Paese e l’Europa abbiano “difficoltà a finanziare gli investimenti necessari alla transizione economica” e che “il private equity possa svolgere un ruolo cruciale nel colmare il divario”.

A tre anni dalla fondazione, Nextalia gestisce masse per circa un miliardo e mezzo di euro. “In quasi tutte le operazioni non arriviamo ad acquisire il 100% dell’azienda, ma ci prepariamo a costruire un nuovo percorso al fianco dell’imprenditore”, ha detto Canzonieri. Pochi giorni fa la società ha annunciato l’ingresso nel capitale di H14, la holding d’investimento di Barbara, Eleonora e Luigi Berlusconi, e la creazione di un nuovo fondo per le pmi che punta a una raccolta di 350 milioni di euro.

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