Articolo apparso sul numero di febbraio 2025 di Forbes Italia. Abbonati!
Da un piccolo impianto produttivo in Umbria a un gruppo internazionale che oggi ha 20 stabilimenti in tutto il mondo, circa 700 milioni di fatturato, oltre 1.100 dipendenti e sette centri di ricerca e sviluppo. Può essere riassunta così la storia di Italmatch Chemicals, l’azienda partita nel 1998 che dalla sua storica sede di Spoleto in poco più di 25 anni è diventata leader globale nella chimica di specialità per trattamento acque, lubrificanti, plastiche, ritardanti di fiamma e settore energetico. “La nostra storia è davvero una questione di chimica”, dice Maurizio Turci, direttore generale corporate di Italmatch Chemicals. “Siamo nati nel 1998 tramite un management buyout su un singolo stabilimento, quello di Spoleto, da cui abbiamo esportato un modello industriale e soprattutto organizzativo. Subito dopo abbiamo deciso di stabilire il nostro quartier generale a Genova, dove sono presenti il management e tutte le funzioni corporate. La scelta si è rivelata vincente. La città vantava un capitale umano di eccellenza fatto di meta-competenze e leadership, oltre a un hub logistico strategico con forte propensione all’innovazione. C’erano tutte le condizioni per crescere”.
In effetti, quella della società è stata una crescita costante, frutto di una precisa strategia di sviluppo per linee sia interne che esterne: “Ricerca, sviluppo e acquisizioni strategiche sono il nostro algoritmo. Dal 2007 a oggi abbiamo completato 17 m&a. Un approccio learning by doing, se vogliamo, che ci ha permesso di crescere e di espandere i nostri orizzonti dal punto di viste delle nuove divisioni di business e delle geografie”. Tanto che oggi la società è presente in quattro aree del mondo: Americhe, Europa, Asia e Medio Oriente. Un’ascesa dettata anche dagli ultimi avvicendamenti societari. Oltre a essere parte, dal 2018, del fondo americano Bain Capital, infatti, dal 2023 Italmatch Chemicals è finita nel mirino di Dussur, società di investimento del fondo sovrano governativo dell’Arabia Saudita, Pif, che ha acquisito una quota: “Il nostro percorso non sarebbe stato lo stesso senza i vari fondi di private equity che ci hanno supportato negli anni”, commenta Turci. “Si tratta di un caso più unico che raro nel panorama italiano. Ciascuno di essi ci ha fatto crescere dal punto di vista tecnologico, industriale e anche culturale”.
Queste intuizioni non solo hanno portato Italmatch a vedere lievitare il proprio portafoglio prodotti e parco clienti, ma allo stesso tempo hanno rappresentato la possibilità di integrare sotto un’unica azienda tante realtà locali provenienti da diversi paesi del mondo. “Il cuore di Italmatch sono le persone che ne fanno parte. Il nostro team è composto da profili provenienti da 16 paesi, che parlano 13 lingue e hanno culture e storie uniche. Il nostro obiettivo è sempre stato quello di rispettare e incoraggiare queste diversità, lavorando tutti insieme per un obiettivo comune. Per noi questo è un valore aggiunto in grado di ampliare il nostro know-how con competenze e identità sempre nuove”.
Oltre alla diversità geografica, il gruppo sta valorizzando anche la collaborazione tra le generazioni. “Il 48% dei nostri dipendenti appartiene alle generazioni Y e Z”, dice Turci. “Per questo stiamo portando avanti progetti di reverse mentoring in chiave innovativa, soprattutto in tema di digitale e sostenibilità, combinando una grande familiarità con la tecnologia a un forte desiderio di impatto sociale. Un rinnovamento radicale delle aspettative e del modo di stare in azienda”.
Proprio la sostenibilità è da tempo alla base della strategia di crescita dell’azienda. “Si tratta di un pilastro fondamentale che già da anni accompagna le nostre scelte e su cui vogliamo costruire il futuro”. L’impegno dell’azienda si è sviluppato su più livelli: dall’attenzione a ridurre l’impatto ambientale dei prodotti allo sviluppo di soluzioni per mercati green, fino all’acquisizione di startup di nicchia e aziende sostenibili, come Eco Inhibitors, Magpie, Aubin e Alcolina. “La nostra ricerca oggi si basa su nuove applicazioni per filiere come energie rinnovabili, elettrificazione, trattamento acque e desalinizzazione”, aggiunge Turci, che si sofferma anche sulla presenza della società in consorzi in materia di sostenibilità ed economia circolare. “Siamo parte di due importanti progetti a livello europeo. Il primo è FlashPhos, per lo sviluppo di una tecnologia per recuperare il fosforo da rifiuti urbani e industriali. Il secondo è il progetto sulle batterie per auto elettriche Ipcei – European Battery Innovation, in cui lavoriamo per lo sviluppo di batterie sempre più sicure e performanti e per il recupero delle materie prime critiche contenute in quelle esauste”.
Un approccio che l’azienda porta avanti anche in materia di trasformazione digitale, un tema sempre più importante soprattutto per le imprese che operano su scala internazionale. “La digitalizzazione è fondamentale per mantenere una posizione di competitività sul mercato e rispondere rapidamente ai cambiamenti in atto nel mondo. L’ausilio di piattaforme integrate in ecosistemi Sap ci permette di gestire i processi di supply chain, procurement e business intelligence in maniera sempre più efficiente. Questo non è solo un vantaggio competitivo, ma anche un segno di responsabilità verso i nostri stakeholder interni ed esterni. Penso alla migliore collaborazione che, grazie a questi strumenti, possiamo avere con i fornitori per garantire un approccio esg adeguato lungo tutta la catena di fornitura. La gestione automatizzata di queste attività si traduce infatti in maggiore sicurezza, compliance e trasparenza”.
Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .
Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .