Polonia
Strategia

Come la Polonia vuole costruire il più grande esercito dell’Europa continentale

Articolo tratto dal numero di aprile 2025 di Forbes Italia. Abbonati!

All’alba del 1 settembre 1939 numerose divisioni della Wehrmacht, l’esercito nazista, invadevano la Polonia e davano inizio alla Seconda guerra mondiale. Oltre 80 anni dopo, l’invasione russa dell’Ucraina ha rimesso al centro la sicurezza del cosiddetto ‘fronte orientale’ e della Polonia, cosa che non accadeva almeno dalla fine della Guerra fredda. Varsavia è stata da subito la più attiva sostenitrice della resistenza ucraina e del rafforzamento della Nato sul confine orientale. A livello geografico, infatti, condivide un lungo confine con la Bielorussia, fedele alleato di Putin, e con l’enclave russa di Kaliningrad. E la morfologia del suo territorio pianeggiante la rende particolarmente vulnerabile ad attacchi esterni.

Il primo esercito dell’Europa continentale

La storia polacca, del resto, è quella di un paese che è sempre stato nelle mire di potenze imperialiste ai suoi confini, come la Germania e la Russia. Oggi la minaccia viene da est. La Polonia, pertanto, dal febbraio 2022 si è posta come bastione della Nato nell’Europa orientale e come hub logistico per i rifornimenti di armi e dispositivi militari all’Ucraina. Lo scopo è indebolire il più possibile la forza militare russa. Inoltre Varsavia è stata la prima a sostenere l’idea di Trump di alzare i target di spesa militare dei paesi Nato al 5% del Pil. La Polonia nel 2025 raggiungerà, a detta del primo ministro Donald Tusk, il 4,7%, con 186 miliardi di zloty, circa 43 miliardi di euro: spesa ben più alta di quella italiana anche in termini assoluti e prima in Europa.

Il governo vuole trasformare l’esercito polacco nel primo dell’Europa continentale, perché ritiene che la deterrenza militare sia l’unico modo per scongiurare un’invasione russa. “L’Occidente non deve temere un confronto con Putin, ma dimostrare che un attacco a un qualsiasi membro Nato avrebbe come risultato la sconfitta della Russia”, ha detto il ministro degli esteri, Radoslaw Sikorski. Varsavia ha messo a budget 115 miliardi di euro di spese per la Difesa fino al 2035, che porteranno a raddoppiare le unità dell’esercito, raggiungendo i 300mila uomini.

Le alleanze

Il governo vuole anche modernizzare i mezzi e gli armamenti e ha stipulato contratti per l’acquisto di 32 caccia F-35, di 96 elicotteri Apache AH-64E, di 116 carri armati americani Abrams, di un migliaio di carri armati sudcoreani K-2, di lanciarazzi Himars e obici semoventi K-9. Per il futuro la speranza sarebbe quella di fabbricare in loco buona parte degli armamenti tramite le aziende riunite nella holding statale Pgz. Per di più Varsavia sta rafforzando anche altre alleanze difensive, come il triangolo di Weimar con Francia e Germania, un forum di dialogo istituito nel 1991. 

Un’altra chiave strategica è l’Iniziativa tre mari (Nero, Baltico, Adriatico), partita nel 2014 grazie a Polonia e Croazia, che oggi riunisce 12 paesi dell’Europa centro-orientale per potenziare gli investimenti nei trasporti, nell’energia e nelle autostrade digitali, anche in ottica difensiva. Tra i progetti più rilevanti, l’ammodernamento della Rail Sea 2, una linea ferroviaria che collegherà il porto polacco di Danzica con quello rumeno di Costanza, sul Mar Nero. Il rafforzamento delle infrastrutture è di fondamentale importanza geostrategica per spostare all’occorrenza uomini e mezzi lungo tutto il confine est dell’Europa nel modo più veloce possibile.

La nuova vicinanza all’Ue

Con questi presupposti, non stupisce che il semestre polacco alla presidenza del Consiglio europeo, cominciato il 1 gennaio, abbia come tema principale quello della sicurezza comunitaria. Sicurezza intesa non solo come interna ed esterna, ma anche delle informazioni, energetica, economica, alimentare e sanitaria. Il riavvicinamento tra Varsavia e le istituzioni europee, fortemente voluto da Tusk, ha portato, nel maggio 2024, alla fine della procedura di infrazione, partita nel 2017, nei confronti della Polonia per le violazioni dello stato di diritto. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha apprezzato le azioni del governo polacco, affermando che “il ripristino in corso dello stato di diritto è importante per il popolo polacco e per l’Ue nel suo insieme”.

Il primo effetto positivo è stato lo sblocco di 137 miliardi di euro di fondi europei, di cui 35 per il 2025. Proprio i fondi europei – 232 miliardi tra il 2004 e il 2022 – di cui la Polonia ha usufruito dal suo ingresso nell’Unione hanno permesso, secondo l’Istituto economico polacco, una crescita del Pil più alta del 40% rispetto a quella stimata senza l’adesione.

Miniere e investimenti

Varsavia vuole attrarre almeno 650 miliardi di zloty (155 miliardi di euro) di investimenti all’anno in settori chiave, come la logistica, l’energia verde e l’intelligenza artificiale. Sono previsti la costruzione di un porto per container a Swinoujscie, sul Mar Baltico, e, entro il 2032, 43 miliardi di euro per lo sviluppo e il rinnovamento della rete ferroviaria. Altro obiettivo del governo è triplicare la movimentazione di merci nei porti entro il 2030.

Un settore rilevante per l’industria è quello dell’estrazione e della produzione di rame. In Europa la Polonia è seconda solo alla Russia per la produzione, con circa 600mila tonnellate annue provenienti principalmente dalle miniere della Bassa Slesia. Il rame, imprescindibile per la transizione green e per lo sviluppo tecnologico, già oggi rappresenta tra i 3 e i 5 miliardi di euro di export all’anno, di cui un quarto verso la Germania. Dal punto di vista dell’approvvigionamento energetico, poi, la Polonia, per sopperire alla mancanza del gas russo, ha pianificato un investimento da 1,2 miliardi per la costruzione di una nuova centrale nucleare. Ferreo atlantismo, sostegno incondizionato alla causa ucraina ed europeismo. Questi i mantra del governo Tusk, senza dimenticare la creazione di un grande esercito moderno. I latini dicevano: ‘Si vis pacem, para bellum’. Se vuoi la pace, preparati alla guerra. Detto che i polacchi hanno preso molto sul serio.

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