Branson fece i suoi primi investimenti a 13 anni con la sua paghetta in due iniziative che fallirono miseramente. Ma imparò la lezione.
Sir Richard Branson aveva 19 anni quando, insieme all’amico d’infanzia Nik Powell, fondò quella che sarebbe poi diventata la conglomerata internazionale Virgin Group. Era il 1970, e i due ragazzi scelsero il nome “Virgin” per la loro società di dischi per corrispondenza come ironico riferimento alla loro inesperienza nel mondo degli affari.
In rapida successione arrivarono i negozi di dischi Virgin, poi Virgin Megastore e Virgin Games, tutto nei primi dodici anni. Poi, con un atto di audacia, nel 1984 nacque Virgin Atlantic, una compagnia aerea. Oggi trasporta 5,6 milioni di passeggeri all’anno, generando ricavi per 4,4 miliardi di dollari. Branson la seguì con altre avventure come la catena di palestre Virgin Active, l’app di scommesse sportive Virgin BET, Virgin Mobile, Virgin Hotels e la società di turismo spaziale Virgin Galactic.
Molte iniziative di Branson, nel tempo, sono fallite o sono state vendute, tra cui Virgin Records, che nel 1992 vendette con grande dolore per 1 miliardo di dollari per mantenere a galla Virgin Atlantic. In totale, oggi Branson supervisiona 40 aziende Virgin, operative in 35 paesi e con oltre 60.000 dipendenti.
A 75 anni, con un patrimonio stimato di 2,8 miliardi di dollari, Branson ricorda come i suoi primissimi investimenti — fatti quando era ancora un adolescente nella campagna inglese — abbiano posto le basi del suo successo e influenzino ancora oggi il modo in cui gestisce il suo vasto impero.
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L’INTERVISTA A RICHARD BRANSON
Forbes: Può raccontarci del suo primo investimento? Cosa fu e quando accadde?
Sir Richard Branson: Quando ero a scuola, il mio amico Nik Powell ed io decidemmo di usare la nostra paghetta per coltivare alberi di Natale. Pensavamo che ci saremmo fatti una fortuna rivendendoli più tardi.
Forbes: Qual è il ricordo più vivido di quell’esperienza?
Branson: Ricordo che era durante le vacanze scolastiche e Nik ed io passammo molto tempo a documentarci sugli alberi, calcolando quanto ci sarebbe voluto perché crescessero fino a quattro piedi e quanto profitto avremmo potuto ricavarne. Decidemmo di lavorare insieme e di dividere gli utili.
Forbes: Perché decise di fare quell’investimento?
Branson: Mia madre, Eve, aveva sempre qualche progetto per guadagnare soldi, e il suo entusiasmo imprenditoriale mi contagiò. Mi fece vivere l’infanzia come un’avventura, e io volevo vedere se fossi capace di trasformare la mia paghetta in una vera attività. L’idea stessa di guadagnare denaro da solo era entusiasmante.
Forbes: Quanto spendeste e da dove vennero i fondi?
Sir Richard Branson: Usammo la nostra paghetta per comprare le piantine. I nostri calcoli mostravano che un sacco di semi costava 5 sterline, e credevamo di poter vendere 400 alberi di Natale alti quattro piedi a 2 sterline l’uno, con un profitto di 795 sterline. Non era una cifra enorme, ma per noi, a quell’età, sembrava un investimento serio.
Forbes: Guadagnaste qualcosa?
Branson: Non un penny. Quando tornammo da scuola per le vacanze estive, trovammo solo un paio di piantine minuscole: il resto era stato mangiato dai conigli. Il Natale successivo, il fratello di Nik ricevette in regalo un pappagallino ondulato [un piccolo pappagallo dalla lunga coda, abbastanza diffuso come animale domestico], e questo ci diede un’altra brillante idea: allevare pappagallini. Convinsi mio padre a costruire una grande voliera, e gli uccellini si riprodussero rapidamente. Tuttavia, avevo sopravvalutato la domanda locale: anche dopo che tutti i miei conoscenti ne avevano comprati due, ne avevamo ancora molti. Un giorno, mia madre mi disse che la voliera era stata invasa dai ratti, che avevano mangiato i pappagallini. Solo anni dopo confessò che si era stufata di pulire la voliera, e che un giorno aveva semplicemente lasciato la porta aperta, permettendo agli uccelli di volarsene via.
Forbes: Cosa imparò dal suo primo investimento?
Branson: Diciamo che scoprii in fretta che “i soldi non crescono sugli alberi.” Fu una lezione dura ma preziosa: il fallimento non è una strada senza uscita, è semplicemente parte del viaggio. Sebbene nessuno di questi progetti abbia prodotto guadagni, mi insegnarono che correre rischi è essenziale se vuoi costruire un’impresa, ma devi anche pensare qualche passo avanti e prepararti a ciò che non puoi controllare.
Gli alberi avrebbero dovuto impiegare 18 mesi per maturare, e anche se non arrivammo a tanto, quell’esperienza mi insegnò il valore del pensiero a lungo termine. Le cose buone richiedono tempo per crescere. Pazienza, perseveranza e la capacità di godersi il percorso: tutto ruota attorno a questo. Ho anche imparato il valore di un grande partner. Nik ed io creammo insieme Student Magazine e Virgin Records. Siamo rimasti amici per tutta la vita e abbiamo vissuto molte altre avventure insieme.
Forbes: Se potesse dare un consiglio al se stesso ventenne sull’investire, quale sarebbe?
Branson: Gli direi di essere audace e di dire “sì” alle opportunità, anche quando sembrano spaventose. Raramente hai tutte le conoscenze o le risorse all’inizio, ma puoi capirle lungo il cammino.
Gli ricorderei anche che il fallimento fa parte del viaggio. Ogni battuta d’arresto, come l’impresa degli alberi di Natale o l’allevamento di pappagallini, ti insegna qualcosa di prezioso. Soprattutto, mi incoraggerei a fidarmi del mio istinto e a concentrarmi sulla costruzione di imprese che abbiano un impatto positivo. Quando fai ciò che ami e porti valore agli altri, il successo tende a seguirti.
Forbes: Come descriverebbe oggi la sua strategia d’investimento? È cambiata nel tempo?
Branson: Credo ancora nel prendere decisioni coraggiose, ma ho imparato a proteggere il lato negativo. All’inizio buttavo tutto su un’idea, ma l’esperienza mi ha insegnato l’importanza di gestire il rischio mentre sogni in grande. Vendere Virgin Records per salvare Virgin Atlantic fu una decisione difficile, ma mi mostrò che a volte bisogna rinunciare a qualcosa che si ama per salvaguardare una visione più ampia.
Oggi mi concentro su idee che mi entusiasmano, diversificando tra diversi settori e costruendo aziende che abbiano un impatto positivo. Il mio piano si è evoluto, ma lo spirito d’avventura è rimasto lo stesso.