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28 ottobre 2025

Francesco Maria Talò: "L’Italia deve guidare la crescita nell’era dell’incertezza globale"

L’inviato speciale per il corridoio India-Medio Oriente-Europa spiega come diplomazia, innovazione e cooperazione internazionale siano le chiavi per la competitività del Paese
Francesco Maria Talò: "L’Italia deve guidare la crescita nell’era dell’incertezza globale"

Enzo Argante
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Enzo Argante

Articolo tratto dal numero di ottobre 2025 di Forbes Italia. Abbonati!

In un’epoca di volatilità e imprevedibilità, il benessere economico di un paese e delle sue imprese non può prescindere dalla politica internazionale. Lo spiega Francesco Maria Talò, ambasciatore e inviato speciale italiano per il corridoio India-Medio Oriente-Europa

Quanto influisce la politica internazionale nello sviluppo dei mercati e, quindi, delle nostre imprese?

Tanto, tantissimo. Forse non è abbastanza chiaro. E oggi, con la mobilità che caratterizza lo scenario internazionale, è indispensabile.
Ne parla Francesco Maria Talò, ambasciatore e inviato speciale italiano per l’Imec (il corridoio India-Medio Oriente-Europa)

Lo scenario geopolitico globale vive grandi cambiamenti: quali sono gli assetti prevedibili?

Di prevedibile c’è poco. Questa viene definita l’epoca dell’incertezza. Inoltre Trump ha scelto di usare l’imprevedibilità come leva per smuovere le acque rispetto a crisi stagnanti. La situazione è descritta dall’acronimo Vucas: volatility (volatilità: cambiamenti rapidi e imprevedibili), uncertainty (incertezza: difficoltà di comprendere gli sviluppi), complexity (complessità: molti attori con variabili che interagiscono), ambiguity (ambiguità: situazioni e informazioni contraddittorie), speed (velocità: eventi che si sviluppano rapidamente). In Europa viviamo nel culto della stabilità. Questo atteggiamento ha portato alla stagnazione, ma il mondo corre. Dobbiamo adeguarci e governare con agilità tre transizioni che si intrecciano: ambientale, energetica e digitale.

Quanto incide la transizione digitale, con i suoi centri di potere economico e tecnologico, in questa configurazione?

Incide moltissimo. La transizione digitale è funzionale a raggiungere efficienza energetica nel rispetto dell’ambiente. Pensiamo all’energia rinnovabile, che utilizza tecnologie avanzate. Per questo servono minerali critici, e qui entrano in gioco aspetti cruciali: la Cina detiene quasi la metà delle riserve di terre rare globali e ne raffina circa il 90%, ma questa è un’attività energivora. Tutto si collega: catene di approvvigionamento, energia, tecnologia, equilibri strategici internazionali (con la corsa all’Africa, all’Artico, ai fondali oceanici). La transizione digitale ridefinisce i pesi globali: in Cina l’economia digitale nel 2023 valeva il 9,9% del Pil, mentre in Europa le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Ict) incidevano nel 2022 solo per il 5,5% sul valore aggiunto. La Cina, inoltre, investe molto più dell’Europa in ricerca e sviluppo, puntando sulla ricerca di base, quella da cui conseguono le tecnologie più dirompenti, mentre gli investimenti europei sono frazionati, e quindi meno efficaci. Insomma, in Europa dobbiamo fare di più e presto. Questo è l’appello lanciato a fine agosto dal palco del Meeting di Rimini sia da Giorgia Meloni che da Mario Draghi. Un richiamo costruttivo, non una constatazione rassegnata.

E dunque il ruolo dell’Italia, e più in generale dell’Europa, come si configura?

Il ruolo dell’Italia è legato a quello europeo. Da soli non possiamo incidere, ma vale anche il contrario, perché in Europa saremo sempre protagonisti, per dimensioni economiche, forza culturale e per una politica adesso rafforzata da stabilità e riconoscimento internazionale. L’autoflagellazione nella quale spesso indulgono gli europei è un errore, perché avvalora la tesi dei concorrenti: quella di un continente senza speranza che si confronta con autocrazie imbattibili. Questa posizione non è la ricetta per reagire con urgenza e determinazione e guardare al futuro innovando. Siamo di fronte a una sfida epocale: dopo cinque secoli, non è più scontato che l’Occidente guidi politica, cultura ed economia mondiale. Forse una transizione negli equilibri globali è inevitabile, ma possiamo continuare ad avere un ruolo se impariamo a comprendere le storie di successo degli altri, come quella cinese, e a dedicarci intensamente alla formazione scientifica, stabilendo priorità che puntino al futuro e non vivendo alla giornata.

A questo proposito, esiste un ruolo dell’Italia nel corridoio che passa dal Medio Oriente e punta al mercato indiano.

Parliamo di Imec. È un’iniziativa che ho visto nascere nel settembre del 2023 a Nuova Delhi, lanciata, insieme all’Italia, da India, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Francia, Germania e Commissione europea. L’idea è rafforzare la connettività per beni, energia e servizi digitali tra l’Europa e il grande mercato e sistema produttivo indiano, passando per le dinamiche economie del Golfo. È possibile raddoppiare l’interscambio tra Ue e India in dieci anni. Opportunità enormi, ma anche grandi sfide: infrastrutture da costruire, procedure da semplificare, ostacoli politici da superare (a partire dal conflitto israelo-palestinese, che rende difficile l’attraversamento della penisola arabica dal Golfo al porto di Haifa). C’è tuttavia forte determinazione, ci sono interessi comuni tra i paesi promotori che possono estendersi ad altre economie della regione. Per l’Italia c’è un’ulteriore opportunità rappresentata da Trieste, il porto più settentrionale del Mediterraneo, che potrà essere uno dei terminali europei del corridoio, lo snodo per collegare il cuore produttivo dell’Ue, con la Germania e l’Europa centro-orientale, e le grandi rotte marittime su cui viaggia il commercio internazionale.

Infine, c’è l’Africa: come procede il Piano Mattei?

Mi piace collegare Piano Mattei e Imec, che ritengo debba essere, più che un corridoio, una rete che includa l’Africa in una visione di Indo-Mediterraneo. Il Piano Mattei sta generando grande attenzione internazionale. In Africa si apprezza il nuovo impegno dell’Italia con iniziative pubbliche, con molte amministrazioni coinvolte, e private. Tutto è finalmente coordinato presso la presidenza del Consiglio. È importante che si proceda coinvolgendo l’Unione europea, e qui c’è un’utile connessione tra Imec e Piano Mattei, entrambe poste dall’Ue sotto l’ombrello del grande programma di infrastrutture Global Gateway.

Italia protagonista in politica internazionale vuol dire ruolo di primo piano per le nostre imprese?

Piano Mattei e Imec, fortemente sostenuti dalla presidente del Consiglio Meloni e dal ministro degli Esteri Tajani, avranno ricadute sulle imprese. Questo vale, in generale, per l’impegno a sviluppare una diplomazia per la crescita, che è una priorità nella riforma della Farnesina appena varata. Dovremo passare da una cultura della procedura a una del risultato e la semplificazione burocratica sarà importante. Diplomazia e forze armate sono strumenti essenziali di politica estera. Senza giocare un ruolo attivo nel mondo, senza garantire sicurezza, senza un impegno per l’innovazione, non ci sono crescita economica e benessere per i cittadini.