
di Mirko Crocoli
Oltre 700 clienti, 16.000 consulenze e più di un milione di follower complessivi: numeri che raccontano l’ascesa di Diego Granese, che con la sua Billionize (nome commerciale della Billionare Dmcc), una delle realtà più solide degli Emirati Arabi uniti, incorporata nella Dmcc (Dubai multi commodities centre), offre consulenze complete su fiscalità, visti, contabilità e gestione societaria per tutti gli imprenditori italiani a Dubai. La sua missione è accompagnare professionisti dei vari settori nel cuore dell’innovazione globale, in una città che oggi è diventata simbolo di crescita e attrattiva economica, destinata a superare gli 8 milioni di abitanti entro il 2030.
Classe ’90, Granese a 21 anni fonda la sua prima azienda, per poi crearne e cofondarne altre come la El Original (ha venduto la sua partecipazione nel 2023) che a sua volta lancerà brand di successo come Aviva Wines, Au Vodka, Juventus Beer, Milan Beer, Napoli Beer e Tequiero Tequila (con Guè Pequeno). È stato inoltre tra i fondatori di Fitup Europe (ha fatto exit tra il 2020 e 2022), una delle principali catene di palestre del continente, e di Dan Ink Group, primo franchising europeo dedicato al tatuaggio e oggi leader nel settore con sedi in tutta Italia. È l’autore della teoria economica denominata ‘Frazione fiscale neutra’ (Ffn), che propone un modello di equilibrio fiscale tra stati e contribuenti nell’era digitale, immaginando un futuro in cui la tassazione si adatti alle nuove logiche del business globale.
Nel 2024 ha ricevuto il Golden Visa degli Eau per meriti e influenza imprenditoriale, conferma del suo ruolo come punto di riferimento per chi desidera internazionalizzarsi a Dubai. A inizio 2025 ha fondato l’AlMarzooqi & Granese legal consultants, il primo studio legale negli Eau con un partner locale autorizzato a rappresentare in corte gli Italiani che dovessero avere necessità in campo civile, penale, commerciale, lavorativo e divorzista. In cantiere invece la nascita della Diego Granese Foundation, fondazione benefica di aiuto globale per paesi del terzo mondo, bambini orfani, crisi umanitarie e un’attenzione su istruzione e imprenditoria giovanile.
Sostegno e supporto agli imprenditori italiani a Dubai. Quale è stata la miccia che ha dato inizio al core business?
Dopo sette anni di imprese in Italia in vari settori mi sono scontrato con i classici problemi italiani: burocrazia, tassazione, limiti che soffocano la crescita. Nel nostro paese è difficile per un giovane imprenditore trovare spazio, stimoli e un ambiente sociale favorevole. Un giorno un mio cliente di una società di consulenza che avevo in Italia, mi chiese di trasferirsi a Dubai. Lo portai lì e mi innamorai di questa città cosmopolita, dinamica e avanguardista. Dopo i primi step aprii la mia società, che iniziò a occuparsi proprio di supporto ai connazionali negli Emirati. E oggi, dopo otto anni, siamo in questo leader sul mercato italiano.
Terreno adatto per sviluppare la sua attività d’impresa?
Dubai è pienamente integrata con l’Europa, e rappresenta un sogno per molti imprenditori: il sogno di un paese in crescita, che non tassa i suoi cittadini e permette di utilizzare i proventi delle proprie attività per reinvestire e per vivere meglio. L’assicurazione sanitaria, pur essendo privata, ha costi sostenibili; i servizi funzionano, le imprese possono agire senza troppa burocrazia. Solo dall’anno scorso è stata introdotta una tassazione del 9% sugli utili societari (non esiste tassazione personale), ma le aziende che fatturano meno di 700.000 euro restano a tax zero. Investire e reinvestire diventa molto più semplice.
Quali i vantaggi per un’azienda rispetto ad altri paesi europei?
Oltre alla tassazione, una posizione geografica strategica e una burocrazia estremamente snella. Anche la gestione aziendale quotidiana è semplice e trasparente: entrate e uscite semplificate e facilmente giustificabili, bilanci chiari, procedure snelle. Tutto il sistema è costruito per agevolare le imprese.
La fiscalità è spesso percepita come il ‘motore’ di chi si trasferisce negli Eau. Quali gli avvertimenti?
La fiscalità è certamente un motore di attrazione, ma Dubai non è il Far West. Ci sono regole precise e grande attenzione alle normative, soprattutto in materia di antiriciclaggio, dopo l’uscita del Paese dalla black list Ocse. Il consiglio principale è non improvvisare. Bisogna affidarsi a professionisti qualificati – come la nostra società, che possiede licenze di Corporate Service Provider, Accounting & Bookkeeping e Tax Consultant. Il consulente, oltre a costituire la società e mantenerla in ‘good standing’, gestisce tutti gli adempimenti necessari (le sanzioni per omissioni possono essere molto elevate), si occupa degli aspetti bancari e pianifica correttamente la fiscalità sia della persona fisica sia della società.
Quali settori italiani stanno emergendo?
Da una parte le professioni digitali e consulenziali: società di consulenza, e-commerce, brand, agenzie di marketing, aziende tech, sviluppatori software, realtà legate al mondo delle criptovalute. Tutti quei business che possono operare senza una sede fisica fissa e che lavorano in smart working. Liberi professionisti, consulenti, formatori online, nutrizionisti, personal trainer, architetti, ingegneri. Dall’altra parte il mondo del food italiano, forte a Dubai: ristoranti, caffetterie, gelaterie, tutto ciò che porta la qualità del food & beverage italiano negli Emirati è in grande espansione.
Come vedi l’evoluzione del mercato a Dubai nei prossimi 5-10 anni?
Ottimistica. Cresce a una velocità impressionante: nel 2025 conta più 4 milioni di abitanti, contro i 2 milioni di cinque anni fa, e probabilmente arriverà a 8 milioni entro il 2030. Solo nel settembre ’25 ci sono stati oltre 220.000 nuovi residenti: un segnale di crescita economica enorme. Espansione che genera domanda in tutti i settori: ristorazione, edilizia, servizi alla persona, trasporti. Le grandi aziende tech, le Big Tech e anche tante eccellenze italiane – dal food al manifatturiero – stanno già guardando con interesse a Dubai.
Cosa consigli a un giovane imprenditore italiano che vorrebbe trasferirsi a Dubai?
Parlo di me: sono arrivato qui da solo, quando c’erano pochissimi Italiani e Dubai non era ciò che è oggi. In Italia, dieci anni fa, si pensava ancora al deserto e a un Paese ‘lontano’. Oggi non è più così. Il mio consiglio è buttarsi e non accontentarsi all’infelicità che attanaglia in nostri giovani in perenne sofferenza. Dubai è accogliente, moderna, pienamente connessa all’Europa. Regola fondamentale è affidarsi a chi conosce bene il sistema: noi seguiamo il cliente in tutto il processo, dalla residenza ai documenti, garantendo che possa vivere e lavorare qui serenamente, senza intoppi burocratici.
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