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28 novembre 2025
I nuovi sistemi possono svolgere attività pari a 1,2 trilioni di dollari di salari. E gli Stati Uniti iniziano a usare il modello per ridisegnare le politiche di formazione e sviluppo della forza lavoro
L’intelligenza artificiale è già tecnicamente capace di svolgere il lavoro equivalente all’11,7% della forza lavoro statunitense, pari a 1,2 trilioni di dollari in salari. È quanto emerge dal nuovo Iceberg Index del MIT, costruito su una simulazione del mercato del lavoro americano basata su 151 milioni di lavoratori e oltre 13.000 strumenti di AI alimentati dal supercomputer Frontier di Oak Ridge. Una ricerca che conferma che la trasformazione guidata dall’AI è molto più profonda di quanto mostrino gli indicatori tradizionali.
Punti chiave
- L’AI può già svolgere attività pari all’11,7% del valore salariale USA, cinque volte più dell’impatto oggi visibile.
- Il MIT costruisce un “digital twin” della forza lavoro USA basato su 151 milioni di lavoratori, 923 occupazioni e 32.000 skill.
- L’esposizione maggiore non è nei lavori tech, ma nei ruoli amministrativi, finanziari, sanitari e professionali.
- Il modello usa 13.000 sistemi di AI reali, non benchmark teorici.
- Tennessee, North Carolina e Utah già lo utilizzano per strategie di workforce planning.
Capacità tecnica sommersa
Il nuovo studio del MIT segnala un salto di scala nell’intelligenza artificiale: i sistemi oggi già disponibili possono svolgere compiti equivalenti a quasi il 12% dell’intera forza lavoro americana. Il valore associato supera i 1,2 trilioni di dollari in salari annuali e, secondo il MIT, la stima è conservativa perché si basa su capacità tecniche già dimostrate da strumenti esistenti, non su tecnologie previste in futuro. Nel report, infatti, si spiega che l’impatto oggi osservabile, concentrato soprattutto nelle professioni tech, rappresenta solo una frazione del potenziale: circa un quinto. Il resto resta “sotto la superficie”, come suggerisce la metafora dell’Iceberg Index.
Il cuore dell’analisi è un modello che ricostruisce il mercato del lavoro americano come se fosse un sistema vivente. Il MIT ha simulato 151 milioni di lavoratori, ognuno rappresentato come un agente dotato di competenze, occupazione e collocazione geografica. Questa struttura, supportata dal supercomputer Frontier di Oak Ridge, permette di osservare in tempo reale come le skill richieste nei vari ruoli si sovrappongono alle capacità dell’AI. Nel complesso, il modello tiene traccia di 923 occupazioni distribuite in 3.000 contee e basate su oltre 32.000 skill distinte.
Lavori amministrativi e professionali
Uno dei risultati più sorprendenti del report riguarda la distribuzione settoriale dell’esposizione. Il lavoro più vulnerabile all’AI non è quello direttamente legato alla tecnologia, ma quello amministrativo e cognitivo tradizionale. Attività come gestione documentale, contabilità, coordinamento logistico, supporto clinico e amministrazione del personale mostrano livelli di sovrapposizione molto elevati tra skill umane e capacità tecniche dell’AI. Nel report si evidenzia che questi ruoli, spesso considerati marginali nell’immaginario dell’automazione, rappresentano invece il nucleo della potenziale disruption, per via della loro grande diffusione nelle aziende americane.
Il MIT indica inoltre che diversi Stati americani stanno già utilizzando il modello per preparare strategie di adattamento. Tennessee, North Carolina e Utah hanno adottato Project Iceberg per valutare l’esposizione dei propri distretti industriali e per anticipare esigenze di reskilling, investimenti infrastrutturali e possibili fragilità settoriali. Alcuni territori mostrano una concentrazione dell’esposizione in pochi settori, mentre altri risultano vulnerabili in modo più trasversale. Il modello consente ai policymaker di confrontare scenari alternativi prima di decidere come destinare risorse pubbliche e formazione.
Capacità non significa sostituzione
Il MIT chiarisce però che l’11,7% non equivale a un imminente 11,7% di posti persi. La differenza fra capacità e impatto effettivo resta cruciale. Nel report si ricorda che, anche quando l’AI può svolgere un compito, non sempre è pratico dal punto di vista economico e operativo sostituire un lavoratore. L’esito dipenderà da molte variabili, tra cui i tempi di adozione, la disponibilità di formazione, gli investimenti delle imprese e le decisioni pubbliche. Il documento conclude che la finestra per governare la transizione è ancora aperta, ma non a lungo: modelli come l’Iceberg Index servono proprio a evitare che i decisori intraprendano delle misure quando ormai è troppo tardi.