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4 dicembre 2025
La società è nata nel 2019 per portare le tecnologie immersive dentro il tessuto aziendale italiano. È stata la prima esperienza imprenditoriale di Federico Di Condina
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Nel panorama italiano, dove l’innovazione arriva spesso per strattoni e non per continuità, ci sono percorsi che non fanno rumore ma segnano una direzione. La storia che porta alla nascita di YouStart è una di queste: niente colpi di scena, niente miraggi futuristici. Solo l’evoluzione naturale di un’esperienza costruita nel tempo.
La radice si trova all’interno di una società nata nel 2019, la prima esperienza imprenditoriale di Federico Di Condina, in un contesto imprenditoriale in cui il mondo degli investimenti e della finanza iniziava a intrecciarsi con quello della tecnologia. Lì non si parlava ancora di realtà virtuale, almeno non come la intendiamo oggi, ma si percepiva che qualcosa si stava muovendo: il capitale non guardava più solo ai settori tradizionali, iniziava a osservare con attenzione i nuovi strumenti digitali, le piattaforme, i modelli ibridi.
È in quel luogo che Federico Di Condina vive il suo percorso più importante fino a oggi. Un percorso fatto di analisi, progetti, contatti e soprattutto di uno sguardo continuo verso ciò che poteva arrivare dopo.
Il primo visore: un’esperienza che cambia la percezione, più che la tecnologia
A volte basta un oggetto per aprire una domanda. Nel suo caso, è stato il primo visore di realtà virtuale provato in modo professionale. Non tanto per l’effetto “wow”, quanto per la sensazione opposta: una leggera inquietudine.
Non era stupore tecnologico, era qualcosa di più umano: la percezione che quella tecnologia avrebbe potuto cambiare il modo in cui le aziende si relazionano al mondo, ai prodotti, ai clienti. E che, una volta diventata matura, non sarebbe stato possibile ignorarla.
Quella sensazione — un misto di curiosità e timore — è ciò che ha messo in moto il meccanismo. Non la voglia di essere i primi, non la corsa al trend, ma la consapevolezza che non conoscere quella tecnologia sarebbe stato più rischioso che provarla.
Immaginare applicazioni reali, non mondi fantascientifici
Da quel punto in poi il ragionamento diventa pragmatico. Il visore non è un giocattolo per appassionati: è uno strumento che, con il giusto approccio, può entrare in un contesto aziendale concreto.
E allora si fa un passo mentale: come potrebbe essere usato davvero? In quali settori? Con quali benefici misurabili?
La risposta arriva guardando l’economia reale:
– nel real estate, dove comprendere uno spazio prima che esista può cambiare decisioni e tempistiche;
– nell’automotive, dove la configurazione immersiva diventa un’estensione del prodotto;
– nello yacht design, dove l’esperienza anticipata vale più di qualsiasi render.
Da un’intuizione alla struttura: la nascita di YouStart
La startup nasce per portare le tecnologie immersive dentro il tessuto aziendale italiano, con un approccio sobrio, concreto, fatto di sperimentazioni e prodotti reali. Non a caso entra rapidamente nel mondo della computazione spaziale, diventando la prima realtà italiana a sviluppare per Apple Vision Pro.
La paura come motore, non come freno
Se c’è un sentimento che accompagna questo percorso, non è la sicurezza. È, paradossalmente, la paura.
La paura di non capire per tempo una tecnologia che potrebbe cambiare le regole. La paura di assistere al futuro da spettatori invece che da partecipanti. Ma è proprio da quella paura che si genera movimento.
Oggi: una tech company che cresce, ascolta e investe
Oggi YouStart non è più un’idea embrionale. È una tech company composta da 12 figure professionali, appassionate alle tecnologie immersive e alla loro applicazione concreta nelle
aziende.
La crescita è rapida ma controllata: nel 2025 sfiora il milione di euro di fatturato, triplicando il risultato dell’anno precedente, segno che il mercato italiano sta iniziando a percepire il valore reale della computazione spaziale.
E soprattutto, YouStart continua a investire: in figure strategiche, in competenze specializzate e in tecnologie avanzate. Non per correre più degli altri, ma per restare allineata a un mondo che cambia velocemente — e che chiede a chi innova di non smettere mai di imparare.