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29 dicembre 2025
Tra i player più importanti del settore, rende l’apprendimento strategico, unendo tecnologie avanzate e soft skill per valorizzare le persone
In un contesto economico segnato da rapidi cambiamenti tecnologici e da un’innovazione che ridefinisce modelli di business e competenze, la formazione dei lavoratori rappresenta oggi un tassello imprescindibile per la crescita sostenibile delle imprese. Eppure, nonostante la consapevolezza diffusa del suo valore strategico, solo l’1% delle aziende in Italia è in grado di stimare con precisione il ritorno sull’investimento in formazione, come evidenziato dal Report Cec del 2023 del Politecnico di Milano. Un dato che, di per sé, racconta molto del ritardo con cui il sistema produttivo nazionale affronta il tema dello sviluppo delle competenze e dell’aggiornamento continuo.
È su questa consapevolezza che è nato l’impegno di Digit’Ed – il più grande polo di formazione in Italia e uno dei maggiori player del settore a livello europeo – nello sviluppo di strumenti di misurazione avanzata dell’impatto formativo. Forte di una community di oltre 600mila persone formate ogni anno e di un catalogo di più di cinquemila contenuti, la società sta investendo in sistemi di analisi basati sui dati per rendere la formazione un processo strategico, tracciabile e misurabile. Secondo Davide Vassena, ceo di Digit’Ed, il dato dell’1% rappresenta una sfida – e al tempo stesso una grande opportunità. “La formazione è il motore della crescita, ma non basta più erogarla: serve misurarla, comprenderne l’impatto e collegarla ai risultati di business”, spiega Vassena. “Le aziende devono poter sapere se ciò che apprendono le loro persone si traduce davvero in performance, innovazione e competitività. Il futuro della formazione in Italia dovrà essere data-driven. Significa usare le informazioni raccolte dai percorsi formativi per capire quali competenze generano maggiore valore, quali modalità di apprendimento funzionano meglio e come migliorare l’esperienza dei dipendenti. Solo così la formazione smetterà di essere percepita come un costo e diventerà un vero investimento ad alto rendimento”.
Quando dati, competenze e cultura diventano il vero motore dell’innovazione
Un cambio di prospettiva che unisce la cultura del dato a quella del talento, e che spinge Digit’Ed a collaborare con imprese e istituzioni per costruire modelli capaci di legare il capitale umano ai risultati economici. In questa direzione si inseriscono anche le nuove logiche di partnership pubblico-privato, dove la formazione diventa un elemento centrale per la competitività del Paese. Non si tratta solo di migliorare le competenze tecniche, ma di rafforzare le soft skill – pensiero critico, creatività, leadership – che rendono possibile governare l’innovazione invece di subirla.
La transizione digitale è trainata da tecnologie potenti, ma la loro efficacia resta legata alla capacità delle persone di comprenderle e utilizzarle. Secondo i dati Istat 2024, solo il 32% delle imprese italiane ha introdotto processi legati all’intelligenza artificiale. È una percentuale in crescita, ma ancora lontana dagli standard europei, dove in paesi come Germania o Paesi Bassi l’adozione supera il 50%.
Per Vassena, la vera sfida non è solo tecnologica, ma culturale: “L’adozione dell’IA non deve essere un fenomeno d’élite, ma un processo diffuso e consapevole. La tecnologia può amplificare il valore delle persone, non sostituirlo. Per questo è essenziale investire nella formazione, affinché i dipendenti diventino protagonisti del cambiamento, non semplici spettatori”. Digit’Ed ha già avviato progetti formativi dedicati all’IA, alla sostenibilità e alle competenze digitali, per rendere l’innovazione accessibile, diffusa e sostenibile. L’azienda lavora a programmi modulari che integrano microlearning, esperienze immersive e percorsi di aggiornamento continuo. “Non si tratta di imparare a usare un nuovo strumento, ma di sviluppare una mentalità diversa”, aggiunge Vassena. “La curiosità, la capacità di apprendere continuamente e la fiducia nel progresso sono i veri acceleratori del futuro”.
Formazione strategica: le corporate academy trasformano le aziende in ecosistemi di crescita continua
In questo scenario, cresce il ruolo delle corporate academy, spazi di apprendimento interno dove le aziende costruiscono il proprio patrimonio di competenze e cultura. Sempre più organizzazioni italiane le stanno adottando non solo come strumenti formativi, ma come leve di retention dei talenti e di engagement.
“Le academy aziendali rappresentano il cuore della crescita”, osserva Vassena. “Permettono alle imprese di sviluppare competenze su misura, rafforzare la cultura aziendale e promuovere una logica di miglioramento continuo. In un mercato in cui la competizione per le persone è altissima, la capacità di formarle e farle crescere è il vero vantaggio competitivo”. Le academy sono anche il terreno ideale per sperimentare le potenzialità dell’intelligenza artificiale applicata alla formazione: sistemi di adaptive learning, percorsi personalizzati, analisi predittiva dei bisogni formativi. Strumenti che permettono di unire la scalabilità del digitale al valore della relazione umana. “L’intelligenza artificiale non sostituirà mai il formatore o il mentore, ma può aiutarli a essere più efficaci. Il nostro obiettivo è costruire ecosistemi di apprendimento che evolvono nel tempo, misurano i risultati e generano impatto reale. In una parola: crescita”.
Investire nelle persone come leva strategica: Digit’Ed unisce tecnologia, dati e formazione
La visione di Vassena parte dal principio che il capitale umano è la prima infrastruttura del Paese. “Investire nelle persone significa investire nel futuro. Le tecnologie, da sole, non bastano. Serve la capacità di apprendere, di adattarsi e di innovare continuamente”, spiega. Per Digit’Ed, il futuro della formazione italiana passa da una cultura del dato e della misurazione, ma anche da un nuovo patto tra imprese e lavoratori, basato sulla fiducia, sulla condivisione del valore e su un concetto più ampio di sostenibilità. La formazione diventa così non solo uno strumento di crescita economica, ma anche sociale, in grado di ridurre le disuguaglianze e favorire l’inclusione.
“Il capitale umano resta la nostra risorsa più preziosa”, aggiunge Vassena. “La sfida è mettere le persone nelle condizioni di governare il cambiamento. È in questo equilibrio tra umanità e tecnologia, tra dati e visione, che si gioca il futuro della competitività italiana”.