Under 30

Mattia Ferrari, chi è l’art director che lavora con i big del lusso e volto della copertina di Forbes Under 30

Articolo tratto dal numero di marzo 2021 di Forbes Italia. Abbonati!

Non capita a nessuno di starsene da solo in un ristorante, pur prestigioso come il Nobu di Los Angeles, ed essere abbordato da Paris Hilton che si era seduta al tavolo con Britney Spears e Kim Kardashian.

A nessuno. E invece è successo a Mattia Ferrari, 16 anni allora, 29 anni oggi, giovane in cerca di un lavoro da inventarsi, allora, giovane art director per top brand dell’alta moda, oggi. Quell’incontro gli ha cambiato la vita: niente flirt da paparazzi ma il pass d’ingresso al mondo dorato che sognava sin da piccolo quando si divertiva a fare il look a sua madre.

Mattia Ferrari è un ragazzo della provincia italiana, nato a Vicenza in una famiglia di imprenditori, ma di provinciale non ha niente. Lo dimostra il fatto che, appunto, a 16 anni si è fatto accompagnare dai genitori all’aeroporto, li ha salutati come ogni ragazzo della sua età, e si è imbarcato su un aereo per l’America. Appena arrivato a Los Angeles, il colpo di fortuna. “Nella vita ci vuole C”, afferma Mattia mimando la lettera dell’alfabeto, “e tanta faccia tosta. Quella non mi manca”. Eppure la sua non è neanche una faccia da schiaffi (un bel volto, incorniciato da una barba corta alla moda e da un paio di occhiali con la montatura fine) e i suoi modi sono gentili; ma è di quei ragazzi che quando hanno afferrato l’osso non lo mollano.

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Come quando, per sostenere i costi delle serate nei locali di tendenza, si mise a dare lezioni di italiano a un bimbo, Jonathan, incontrato per caso con la madre in una stazione di servizio. In due mesi Jonathan imparò l’italiano, sua madre presentò il teacher Mattia alle altre madri dei compagni di scuola di suo figlio e nacque un corso di italiano per bambini ricchi americani. “Mi avevano preso una stanza al Beverly Hills Center. Andavo di pomeriggio a fare le mie lezioni, poi mi venivano a prendere le mie amiche e andavamo fuori a cena”, racconta. Ma siccome i sogni scompaiono all’alba, nemmeno un anno dopo Mattia dovette rientrare in Italia per terminare il liceo artistico. In contemporanea, e in questo caso si può veramente dire che aveva imparato la lezione, si mise a insegnare inglese e italiano ai bambini di Vicenza.

Raccolse un gruzzoletto e appena finita la scuola ripartì per gli Stati Uniti, questa volta direzione New York, per inseguire il suo sogno americano. La Grande Mela si rivelò molto più costosa di Los Angeles e le poche migliaia di euro che si era portato da Vicenza sarebbero bastate appena per tre mesi di affitto. Allora, ingegno aguzzo e faccia tosta, Mattia si mise a lavorare nel mondo delle discoteche facendo il butta-dentro di belle ragazze per arrivare fino a sostituire il proprietario nell’intrattenere ai tavoli le celebrities di NY. Una gran bella vita ma non era quella che Mattia aveva sognato e stava inseguendo.

“A un certo punto”, racconta, “ho subito una sorta di crollo psicologico perché, anche se guadagnavo molto, il mio sogno era sempre stato quello di lavorare come creativo nell’industria della moda”. 

Così di nuovo in Italia per una laurea lampo in finanza ed economia, ottenuta al rientro in Italia da NY, prima di iniziare a fare i suoi primi shooting. “Cominciai a fare shooting”, ricorda, “e presentarli a tutti i contatti che mi ero fatto in giro per il mondo per vedere quali reazione suscitavo a cominciare da alcune persone che avevo conosciuto in maison come Bulgari e Chanel. Chiedevo ai brand di poter lavorare per loro a titolo gratuito per potermi creare un mio portfolio”. Poi Mattia si fa prendere dai ricordi, fantastici e inconsueti. “Ho cominciato a lavorare per Bulgari portando a una loro cena la modella, bellissima ma che allora non era nessuno, Jasmine Sanders, oggi conosciuta anche come Golden Barbie e seguita da 4 milioni di followers, sperando che, se le avessero fatto un contratto, mi avrebbero consentito di lavorare con lei. L’indomani, insieme a Jasmine e al suo agente, abbiamo firmato un contratto in base al quale lei sarebbe diventata ambassador del marchio Bulgari per un anno ma io avrei seguito tutti i progetti relativi agli shooting”.

Mattia Ferrari (ph. Ignazio Sguera)

Mattia non finisce mai di ricordare episodi insoliti e divertenti della sua vita. “Il primo shooting per Bulgari”, racconta, “era stato trasversale su borse, occhiali, orologi. Avevo organizzato tutto il team: il fotografo, il video maker e il mood board, il make-up artist, lo stylist e la modella. A un certo punto qualcuno ha chiesto chi fosse l’art director. Io non risposi perché all’epoca non sapevo ancora che il mio lavoro si potesse definire in questo modo. Il make-up artist si avvicinò e mi disse all’orecchio: Guarda che chiedono di te”. Il gioco, si fa per dire, era fatto. Dalla crisalide di Mattia Ferrari, intraprendente e talentuoso ragazzo vicentino, era nato Mattia Ferrari art director.

Dal momento che il successo chiama il successo, Mattia dopo Bulgari ha cominciato lavorare con Chopard, Versace, Dior, Moschino, Zadig & Voltaire, H&M, Messika, Ermanno Scervino ed è stato raccontato in riviste di moda come Vogue Paris, Vogue Italia, Vogue Japan e Vogue Mexico. Oggi ha un’agenzia di comunicazione digitale, la Arnold Creative Communication, con parecchi collaboratori e sedi a Londra e Milano, che fornisce servizi su misura e consulenza sui social media attraverso pubblicità, relazioni con i media e contenuti di branding.

Ma come lavora Mattia Ferrari? “Intanto l’art director è una figura che fa da collante in un team creativo ed esecutivo nel mondo della moda e dello spettacolo. Definisco lo storytelling delle campagne pubblicitarie, a seconda del messaggio che il brand vuole trasmettere, il piano marketing e la strategia di vendita di un prodotto o di una collezione. Lavoro con alcuni marchi di fama internazionale e curo l’aspetto creativo dei contenuti digital, coinvolgendo celebrities di fama internazionale come Adriana Lima, Bella Hadid e altre top model. Mi piace l’idea di comunicare un prodotto attraverso un messaggio che appartiene anche alla mia esperienza personale; mi fa sentire completamente parte di esso. Come un attore che mette le emozioni personali su una sceneggiatura. Tutto qua, se non che vengo da un percorso americano, che mi ha strutturato e permesso di sviluppare delle spiccate doti nel mondo delle pubbliche relazioni”.

A 30 anni parlare di futuro è quasi obbligatorio. Intanto nell’agenda di Mattia ci sono un paio di impegni molto ravvicinati: con  il Presidente della Provincia di Vicenza Francesco Rucco ho iniziato a collaborare circa una progettualità innovativa ed ambiziosa che coinvolge tutto il territorio e ovviamente anche Vicenza, la mia città natale, con l’obiettivo di aumentare la brand awareness ed esprimere tutto il potenziale del nostro meraviglioso territorio vicentino. Devo mettercela tutta. Ci saranno grandi novità. Poi Amazon Prime sta realizzando una docu-serie sulla nostra attività. Le loro telecamere seguiranno le nostre produzioni, il nostro modus operandi, dalla parte creativa alla produzione di mood board, alla realizzazione di servizi fotografici. Mi piacerebbe che anche questa esperienza con Forbes finisse nella docu-serie”. 

Nel futuro meno prossimo c’è qualcosa di ordinariamente straordinario, un po’ come tutte le cose che fa Mattia. “Difficile dire oggi cosa vorrei fare da grande (ride). Però un’idea ce l’ho. Vorrei lanciare un brand solo con prodotti che vengono creati e poi distrutti, che dopo un po’ i clienti non possano più trovarli sul mercato”.

Un consiglio ai giovani Under 30? Mattia non si tira indietro: “Ogni giorno è un viaggio con nuove sfide da superare. Ci vuole molto coraggio e determinazione per raggiungere gli obiettivi, solo tu hai la capacità di plasmare la tua vita e concentrarti su dove vuoi essere. Fallire è semplicemente l’opportunità di ricominciare. La vita è potente, ma inaspettata e devi abbracciarla senza paura. Sii gentile con te stesso e sii sempre circondato da persone stimolanti”.

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