Luca Rancilio
Innovation

È stato tra i primi a investire in Lyft, Deliveroo e SpaceX: chi è il “centauro italiano dell’innovazione”

Articolo tratto dal numero di ottobre 2022 di Forbes Italia. Abbonati!

“È successo come in Forrest Gump: io ho cominciato a correre e altri, strada facendo, hanno voluto correre con me”. Solo che la corsa di Luca Rancilio è investire in startup, in tutto il mondo, e per poterlo fare con altri bisogna rispettare alcune regole. Ecco perché da poche settimane il suo family office è diventato una sicaf, società di investimento a capitale fisso regolamenta da Bankitalia. Detto in parole semplici: mentre prima gli investimenti li faceva con i capitali della famiglia, adesso può farlo raccogliendo anche quelli di altri che hanno cominciato ad andargli dietro perché hanno visto che la corsa faceva bene alla salute finanziaria. Rancilio, ad esempio, è stato il primo investitore italiano di Lyft (il concorrente di Uber), ha puntato su Deliveroo al momento giusto ed è dentro pure nel capitale di SpaceX di Elon Musk. Nel suo carnet ci sono stati anche Uber e Airbnb.

Per usare un termine adesso in voga, Luca Rancilio, 52 anni, si potrebbe definire un ibrido, un centauro dell’innovazione: nato in una famiglia di imprenditori, è diventato uomo di finanza, ma con il gusto dell’impresa proprio del suo dna. Il suo nome ai più dirà poco, ma il nonno, negli anni Venti del ‘900, fondò a Parabiago, in provincia di Milano, un’azienda che produceva macchine per il caffè professionali. “La sua prima si chiamava Regina”, racconta Rancilio. “Purtroppo io non l’ho conosciuto e mio papà mi portava poco in fabbrica. Non posso dire di averla vissuta, anche se per anni è stato il mio lavoro”. Fino al 2013, quando la famiglia decide di vendere a un gruppo internazionale della ristorazione collettiva. “Avevo passato i 40 anni, volevo fare altro perché non sono mai stato un imprenditore di prodotto. Decido di avviare un’attività di investimento e il giorno in cui siamo dal notaio per firmare la cessione dell’azienda mia sorella Silvia mi dice. Sono con te. Non sarei qua se non ci fosse stata lei con me”.

Nasce cosi la Rancilio Cube, in cui entra anche la madre di Luca e Silvia, ufficio in via Montenapoleone dentro la Parrocchia di San Francesco di Paola. “Nel 2023 apriremo un open office a Cerro Maggiore, dove stiamo ristrutturando un vecchio garage, e lì resterà la sede di rappresentanza”.

Come si arriva a investire su Lyft e SpaceX? “A me interessavano gli investimenti di venture capital in una dimensione internazionale, che era abituale in azienda: vendevamo più macchine del caffè in Corea che a Milano”, spiega Rancilio. “L’internazionalità era un tratto chiarissimo del dna della famiglia. Solo che, invece di vendere, comincio a comprare, a portare in giro per il mondo i capitali della famiglia. Inizio con qualche investimento diretto (Lyft, Deliveroo, ndr.) ma mi rendo conto che mai sarei potuto essere così bravo come un venture capital americano che ha miliardi da investire e un team conseguente. Più vado avanti e più so di non sapere. Così come per le macchine del caffè avevamo un distributore in Israele o Venezuela per presidiare il territorio, comincio a entrare in tanti fondi. Arrivo ad avere il 65% degli investimenti in fondi e il 35% diretti”. Cercando sempre l’occhio della tigre, che vuol dire “una visione chiara e valori che permetteranno di avere un percorso di medio termine. Non ho mai investito pensando solo al vantaggio economico, ma valutando anche l’impatto che l’impresa può avere sulla società”.

Il campo di azione, quindi, è quello dell’innovazione. “In modo naturale e forse un po’ folle sono subito stato interessato a investire soprattutto in imprese innovative, sia in Italia che all’estero: dopo Lyft e Deliveroo ci sono state Applause, Supermercato24, Treedom, SumUp e poi SpaceX, Casavo, N26, Coursera, Rapyd, TransferWise, Toast e tantissime altre”. Ma la parola startup non gli piace. “A startup io ho sempre preferito impresa, perché ho sempre pensato che iniziare non sia un mestiere. Credo che il lavoro di una imprenditrice o un imprenditore debba vedere nella continuità un obiettivo. Con la libertà di sbagliare, certo, ma anche con l’obiettivo di creare qualcosa che rimanga”. Ecco la contaminazione fra la tradizione dell’imprenditore che vuole costruire e l’attenzione al rendimento dell’investitore. “Abbiamo fatto 12 milioni di exit, da Lyft in poi. Siamo entrati in Toast a 7 dollari e ne siamo usciti a 21, solo per fare un esempio. Ma abbiamo soprattutto costruito un modello, nato per tutelare i soldi della mia famiglia, che adesso vogliamo sviluppare”.

Che cosa cambia con la sicaf? “Adesso non corro più da solo. Più andavo avanti e più facevo fatica a scalare, non bastavano più i ticket medi da 500mila dollari negli investimenti diretti o le partecipazioni da un paio di milioni nei grandi fondi internazionali. Dopo dieci anni di lavoro abbiamo esperienza, network. Allora perché il Paese non può avere accesso a questo tipo di investimento? Perché non può partecipare alla grande sfida globale dell’innovazione?”. La nuova società riceve in eredità il nome e il lavoro di dieci anni di Rancilio Cube (54 partecipazione dirette e 56 in fondi di venture capital per un valore di 37 milioni). “Ne abbiamo già aggiunti 13, entro il 2022 ne arriveranno altri 10 e contiamo di raccogliere la stessa cifra entro il 2023”, anticipa Rancilio a Forbes. Entrano solo investitori professionali o retail, ma con almeno 500mila euro. Il primo investimento del nuovo corso è l’ingresso nel fondo XVIII da 6 miliardi di dollari di Nea, un colosso del venture capital da 23 miliardi che ha in portafoglio startup come Patreon, Robinhood, Coursera e ne ha portate 260 in Borsa.

L’investimento che più lo ha deluso? “Una società americana di trading online, fondata da un italiano, un vero criminale. Succede anche quando cerchi di conoscere sempre gli imprenditori. Comunque non è vero, come si dice spesso, che su dieci investimenti sette vanno male. Succede così quando procedi lanciando le monetine. C’è venture capital e venture capital”. Ma anche Rancilio può commettere qualche errore di valutazione. “Certo, ho scartato due volte D-Orbit (startup della space economy in attesa di quotarsi al Nasdaq, ndr) e adesso devo dire chapeau”.

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