Grandi novità sotto il cielo delle biotecnologie: Jacopo Murzi è il nuovo general manager di Moderna, una nomina con cui l’azienda statunitense inaugura la propria presenza diretta in Italia. Dopo anni importanti nell’industria farmaceutica, Murzi avrà il compito delicato e ambizioso di consolidare la presenza del marchio nel nostro Paese, creando e coadiuvando un team capace di rendere ulteriormente il marchio sinonimo di eccellenza e leadership nelle tecnologie mRNA. Per capire cosa aspettarci da questo nuovo corso, Forbes.it ha parlato con Murzi e gli ha chiesto cosa ha in mente per la sua Moderna.
Qual è la sua formazione personale e professionale, e come è arrivato a Moderna?
La mia formazione è sotto il segno del management, prima con una laurea in ingegneria gestionale conseguita al Politecnico di Milano e, successivamente, con un Mba presso Sda Bocconi. Il mio cammino professionale inizia con una breve incursione nel settore della consulenza strategica per poi approdare all’industria farmaceutica dove, soprattutto in Janssen, ho sviluppato gran parte della mia carriera al servizio di molte aree terapeutiche in Italia e all’estero. Prima di entrare in Moderna sono stato general manager di Alfasigma. Entrare in Moderna per me è un nuovo inizio. Perché significa, nel mio Paese, essere alla guida di una realtà giovane, innovativa e protagonista di una rivoluzione probabilmente epocale nella medicina moderna. L’occasione, in sintesi, a cui, per come sono io, non avrei mai rinunciato.
Nelle sue prime parole da direttore generale ha dichiarato che “siamo a un punto di svolta nel settore della sanità pubblica”: potrebbe spiegarci meglio perché, e cosa c’è in gioco?
Credo che questi due anni di pandemia abbiano tracciato una linea di confine tra il Sistema sanitario “pre” e “post” emergenza Covid, richiedendo un ripensamento del paradigma organizzativo e gestionale. Il passaggio di questa patologia dallo status di pandemia a quello di endemia implica comunque un peso a carico del sistema, sia a livello centrale, sia a livello di medici di base non indifferente. Noi abbiamo la tecnologia mRNA, che permette la riduzione dei costi e dei tempi di sviluppo dei farmaci, la scalabilità dei volumi produttivi e l’efficacia preventiva nella gestione delle patologie. Riteniamo pertanto di essere un interlocutore di riferimento per tutte le istituzioni, le società scientifiche e i centri di ricerca a cui stiamo offrendo la nostra collaborazione.
Qual è il ruolo che vede per Moderna nei prossimi anni di evoluzione medico-scientifica?
La piattaforma mRNA potrebbe rappresentare una rivoluzione epocale per la medicina di domani. Sto parlando di un unico modello biotecnologico che, selezionando il filamento di Rna più appropriato, comunica al corpo umano tutte le informazioni necessarie per attivare il sistema immunitario a combattere la patologia. Finora abbiamo parlato solo di Covid e vaccini, ma mRNA sarà la risposta efficace anche contro le malattie rare, quelle autoimmuni, in area cardiovascolare, fino ad arrivare all’oncologia. In sintesi, grazie alla teconologia mRNA, passeremo da farmaci che concorrono alla remissione di una patologia, ad altri che “portano il corpo a curare sé stesso”.
Cosa dobbiamo aspettarci dai prossimi passi della piattaforma mRNA dell’azienda?
Al momento siamo attivi su ben 48 programmi di sviluppo di nuovi farmaci, a cui va aggiunto l’aggiornamento del vaccino contro il Covid e tre altri vaccini al terzo (e ultimo) stadio di sperimentazione clinica: il nuovo booster contro Sars-Cov-2, l’antinfluenzale e quello contro il virus respiratorio sinciziale. Grandi energie sono infine dedicate all’area oncologica per lo sviluppo di soluzioni terapeutiche personalizzate contro il cancro. E in questo ambito c’è già un accordo con Merck per un farmaco personalizzato contro il melanoma attualmente in fase due di sperimentazione clinica.
Quanto è importante per l’Italia avere una nuova presenza diretta all’interno di una realtà così importante?
L’Italia per Moderna, e prima del mio ingresso, è sempre stata un “primary market”. Sia perché, in area Covid è stato il primo paese occidentale a confrontarsi con la pandemia e – giocoforza – a creare un modello di gestione che ha fatto da punto di riferimento per molti altri Paesi, sia per l’eccellenza della ricerca che il nostro Paese sa esprimere. E infine, va rilevato che, finora, i vaccini a tecnologia mRNA, sono stati prodotti solo oltreoceano ed esportati in tutto il mondo. Ma la strategia di Moderna, anche grazie alle potenzialità della piattaforma mRNA, è di essere presente laddove la tempestività di reperimento dei vaccini è importante. E l’Italia non fa eccezione.
Cosa si aspetta dalla collaborazione col team di Moderna, a partire da quella col direttore medico Cinzia Marano?
Intanto mi preme precisare la centralità di un direttore medico come Cinzia Marano nello sviluppo italiano di Moderna. Figura prominente nel settore della ricerca e un “cervello di ritorno” dopo una brillante carriera sviluppata oltreoceano. Con lei stiamo costruendo un team che prevediamo raggiungere le venti persone nel prossimo anno. E, naturalmente, si tratta di talenti in linea con lo spirito di Moderna. Giovani, competenti e con uno spirito pionieristico a 360 gradi.
Quali saranno le principali direttrici lungo cui orienterà la sua azione di direttore generale?
La prima e immediata è sicuramente la creazione di una squadra ricca di talento, competenze e professionalità avendo sempre come obiettivo i pazienti che attendono con impazienza soluzioni che possano trasformare la loro condizione di salute. Credo fortemente nello sviluppo della tecnologia mRNA e lavorerò con il team italiano per consolidare la reputazione del brand Moderna in Italia quale sinonimo di eccellenza e leadership nella tecnologia mRNA, e, in quanto tale, apripista di una nuova era per la medicina.
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