Armenia, terra degli ossimori, dove convivono modernità e tradizione, pace e guerra, passato e futuro. Questo Paese di quasi 3 milioni di abitanti distribuiti in 29.743 km di superficie oggi ha molte anime diverse, e serve conoscerle tutte per capirne a pieno la direzione.
Yerevam oggi si trova sospesa tra due guerre, una lontana e una alle porte, che però non paiono rendere la vita della capitale diversa da com’è sempre stata. Anzi, questo territorio di mezzo tra est ed ovest potrebbe sfruttare proprio questo momento storico per farsi crocevia e punto d’incontro tra mondi solo in apparenza lontani.
Il conflitto con l’Azerbaijan
La dissoluzione dell’Urss ebbe molteplici conseguenze, una fu l’inevitabilmente ritorno alle differenti identità nazionali. Ma spesso questo processo di identificazione non è risultato facile, in quanto in molti stati coesistono differenti nazionalità, con lingue e tradizioni diverse.
Uno dei conflitti più celebri dell’aerea post sovietica è appunto quello del Nagorno Karabakh, regione a maggioranza armena all’interno dei confini dell’Azerbaijan. La guerra del 1994 aveva visto la vittoria armena che era riuscita a ottenere il controllo della regione ma anche di aree circostanti non abitate da armeni, causando centinaia di sfollati. Per due decenni la situazione è rimasta tesa ma stabile, fino a quando nel 2020 l’Azerbaijan ha deciso di tornare all’attacco.
Dopo un’imponente offensiva, in soli 44 giorni di guerra e oltre 7mila morti, l’Armenia si è dovuta ritirare dalla regione, e accettare l’armistizio con mediazione russa, in cui si riconosceva all’Azerbaijan il controllo di tutti i territori adiacenti il Nagorno Karabakh, nonché parte dell’ex regione autonoma.
La guerra ha causato migliaia di sfollati, ma buona parte della popolazione armena (circa 140mila persone) continua a vivere nella regione, protetta da un contingente della Federazione russa, in un contesto che pare sempre più fragile. Se infatti Mosca è da sempre alleata degli armeni, gli azeri possono contare su un altro potente amico, ovvero la Turchia. Dopo l’inizio del conflitto con l’Ucraina i rapporti di forza tra i due giganti sono però cambiati, e la voglia del Cremlino di schierarsi contro Istanbul pare sempre minore.
L’esodo russo
Ma se da un lato il conflitto alle porte è una fonte di tensione, dall’altro quello tra i due giganti dell’ex area sovietica sta portando a conseguenze inaspettate per l’economia armena. Dall’invasione russa infatti, nel solo 2022 oltre 372mila russi sono arrivati in Armenia, secondo i dati ufficiali del governo di Yerevam, che vanno a sommarsi ai 156.496 dello stesso periodo dell’anno precedente.
La repubblica caucasica, come alcuni dei suoi vicini, rimangono gli ultimi porti franchi per chi vuole sfuggire all’attuale situazione economica della Russia, o molto più umanamente sottrarsi al servizio di leva ed evitare il fronte. Molte di queste persone non si sono stabilite qui e hanno proseguito la diaspora verso l’Europa. Ma coloro che lo hanno fatto sono più che sufficienti per trasformare profondamente il tessuto sociale e l’economia del Paese.
L’aumento dei prezzi degli immobili
Una delle conseguenze più immediate per gli armeni è stato il rapido aumento dei prezzi degli immobili, in particolare a Yerevan, che ha innescato sfratti e “cacciato” la fascia a basso reddito della popolazione fuori dalle aree centrali a discapito dei nuovi affittuari russi in arrivo.
Ma allo stesso tempo, l’arrivo di decine di migliaia di russi, spesso con redditi disponibili significativamente più alti rispetto ai locali, ha contribuito a una sorta di boom economico in tutta l’Armenia. La Banca europea già nei primi mesi del 2022 era stata costretta a rivedere tutte le proprie previsioni in modo vertiginoso: dal 4,5% all’8%.
Molte delle persone che si sono trasferite sono informatici, ingegneri e professionisti qualificati, ma anche molti imprenditori o nuovi imprenditori che in Armenia hanno aperto nuovi bar, caffè, scuole e media, trasformando in modo rapidissimo la città e la sua offerta, e rendendola palcoscenico elettivo per nuove importanti manifestazioni culturali.
Armenia, nuovo punto d’incontro
Gegham Kazarian, barman-imprenditore , ha passato gli ultimi anni della sua vita in Spagna, ad Alicante, dove ha fondato “Kazari’s Project”, un progetto a 360° tra mixology, cucina, hospitality. Anche lui, come molti altri expat, ha deciso di approfittare di questo momento storico particolare per provare a tornare nel suo Paese natio e partire con nuovi progetti. Il primo e forse più importante è la Yerevan Cocktail Week.
L’evento, che si è tenuto a maggio, e conclusasi con successo, è stata un vero e proprio festival internazionale legato alla bar industry, che ha avuto ospiti da tutto il mondo, e si è svolta in diversi bar e ristoranti delle città.
Ma uno dei motivi per cui tanti professionisti ed appassionati hanno deciso di prendere un volo per raggiungere l’Armenia, è che qui si sono potuti rincontrare e assaggiare alcuni dei più celebri bartender europei e russi, storicamente abituati a scambi e collaborazioni, e ora forzatamente lontani da due anni. In questo senso l’Armenia può fungere da “Svizzera” del Caucaso, territorio di incontri e confronti culturali, di aperture e distensioni di pace tra popoli lontani. E questo non è certo cosa da poco per un Paese sospeso tra due guerre.
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