A cura di Thomas Poullaouec Head of Multi-Asset Solutions, Asia-Pacific, T. Rowe Price
Il ciclo delle elezioni presidenziali statunitensi si sta intensificando. La sfida tra il democratico Joe Biden e il repubblicano Donald Trump è molto sentita. La domanda che molti si pongono è: esiste una relazione storica tra le elezioni presidenziali e la performance del mercato azionario statunitense?
Conoscere i limiti dei dati
I dati sulle performance dei mercati impiegati in questo studio partono dal 1927. Tuttavia, in questo lasso temporale, si sono tenute solo 24 elezioni presidenziali, per cui è difficile trarre conclusioni statisticamente significative relativamente all’impatto di tali elezioni sui ricavi dei mercati azionari. Inoltre, non ci si dovrebbe concentrare su un’unica variabile che ignora i molti altri fattori che storicamente hanno guidato i rendimenti sui mercati. Alcune delle elezioni nel nostro campione si sono svolte in anni in cui i principali sviluppi economici, e non le elezioni stesse, hanno esercitato un’influenza eccessiva sui mercati azionari. Ne sono un esempio la Grande Depressione (1932), la Seconda Guerra Mondiale (1940 e 1944), lo scoppio della bolla tecnologica (2000), la crisi finanziaria globale (2008) e la pandemia di Covid19 (2020).
La tempistica delle elezioni presidenziali è stata importante per i rendimenti dei mercati azionari?
I rendimenti complessivi, medi e mediani, dell’Indice S&P 500 sono stati leggermente inferiori negli anni delle elezioni presidenziali rispetto agli anni privi di elezioni e alla media di lungo periodo degli ultimi 96 anni. Inoltre, i rendimenti dell’S&P 500 sono stati generalmente più elevati nel periodo che precede le elezioni presidenziali rispetto agli anni non elettorali. Tuttavia, dopo il giorno delle elezioni, i rendimenti dei mercati azionari, nei periodi a 1, 6 e 12 mesi, sono stati significativamente inferiori rispetto ai corrispondenti periodi degli anni senza elezioni presidenziali.
I presidenti appena eletti hanno una grande influenza sui rendimenti dei mercati azionari? Forse il mercato ha dato per scontate le promesse fatte in campagna elettorale ed è rimasto deluso da ciò che si è verificato nei 12 mesi successivi alle elezioni. Ampliando il perimetro dell’analisi al di là delle elezioni e dell’andamento storico dei mercati azionari, emerge un’altra possibile spiegazione delle performance relativamente deboli dei mercati azionari.
Per quanto riguarda la salute dell’economia, i presidenti hanno avuto poca fortuna durante il loro primo anno di mandato: più della metà (54%) dei periodi di 12 mesi successivi alle 24 elezioni presidenziali che rientrano nel nostro studio si è sovrapposta a una recessione ufficiale negli Usa, rilevata dal National Bureau of Economic Research (Nber). Questo tasso di recessioni è stato significativamente più alto rispetto alle medie degli altri anni del mandato presidenziale: 29% per il secondo anno di mandato, 17% nel terzo anno e 25% nell’anno delle elezioni. In altre parole, il mercato azionario potrebbe aver anticipato o reagito all’indebolimento delle condizioni economiche in prossimità della fine dell’anno elettorale presidenziale, considerata la maggiore probabilità di una recessione nei 12 mesi successivi.
Elezioni presidenziali e volatilità dei mercati
Fatta eccezione per i 12 mesi precedenti e per il mese immediatamente successivo al voto, l’S&P 500 ha registrato mediamente una minore volatilità negli anni elettorali e in prossimità di quest’ultimi rispetto a periodi analoghi in anni non elettorali. Queste tendenze storiche della volatilità potrebbero sorprendere, visto che, negli anni successivi alle elezioni, si verificano più di frequente delle recessioni. Tuttavia, il mercato ha sperimentato simili effetti stagionali sia negli anni delle elezioni presidenziali sia negli altri anni.
Sia negli anni in cui si sono tenute le elezioni che in quelli dove non si sono tenute, la volatilità è stata generalmente più elevata nel periodo precedente il primo martedì di novembre (data delle elezioni presidenziali statunitensi) rispetto ai corrispondenti periodi successivi al voto. Inoltre, negli anni delle elezioni presidenziali, il livello medio di volatilità dei mercati è stato massimo nel mese e nei tre mesi che precedono il giorno del voto.
L’economia ha inciso sui risultati delle elezioni presidenziali
Il partito in carica ha vinto in 13 delle 24 elezioni presidenziali oggetto del nostro studio. Un’analisi più approfondita di questo campione, seppur piccolo, suggerisce che lo stato di salute dell’economia ha giocato un ruolo fondamentale nella possibilità del partito alla Casa Bianca di vedere riconfermato il proprio mandato: solo una volta il partito in carica ha vinto quando le elezioni si sono svolte in un anno di recessione. È successo nel 1948, un anno in cui la recessione iniziò a novembre. In oltre il 70% delle sconfitte elettorali del partito in carica, l’economia era stata in recessione quell’anno o vi era entrata nei 12 mesi successivi. Se la storia delle sconfitte del partito in carica nelle elezioni presidenziali statunitensi è indicativa, gli elettori sono stati particolarmente attenti alla debolezza economica.
Cos’ha significato per le azioni la vittoria o la sconfitta del partito in carica?
Se osserviamo i rendimenti medi dell’S&P 500 in vari periodi di tempo, prima e dopo le passate elezioni presidenziali, emerge un trend. Il mercato azionario è stato tendenzialmente più debole nel periodo prima delle elezioni presidenziali che il partito in carica ha perso, riflettendo potenzialmente la maggiore incidenza delle recessioni nei lassi di tempo in questione. Tuttavia, la performance dei mercati azionari nei periodi successivi alle elezioni è stata eterogenea.
Quando il partito in carica non è riuscito a rimanere alla Casa Bianca, l’S&P 500 ha registrato mediamente livelli di volatilità più elevati prima delle elezioni e nei mesi successivi, forse a causa dell’incertezza generata dai probabili cambiamenti politici. In questi casi, il mese prima del voto ha registrato la volatilità più elevata in assoluto.
Si registrano altre due tendenze: quando il partito in carica ha mantenuto la presidenza, la volatilità è mediamente diminuita prima delle elezioni e ha registrato un modesto rialzo successivamente. Nelle elezioni presidenziali in cui il partito in carica ha perso, la volatilità ha evidenziato un significativo incremento nei periodi precedenti al voto, per poi diminuire.
Focus su economia e fondamentali
Spesso si ritiene che, nel periodo che precede il giorno del voto, sussistono delle correlazioni tra i risultati delle elezioni presidenziali statunitensi e l’andamento dei mercati azionari.
La nostra analisi quantitativa dei dati storici conferma che le relazioni, di fatto, esistono. Ad esempio, i rendimenti medi dell’S&P 500 sono stati leggermente inferiori negli anni delle elezioni presidenziali rispetto agli altri anni. Anche la volatilità sui mercati è stata mediamente più bassa in molti dei periodi in cui si sono svolte le elezioni presidenziali e attorno ad essi. Il mantenimento della presidenza da parte del partito in carica sembra altresì aver influenzato l’andamento della volatilità sui mercati.
A quanto pare, anche le condizioni economiche svolgono un ruolo importante nella scelta se far rimanere alla Casa Bianca il partito in carica o garantire la presidenza allo sfidante. Tuttavia, le performance passate non assicurano i risultati futuri. Riteniamo che le decisioni d’investimento dovrebbero basarsi sui fondamentali di più lungo periodo e non sui risultati politici a breve termine. Cercare le tempistiche giuste per fare il proprio ingresso sul mercato basandosi su dinamiche a breve termine, politiche o di altro tipo, è straordinariamente difficile.
In termini di economia e di fondamentali aziendali a livello di comparti, la politica governativa avrà una certa importanza, così come la composizione del Congresso dopo le elezioni di novembre. Quando un partito controlla la Casa Bianca e ha la maggioranza al Senato e alla Camera dei Rappresentanti, il potenziale per approvare cambiamenti legislativi significativi è maggiore. Un governo diviso, invece, rende di solito più difficile l’approvazione di cambiamenti radicali.
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