Articolo tratto dal numero di maggio 2024 di Forbes Small Giants. Abbonati!
Hewlett Packard Enterprise (Hpe) è un’azienda globale attiva nelle soluzioni di cloud ibrido, supercomputing e artificial intelligence, networking e cybersicurezza con sede principale a Houston, in Texas, e con un organico di circa 60mila dipendenti nel mondo. In Italia, Hpe è presente da oltre 50 anni con circa 1.000 dipendenti, distribuiti tra quattro sedi principali – Milano, Roma, Torino e Vicenza – e collabora con oltre 3.600 partner sul territorio per mettere a punto soluzioni tecnologiche per pubbliche amministrazioni e soggetti privati, sostenendoli nello sviluppo di nuovi modelli e servizi digitali, sicuri e sostenibili. Ne abbiamo parlato con Paolo Delgrosso, channel sales director.
In cosa Hpe si distingue rispetto ai competitor del settore?
Le aziende di tutto il mondo stanno passando da un approccio public cloud first a un approccio ibrido. Hpe è specializzato nel cloud ibrido con Hpe GreenLake. Il motivo per cui abbiamo avuto successo e siamo riusciti a differenziarci dal cloud pubblico è che quando andiamo dai nostri clienti la nostra missione è quella di risolvere tre delle loro sfide più importanti: trasformare l’azienda, modernizzare l’infrastruttura It e semplificare le operazioni degli asset It. In Italia ci distinguiamo inoltre per la capacità di creare una filiera ed ecosistema di canale locale con i nostri partner.
A chi vi rivolgete nello specifico?
Sia alle aziende private sia alla pubblica amministrazione. La modularità e la scalabilità delle nostre soluzioni ci permette di rispondere alle esigenze di realtà di diverse dimensioni, dalle Pmi alle grandi multinazionali, garantendo sempre un livello di servizio premium.
Qual è il mercato su cui siete più attivi e dove puntate a fare breccia nel prossimo periodo?
Siamo presenti da diversi anni in aziende di medie e grandi dimensioni, con le quali ci rapportiamo spesso in modo diretto, mentre per le realtà più piccole facciamo leva sul nostro ecosistema di partner, che per la diffusione sul territorio e per la conoscenza delle realtà locali rappresentano un importante valore aggiunto. Grazie a questo approccio, siamo in grado di rendere accessibili anche alle piccole e medie imprese tecnologie come Hpc e Ai, fino a qualche anno fa appannaggio esclusivo delle aziende di grandi dimensioni.
Come vi ponete rispetto alla sfida legata all’intelligenza artificiale?
L’Ai, e l’Ai generativa in particolare, sono le grandi protagoniste di questo periodo storico, dal momento che possono trasformare i dati provenienti da dispositivi connessi, data center e cloud, in informazioni che possono favorire innovazioni in tutti i settori, dalla digitalizzazione delle piccole e medie imprese fino alla lotta al cambiamento climatico, dall’efficienza della pubblica amministrazione all’impulso a progressi rivoluzionari nel campo della medicina. Chi saprà sfruttare i dati per diventare un’azienda Ai-driven godrà dunque di un grande vantaggio competitivo.
Quali sono i progetti su cui state puntando maggiormente in questi ultimi anni?
Oggi circa il 73% delle imprese non ha un piano di ripristino del dato. Considerando questo aspetto, riteniamo che sia sempre più importante investire in business continuity e disaster recovery. Soltanto in questo modo riusciremmo a costruire l’infrastruttura adeguata a garantire la continuità operativa di qualsiasi azienda.
Infrastrutture in Italia: come siamo messi?
Ci sono luci e ombre: si stima che il mercato digitale nel 2026 possa superare i 90 miliardi di euro, con l’Ai che farà registrare un tasso medio di crescita annua tra il 2023 e il 2026 del +28,2%. Nonostante questo, molti degli imprenditori intervistati ritiene che la qualità delle infrastrutture di telecomunicazioni in Italia non sia ancora allineata agli standard europei, principalmente a causa dei ritardi negli investimenti nella fibra e nel miglioramento della qualità dei dati center. Anche la Commissione europea ritiene ci sia un notevole gap di investimenti rispetto al raggiungimento dei target 2030 di connettività digitale ultraveloce, prevedendo un fabbisogno pari a 173 miliardi di euro a livello continentale. Somme imponenti ma giustificate dai numeri che stimano, per la sola Italia, un contributo del 5G al Pil entro il 2025 per 96 miliardi di euro e un impatto sulla creazione e trasformazione di 2,3 milioni di posti di lavoro.
Qual è la vostra posizione sui temi di green economy e sviluppo sostenibile?
Hpe è stata la prima azienda It a stabilire obiettivi climatici basati su criteri scientifici. L’azienda è da tempo impegnata, nell’ambito della circolarità, in programmi mirati a estendere il ciclo di vita delle risorse tecnologiche. Arriviamo così a tassi di riutilizzo fino al 99,5%. Ma un importante contributo alla salvaguardia del pianeta arriva anche dalle nostre tecnologie, è il caso, ad esempio, di Lumi, uno dei super computer più veloci ed ecologici al mondo che sta costruendo un ‘gemello digitale’ della terra per comprendere meglio l’impatto dell’attività umana sui cambiamenti climatici.
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