Un solco tra Cina e Stati Uniti, Trump sulle orme di Kissinger. Negli anni ’70, l’allora segretario di Stato americano perseguì una distensione con la Cina, separandola ulteriormente da Mosca. Donald Trump vorrebbe fare lo stesso, ma con una strategia inversa: essere meno ostile a Putin per indebolire la sua partnership con Xi Jinping. L’esito però è incerto. Tra i due leader autoritari, Putin e Xi Jinping, c’è una sintonia personale e una forte convergenza di obiettivi, nel senso che vogliono entrambi abbattere l’ordine mondiale a guida americana. L’altro grande ostacolo è l’economia. All’epoca di Kissinger, Cina e Russia non erano interdipendenti, mentre oggi lo sono.
“La cosa che proprio non vuoi che accada è che Russia e Cina si uniscano. Dovrò disunirle, e penso di poterci riuscire”, si è vantato Trump in un’intervista con la star del giornalismo di destra Tucker Carlson. Ma dopo la guerra in Ucraina, che ha tagliato la Russia fuori dal mercato europeo, i due paesi sono diventati complementari. Ecco alcuni dati. Il 30% delle esportazioni russe vanno in Cina: materie prime come petrolio, gas, metalli, carbone. E viene sempre dalla Cina il 40% delle importazioni russe, prodotti manifatturieri come macchinari, componenti elettronici e tecnologie essenziali per l’industria, inclusi i settori della difesa e delle telecomunicazioni.
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Questa dipendenza si sta intensificando, per via delle sanzioni e delle necessità militari, e sarà molto difficile invertire la rotta. Richiederebbe uno sforzo coordinato americano ed europeo per aumentare il commercio con la Russia, un’ipotesi piuttosto inverosimile. L’America scambia poco con la Russia e non ci sono grandi interessi commerciali che spingano a un rapporto più stretto; l’Europa, per parte sua, ha allargato la rosa di fornitori d’energia e difficilmente vorrà tornare a essere così dipendente da un regime oggi ostile e aggressivo.
Le relazioni tra Russia e Cina
Per certi versi le relazioni tra Russia e Cina non sono mai state così buone. È vero che negli ’50 avevano stretto un’alleanza per fare fronte comune nella guerra fredda. Ma l’alleanza fu instabile e breve. Nel giro di qualche anno naufragò. La realtà è che quando Kissinger organizzò il suo viaggio segreto in Cina, nel 1971, le due potenze comuniste erano già in cattivi rapporti. Nel 1969 c’era stato addirittura uno scontro lungo il confine. Gli Stati Uniti furono abili a sfruttare questa spaccatura – a sfruttarla, non a crearla.
Allo stesso tempo, è vero che Putin ha alcune buone ragioni per essere ottimista riguardo a Trump. Il presidente eletto vuole chiudere in fretta la guerra in Ucraina. Questo non significa voler svendere il paese aggredito. Ma un minore interesse e impegno americano certamente complica la resistenza di Kiev. L’obiettivo di Putin resta massimalista: riportare gran parte dell’Ucraina, non solo i territori militarmente occupati, nella sfera di influenza russa. Se ci riuscisse sarebbe una sconfitta anche per gli Stati Uniti, e rafforzerebbe – invece di indebolire – il legame tra Putin e Xi Jinping.
Il tema dei tassi d’interesse
Nel frattempo, l’economia russa comincia a mostrare seri problemi. È cresciuta malgrado tutte le sanzioni grazie a enormi spese militari. Il campanello d’allarme sono i tassi d’interesse altissimi (altre il 20%) che la banca centrale applica per sostenere il valore del rublo. E ciononostante la valuta russa è crollata a novembre. Un rublo debole aumenta il costo delle importazioni dalla Cina, mentre tassi d’interesse elevati scoraggiano gli investimenti. Le previsioni dicono che l’economia rallenterà in modo brusco nel 2025.
E’ probabile che la strategia più corretta per separare Russia e Cina non sia cedere alla prepotenza del dittatore. Più sanzioni e sostegno all’Ucraina farebbero capire la futilità del progetto di Putin. Succederà? Lo zar ha buone ragioni per essere ottimista.
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