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Non capita tutti i giorni di assistere al tracrollo di un indice di Borsa del 38%. E infatti non accadeva da decenni. Quello di ieri della Borsa di Buenos Aires (-37,93%) è stato il secondo maggiore calo a livello mondiale negli ultimi 70 anni.
Il risultato delle primarie per le presidenziali che hanno visto la sconfitta del presidente argentino, il liberale Mauricio Macri (33,27% dei consensi, contro il 48,86% del rivale peronista Alberto Fernandez), lascia infatti intravvedere l’avvio di una nuova stagione di controlli dei capitali per il Paese latino-americano. Scenario che potrebbe far propendere gli investitori internazionali a ritirare i propri capitali dal Paese.
Tutto è condizionato all’andamento delle elezioni del prossimo 27 ottobre, ma tanto è bastato a far schizzare oltre il 70% le probabilità di un default del Paese nel corso dei prossimi 5 anni (in precedenza tali possibilità si attestavano al 50%).
Gli analisti di Equita, uno dei principali broker italiani, nella loro nota giornaliera si sono interrogati su quali siano le società italiane maggiormente esposte, in termini di fatturato, al mercato argentino. E che potrebbero pertanto subire contraccolpi a causa dell’instabilità del Paese.
Ecco l’elenco stilato dagli analisti:
– Tenaris (10-12% del fatturato di gruppo, stima)
– Enel: circa 3% dell’Ebitda
– Guala: circa 4% del fatturato
– Settore auto: Sogefi-Carraro <5% del fatturato, CNH 4%, Pirelli c2%, Fca 1%
– Masi: circa 5% del fatturato.
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