articolo tratto dal numero di dicembre di Forbes Italia
Le opere d’arte, le automobili e i vini oggi vengono circoscritti nella categoria dei cosiddetti passion asset. Insieme a Vincenzo Santelia, ceo di Finarte, abbiamo parlato di quali cambiamenti stanno impattando il mercato delle aste in Italia e all’estero.
Passione e investimento sono due termini conciliabili?
I dati parlano del fare investimento come elemento che contraddistingue il fare acquisti di opere d’arte. Ma per noi questo aspetto non costituisce mai il primo motivo dell’acquisto di un’opera. Durante un’asta l’acquirente si aggiudica un’opera dopo una battaglia con altri potenziali pretendenti, e non sempre al prezzo inferiore. Questa lotta presuppone una motivazione passionale, che è ineludibile dall’acquisto in asta.
Quindi la passione è ancora l’elemento dominante?
Elemento altrettanto importante è l’ossessione, che porta il collezionista a pensare di essere la persona più titolata a possedere un oggetto raro e prezioso. Chi acquista spesso si autoproclama il migliore custode di un oggetto, che nel caso dei più prestigiosi all’interno delle collezioni, dialoga con l’immortalità. Nondimeno, dobbiamo considerare anche le nuove esigenze che emergono nella nostra clientela. Mi sono occupato di consulenza strategica di livello internazionale. Per l’investimento sic et simpliciter ho altre idee.
Che cosa consiglia Finarte ai suoi clienti?
Il nostro compito è quello di proporre alla nostra clientela buoni affari. In un costante dialogo con loro, non possiamo eludere il tema della componente di rischio dell’investimento, che è altrettanto forte.
Quali sono gli altri cambiamenti evolutivi che si stanno verificando nel mercato delle aste in Italia e all’estero? E come risponde Finarte a queste evoluzioni?
I cambiamenti che sono in atto nel mercato sono relativi a più fattori: il primo è di carattere generazionale. Il nostro cliente più tipico appartiene a una generazione più giovane rispetto ai nostri collezionisti storici. Il secondo è nelle caratteristiche: oggi nelle file dei nostri clienti si trovano startupper e imprenditori che vengono da una formazione
meno storico-letteraria e più utilitaristica. Inoltre, prendiamo atto dell’ampliamento dei confini geografici del mercato dell’arte che, con l’inclusione di nuovi paesi, abbraccia realtà lontane dalla nostra per mentalità e abitudini, come ad esempio la Russia e la Cina, alle quali oggi non possiamo non rivolgerci.
In che modo Finarte si adegua a questo scenario?
Il nostro compito è aprire questi nuovi collezionisti alla classica liturgia delle case d’asta, rinnovandola. A questo scopo abbiamo aperto una sede nuova a Milano in via Paolo Sarpi, elegante come una galleria d’arte. Inoltre stiamo traducendo i nostri contenuti online anche in cinese. Ma questi sono piccoli gesti del nostro operato quotidiano. Il
nostro impegno costante è volto a rendere le aste migliori in termini di accessibilità e trasparenza.
L’investimento nell’online rientra nella strategia di Finarte?
Certo. Le transazioni online sono molto cresciute negli ultimi anni. L’online è una sfida importante nel settore delle aste, che porta a modifiche radicali nel nostro modo di profilare i clienti e di fare marketing. La diffusione dell’online implica il rinnovamento delle nostre correnti modalità di valorizzazione dell’opera, lungo la direzione, ancora tutta da esplorare, dell’ipertestualità.
Quali sono i progetti futuri?
I nostri obiettivi sono diversi. Il primo di questi è crescere e ampliare i nostri dipartimenti. Abbiamo aperto l’anno scorso le aste di automotive, diventando leader sul mercato italiano in questo comparto. Ancora più recente è l’apertura di aste dedicate a vini e distillati e al lusso. Questi incanti hanno suscitato un grande interesse. Passo successivo sarà ampliare il numero delle aste, anche nei comparti più tradizionali come quello dell’arte moderna e contemporanea, creando sessioni di carattere sempre più specialistico. Infine il consolidamento: dopo l’acquisizione di Minerva, intendiamo proseguire con acquisizioni di piccole realtà.
Quali sono gli obiettivi del suo recente nuovo incarico?
Creare una casa d’asta italiana che possa essere leader al mondo. E finalmente sognare che Milano possa tornare a essere una piazza di riconosciuto livello internazionale come lo è nella moda, capace di competere con Londra e New York. Questo implicherebbe il superamento di quella realtà fortemente parcellizzata che c’è oggi nel nostro paese nel settore delle aste, verso la costruzione di un operatore italiano forte e competitivo nei confronti dei giganti internazionali.
Dalla consulenza strategica a Finarte: ci racconta come ha deciso di ricoprire il ruolo di ceo?
Ho scelto il settore delle aste perché mi diverte. Cambiare è importante, e per me l’emozione di vedere lo svolgimento delle nostre battute e lavorare con uno staff giovane pieno di passione è un grande motore di motivazionale.
Vincenzo Santelia, lei ha mai collezionato?
No, ma oggi lo farei. Quando vedo alcuni lotti di arte antica che offriamo a prezzi d’affare mi viene voglia di comprarli.
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