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Fuga dagli immobili di Donald Trump? Ecco quanto gli potrebbe costare l’assalto a Capitol Hill

Donald Trump
(Photo by Chip Somodevilla/Getty Images)

Articolo di Dan Alexander apparso su Forbes.com

Gli ultimi 12 giorni sono stati sconvolgenti per la Trump Organization, anche se non paralizzanti. Innanzitutto, è arrivata la notizia che Shopify ha interrotto l’attività di e-commerce del presidente che, da sola, garantiva un ritorno economico di 931mila dollari l’anno. Successivamente, la Professional Golfers’ Association ha annunciato lo slittamento al 2022 del Pga Championship, che potrebbe costare a Donald Trump un paio di milioni di vendite l’anno. Infine, New York City ha affermato che avrebbe annullato i contratti del presidente, che forniscono circa 18 milioni di dollari di entrate l’anno. In ogni caso, non abbastanza per destabilizzare un impero da circa 600 milioni di dollari.

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Il danno economico però potrebbe non essere finito qui. Mercoledì, due affittuari di Donald Trump, TB Alliance e le Girl Scouts della Grande New York, hanno rivelato che stanno cercando un modo per lasciare il grattacielo di Wall Street del presidente. Ovviamente, se più affittuari decidessero di seguire il loro esempio e, di conseguenza, di rescindere o non rinnovare i contratti di locazione in essere, i problemi per Donald Trump potrebbero aumentare. Le sue proprietà commerciali-immobiliari, infatti, generano annualmente un affitto stimato di 191 milioni di dollari. E poiché un’alta percentuale di quella rendita si trasforma in profitto, questi beni costituiscono circa il 59% del patrimonio di 2,5 miliardi di dollari del presidente. In sintesi, se si vuole capire l’effetto dell’assalto al Campidoglio sul patrimonio di Donald Trump, bisogna inevitabilmente conoscere quale è l’impatto sulle sue proprietà immobiliari commerciali.

Donald Trump e le proprietà in affitto

Avendo ben chiaro questo aspetto, Forbes ha contattato circa 140 affittuari di Trump per capire se hanno intenzione di rimanere negli edifici del presidente. È evidente che pochissimi di loro hanno voluto rispondere. Circa 120 non hanno risposto affatto. Una mezza dozzina o giù di lì hanno risposto, ma non hanno dettagliato i loro piani. Circa 10 hanno rifiutato di commentare. Solo tre società – Neuberger Berman, Santander e un’azienda giapponese chiamata KNT-CT Holdings – erano disposte a dichiarare di non aver intenzione di modificare i loro contratti di locazione. Queste tre società affittano tutte uno spazio all’interno del 1290 Avenue of the Americas, dove Trump possiede una quota del 30% insieme al Vornado Realty Trust, quotato in borsa, che gestisce la proprietà.

Rescindere dai contratti di locazione può essere costoso. Ad esempio, secondo quanto emerge da un prospetto del 2015, Walgreens Boots Alliance per rescindere anticipatamente un contratto di locazione al 40 Wall Street (Trump Building) dovrebbe pagare una commissione di 2,9 milioni di dollari, pari a quasi due anni di affitto. Non c’è da stupirsi, quindi, che alcune aziende siano state sì veloci nell’attaccare il presidente, ma un po’ lente nel fare cambiare i propri contratti di locazione. Ad esempio, la società immobiliare Cushman & Wakefield ha dichiarato al Washington Post che “ha preso la decisione di non fare più affari con la Trump Organization”. Sembra chiaro che non presteranno più i loro servizi immobiliari alla Trump Organization, ma la società rimarrà all’interno del 1290 Avenue of the Americas, dove attualmente pagano circa 16,2 milioni di dollari di affitto l’anno, di cui 4,8 milioni attribuibili a Trump? I rappresentanti dell’azienda non hanno lasciato dichiarazioni.

Hadassah, un’organizzazione che sostiene le donne ebree, ha rilasciato una forte dichiarazione il giorno dell’assalto al Campidoglio. “Il comportamento criminale e gli eventi di questo pomeriggio sono abominevoli, così come i tentativi di distruggere la democrazia con l’incitamento alla violenza”, ha detto. “In quanto ebrei, conosciamo il potere delle parole e chiediamo ai nostri leader eletti di alzare il livello dei propri discorsi e di guidarli con civiltà”. Il messaggio era una chiara condanna a Trump, che ha mentito per mesi sui risultati delle elezioni e che, per caso, possiede l’ufficio di Hadassah al 40 di Wall Street. Anche i rappresentanti di questa società non hanno risposto alle domande sul loro contratto di locazione, che costa 1,6 milioni di dollari all’anno.

Diverse grandi aziende hanno voluto rivalutare le loro donazioni politiche sulla scia della rivolta del Campidoglio, tra cui Bank of America, Goldman Sachs, Microsoft, JPMorgan Chase, Morgan Stanley e Blue Cross Blue Shield. Sono tutti affittuari di Trump, che forniscono complessivamente un affitto stimato di 14 milioni di dollari l’anno al presidente. Nessuno ha detto se intende apportare modifiche ai contratti di locazione.

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Il silenzio lascia grandi interrogativi sul futuro degli affari di Trump. La maggior parte dei suoi stimati 191 milioni di dollari di affitti commerciali è collegata a contratti di locazione che scadranno dopo il 2023, quando gli animi potrebbero essersi raffreddati. Ma alcune delle società che hanno espresso pubblicamente preoccupazioni sulla scia dell’assalto al Campidoglio hanno accordi che terminano prima, sempre presupponendo non li abbiano rinnovati di recente. A partire dal 2019, quando Forbes ha ottenuto un documento che descriveva in dettaglio molti dei contratti di affitto di Trump, Goldman e JPMorgan Chase avevano contratti di locazione che sarebbero scaduti nel 2021. Morgan Stanley e Microsoft li hanno in scadenza nel 2023. Quelli di Bank of America e Cushman & Wakefield, invece, sono bloccati fino al 2025.

C’è anche un altro aspetto da considerare: se l’assalto al Campidoglio influenzerà la capacità di Trump di attirare nuovi affittuari. Uno dei contratti di locazione più importanti del presidente riguarda Nike, che deve circa 13 milioni di dollari l’anno per lo spazio nella 6 East 57th Street di New York (NikeTown). La società di vendita al dettaglio si è trasferita dall’edificio alcuni anni fa e ha un contratto di sublocazione con Tiffany, che probabilmente lascerà nel 2022. Ciò significa che il presidente potrebbe presto cercare un nuovo rivenditore per sottoscrivere un contratto di locazione multimilionario con lui — con tutte le complicazioni che ne potrebbero derivare.

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