Il rapporto tra il mondo del tennis e la moda va avanti a gonfie vele ormai da diversi anni. René Lacoste e Fred Perry sono stati i primi a inaugurare, tra gli anni ’20 e ’30, la produzione di polo per lo sport della racchetta. Poi, nell’arena degli sponsor tecnici arrivarono anche Lotto e Sergio Tacchini. Ma è verso la fine degli anni ’80 che a dividersi la scena sono arrivati due colossi dell’abbigliamento sportivo: Nike e Adidas. Un duopolio che fino a qualche tempo fa sembrava del tutto inscalfibile, soprattutto da un marchio low cost.
Sembrava, appunto. Perché a smentire questa ipotesi è stata dapprima la svedese H&M, che nel 2014 ha arruolato il giocatore ceco Tomas Berdych. Più di recente anche il brand giapponese Uniqlo si è mosso con disinvoltura sui campi da gioco. Ieri il brand, in occasione del primo match del torneo di Wimbledon, ha vestito Roger Federer spodestando di fatto l’americana Nike alla quale il campione svizzero era legato fino allo scorso marzo da un contratto di lungo termine che durava da più di vent’anni.
Ma chi è questo nuovo player nipponico? Uniqlo fa parte del gruppo Fast Retailing, fondato nel 1949 a Ube (nella prefettura giapponese di Yamaguchi) e guidato dal 2005 da Tadashi Yanai. Nonostante sia poco conosciuto in Italia, oggi rappresenta una dei più grandi produttori di abbigliamento per uomo, donna e bambino, tanto da dominare la scena del casualwear a livello mondiale insieme a competitor come Zara, Gap e J.Crew. Soprattutto però, negli ultimi anni l’etichetta, che per cinque anni ha vestito anche il campione serbo Novak Djokovic, ha spinto l’acceleratore su una serie di partnership creative come quella con Bottega Veneta, Inès de la Fressange (musa di Chanel negli anni Ottanta) e da ultimo con J.W. Anderson, avviata nel 2017 e al secondo round con una capsule di bluse, gonne, abiti e borse per questa estate.
Oggi, la strategia di sviluppo del marchio, che nel 2019 si prepara al ritiro del ceo di Fast Retailing, punta soprattutto sul rafforzamento di due canali: la distribuzione retail e la crescita del segmento online. Presente in Oriente con store in Malesia, Thailandia, Corea, Giappone e Hong Kong, soprattutto negli ultimi anni il brand ha cercato di rafforzare la sua presenza anche in Occidente con nuove aperture in Francia, Germania, Regno Unito, Belgio, Spagna (lo scorso anno ha anche battezzato il primo e-commerce in lingua) e infine Italia, dove si prepara a sbarcare nel 2019 con uno store di oltre 2mila metri quadrati a Milano nel cuore di Piazza Cordusio. Senza dimenticare, a livello globale, gli opening di altri tre mercati cruciali: l’India, dove Uniqlo dovrebbe arrivare con il primo negozio a Delhi nel 2019, la Danimarca con l’apertura di Copenhagen nella primavera 2019 e la Svezia, dove la label prevede di sbarcare entro l’anno con l’obiettivo di posizionarsi nel mercato svedese come rivale della padrona di casa H&M. Ma è soprattutto la piazza asiatica quella dove Uniqlo riscuote maggior successo. Almeno stando agli ultimi dati diffusi dalla controllante, che hanno evidenziato nel primo semestre dell’anno ricavi in Giappone per 493,6 miliardi di yen (+8,5%).
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