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Scaroni al timone del Milan per far valere 40 anni di relazioni

Paolo Scaroni

Quando, nella primavera dello scorso anno fu sancito il passaggio del Milan a Yonghong Li, fece scalpore la nomina di Paolo Scaroni nel nuovo cda. Come mai proprio il manager da sempre vicino a Berlusconi in prima linea nel nuovo corso societario, che si è affrettato a smentire tutte le cattiverie circolate sul mercato su presunti legami tra vecchia e nuova proprietà? A questa domanda si rispose ricordando la profonda conoscenza dell’ambiente finanziario da parte di Scaroni e la fiducia riposta in lui da Paul Singer, fondatore del fondo Elliott e finanziatore di Li, e i dubbi si sopirono.

Ristrutturazione profonda
Tramontata la stagione cinese, con l’escussione del pegno da parte di Elliott, Scaroni è stato indicato come nuovo presidente del club. Un mandato che, secondo le voci che circolano negli ambienti finanziari, non sarà così breve come sembrava fino a poco fa. Il fondo hedge americano pare intenzionato a ristrutturare e gestire il club rossonero per il tempo necessario a renderlo di nuovo appetibile agli occhi degli investitori, in modo da rivenderlo con una lauta plusvalenza. Come è nella norma di chi di mestiere si occupa di finanza. Non a caso, si parla di un piano triennale che partirà con un calciomercato 2018 in sordina (il pareggio di bilancio è la priorità, tanto che si parla di una o due cessioni eccellenti, per poter acquistare poi un centravanti e un centrocampista, secondo i desiderata espressi da mister Gattuso), per tornare a investire dalla prossima stagione.

Marco Fassone, ceo del Milan.

Uomo di industria e manager pubblico
Con Marco Fassone che si appresta a essere confermato come amministratore delegato e quindi guida operativa della società, a Scaroni toccherà un compito che non sarà di mera rappresentanza. È stato scelto come presidente per far valere la sua rete di relazioni internazionali costruita in 40 anni di una carriera. Certo, “l’unico modo per ringiovanire è cambiare”, come il manager disse al Financial Times al momento di entrare in Rothschild nel 2014, ennesima esperienza di una carriera iniziata dopo la laurea in Bocconi e un master alla Columbia presso la multinazionale della consulenza McKinsey, per poi proseguire in Saint Gobain, in Techint e in Pilkington, prima del ritorno in Italia, dove tra gli altri ha guidato i colossi statali Enel (dal 2002 al 2005) ed Eni (2005-2014). Incarichi pubblici ottenuti sotto governi di differente orientamento politico, sebbene il legame più forte sia sempre stato con Silvio Berlusconi, che nel 2007 gli ha ceduto un pacchetto simbolico di azioni del Milan (12). Il Cavaliere, dicono i ben informati, ne ha sempre sottolineato con gli amici la capacità di tessere relazioni a livello internazionale come pochi sono capaci di fare nel nostro Paese (non a caso è vicepresidente di Rothschild, fondata e gestita dalla famiglia di banchieri più potenti al mondo) e la discrezione.

Il fil rouge interrotto con la politica
La scintilla non è però scattata con Matteo Renzi, che nella tornata di nomine della primavera 2014 – e in piena campagna di rottamazione che non vedeva di buon occhio gli inciampi giudiziari del manager vicentino – lo ha sostituito alla guida della società petrolifera con Claudio Descalzi, sebbene lo stesso Scaroni si fosse speso in suo favore poche settimane prima spiegando dell’allora rottamatore. “Ha impeto, è davvero una persona che vuole riformare il Paese, e riformare il Paese a volte non equivale a essere popolari ma quando si vuole qualcosa davvero si è già a metà strada”. Il terremoto elettorale del 4 marzo scorso non lo ha però spiazzato. Intervistato a caldo da Bloomberg Tv, Scaroni si è affrettato a parlare di uno scenario “non così malvagio come potrebbe sembrare”, mostrandosi così più lesto di altri manager italiani nel porgere un ramoscello d’ulivo ai vincitori anti-establishment.

Passione sportiva
Sta di fatto che la stagione di grand commiss sembra tramontata, ma non la voglia di protagonismo di Scaroni, che da uomo di sport (è appassionato di golf, sci e calcio, con una passione sfrenata per la squadra della sua città, il Vicenza, prima ancora per il Milan) si rimette in gioco a 72 anni in una missione per nulla facile: ridare lustro al club italiano più prestigioso a livello internazionale e riportarlo in equilibrio, dopo che l’ultimo bilancio si è chiuso con un passivo di 72 milioni di euro. Non sarà facile.

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