Un progetto che ha richiesto investimenti milionari e dieci anni per essere ultimato, nato da un accordo fra l’emirato fondato da Zayed e il ministero della cultura francese, Louvre Abu Dhabi si staglia sull’isola di Saadiyat al centro di quello che sarà un cultural district, in cui troveranno posto un Guggenheim Museum di Frank Gehry e il Zayed National Museum, firmato Norman Foster. Abbiamo visitato per i lettori di Forbes il museo, che ha aperto lo scorso novembre.
Il concetto che ispira il museo è: “Tutto quello che è nell’universo è dentro di te”. Il Louvre di Abu Dhabi si apre con questa frase del poeta e mistico di origine persiana Jalal Al-Din Rumi: l’esposizione permanente della collezione rappresenta una rilettura della storia delle civiltà umana basata sulla comparazione della civiltà indo-europea e mediterranea con quella orientale, ovvero cinese, giapponese, indiana, e infine africana. Il Louvre Abu Dhabi, che aspira ambiziosamente a essere l’estrema eccellenza in fatto di musei, racconta una storia dell’arte che risponde a un’idea di universalità e tolleranza. Questa narrazione, frutto ultimo della globalizzazione, appare una dichiarazione di modernità ancora più forte in uno Stato come quello degli Emirati Arabi Uniti che convive gomito a gomito con principati culturalmente molto conservatori.
Alla base del Louvre Abu Dhabi si trova l’omonimo museo di Parigi che ha siglato un accordo con il Dipartimento per la Cultura e il Turismo dell’Emirato (Tdic) per l’utilizzo del logo per i prossimi quindici anni, e un comodato d’uso di un nucleo di trecento opere per formare la collezione permanente. L’accord che vede come capofila il Louvre, chiuso attraverso l’Agence France-Muséums, coinvolge anche altre prestigiose istituzioni francesi, come le Musée du quai Branly, il Musée Rodin, le Centre Pompidou, il Musée d’Orsay e l’Orangerie e le loro collezioni.
Ma all’accenno circa la dipendenza europea della collezione permanente, i rappresentanti del museo affermano che il Louvre Abu Dhabi sta acquistando opere sul mercato per creare una collezione propria. La politica di acquisizioni è aggressiva: non è ufficialmente confermato, ma si vocifera di un budget annuale multimilionario riservato non solo agli acquisti sul mercato, ma alle commissioni a superstar dell’arte contemporanea di opere site-specific concepite appositamente per i suoi spazi.
I prestiti dalle collezioni saudite fanno il resto: fino all’inizio di questo mese il Louvre Abu Dhabi avrebbe dovuto esporre il celeberrimo Salvator Mundi di Leonardo da Vinci, acquistato lo scorso anno in asta da Christie’s da un principe per la cifra record di 450,3 milioni di dollari (la mostra è poi stata rimandata a data da destinarsi).
L’architettura: fra funzionalità e sacralità. Jean Nouvel ha ricevuto l’incarico di realizzare un’architettura per coprire gli enormi spazi di 6.400 metri quadri, in cui la funzionalità è uno degli obiettivi di un progetto che rispetta innanzitutto le esigenze di fruizione del visitatore. Ma non solo. La parte esterna dell’architettura che si allunga sulla riva dell’isola di Saadiyat si apre in modo imprevisto sull’acqua, rivelando una copertura traforata di 7.850 stelle la quale, ispirata allo stile della medina, è una concessione alla bellezza assoluta e perfetta dell’acqua e della luce, che gioca con le aperture creando giochi differenti nelle diverse ore del giorno.
I manufatti della collezione in mostra sono scelti con molta accuratezza, in una selezione pensata per illustrare il concetto storiografico e stupire costantemente il visitatore. Le sale si dipanano fra sculture della statuaria classica greco-romana, mummie egizie e sculture buddiste di pregio. Immersa in buio sacrale è la sala che espone un’antica Torah recuperata nello Yemen, accanto a un bellissimo Corano Blu, una Bibbia di epoca gotica e una sutra buddista. Fra i prestiti più significativi dal Louvre francese si sottolinea la Belle Ferroniére di Leonardo da Vinci del 1495-1499, opera eccellente qui presentata nelle vesti di capolavoro assoluto, pari alla Gioconda. Non sono da meno, nella lista dei prestiti di grande pregio, una Madonna con Bambino di Giovanni Bellini del 1480-85, la Donna allo specchio di Tiziano (1514). Scorrendo le sale troviamo anche un Autoritratto di Van Gogh, proveniente dal Musée d’Orsay, una Standing woman di Alberto Giacometti dal Centre Pompidou, un Globo di Vincenzo Coronelli. Non può mancare poi il celeberrimo Pifferaio di Manet del 1866; il classico Scolabottiglie di Duchamp, invece, è accostato a una scultura africana coeva irta di punte.
Passando alla parte della collezione che ospita gli acquisti recenti, il visitatore può incontrare un’opera di rara qualità di Picasso del 1928 (Un ritratto di donna); una composizione di Piet Mondrian (Composition with Blue Red and Yellow, 1922); un Magritte inedito (The Subjugated Reader, 1928); un ciclo di opere di Cy Twombly su nove pannelli (Untitled I-IX, 2008), ispirate alla scrittura orientale. Si tratta di opere che un qualunque esperto di mercato dell’arte moderna stimerebbe fra i 7 e i 40 milioni di dollari ciascuna.
Lo sbocco del museo non è soltanto al mare, ma anche al contemporaneo, con una collezione dell’arte dei giorni nostri ove non poteva mancare Ai Wei Wei (A Foundation of Light, 2016, in ferro e cristalli di vetro), e il nostro Giuseppe Penone. Una piccola sorpresa è la presenza di Jenny Holzer, artista americana di posizioni progressiste e femministe, che ha sorprendentemente realizzato un’opera monumentale dedicata al tema della scrittura sacra. Per concludere, il Louvre Abu Dhabi risponde positivamente alla sfida di creazione di un museo attraverso soluzioni ad hoc, e posizionandosi su un territorio di acquisizioni di opere oggi difficilmente percorribile da qualunque altra istituzione contemporanea. Di certo, se capitate da queste parti, merita una visita.
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