Articolo apparso sul numero di ottobre 2018 di Forbes Italia.
Si definisce un sognatore, Arthur Arbesser. Forse perché, dopo sette anni da “Re” Giorgio Armani, decise di mollare tutto e mettersi in proprio senza nessuno che lo finanziasse. “Nel 2013 ho avuto il coraggio di intraprendere un percorso tutto mio, di fare il salto nel buio. Pensavo di essere pronto, poi ho capito che nella moda l’esperienza non è mai abbastanza”, racconta ridendo. Eppure il destino sembra aver dato ragione a quel guizzo di follia: dal 2013 a oggi, le cose sono andate di bene in meglio. Tanto che oggi Arthur Arbesser è il direttore creativo del marchio Fay ed è considerato uno degli astri nascenti della moda italiana. Italiana, sì, benché Arthur sia un viennese purosangue.
Classe 1983, a Milano si è trasferito dodici anni fa, dopo la laurea alla Central Saint Martins di Londra, una delle accademie più prestigiose al mondo per il fashion design. “Terminati gli studi in Uk sentivo che qualcosa mi spingeva a Milano. E chi rappresentava al meglio la moda milanese? Giorgio Armani, chi altro. Detto fatto, iniziai subito da lui”. Quando recise il cordone ombelicale con la maison milanese, la stampa internazionale riconobbe subito il suo talento. “Avevano compreso la purezza del mio intento, la mia anima un po’ romantica e ingenua. Inoltre, Milano era bisognosa di qualcosa di fresco, che avesse carattere”.
Alla stampa italiana invece ci volle più tempo, ma la consacrazione arrivò con la vittoria al concorso Who is On Next di Vogue Italia. “Da quel momento è partito un treno molto positivo per me. Un treno che non ha fermate pianificate, ma che procede molto velocemente”. E nel 2015, Arthur si è ritrovato a ricoprire il ruolo di direttore creativo da Iceberg. “È stata un’esperienza formativa. Ho capito chi sono, cosa voglio e quali sono i miei punti di forza. Quando si è conclusa la collaborazione con la famiglia Gerani, sono tornato a focalizzarmi sul mio brand, che non ho mai abbandonato”.
Anche oggi, Arthur si divide tra Fay e la propria collezione. L’ultimo progetto è una capsule collection dedicata al Modernismo viennese, sviluppata su richiesta dell’Ente per il turismo di Vienna in occasione delle celebrazioni per il centenario della morte di Gustav Klimt, Egon Schiele, Otto Wagner e Koloman Moser. Un ritorno alle origini che ha permesso ad Arthur di ripercorrere il proprio dna creativo. “Le architetture di Wagner, il design di Hoffmann o i ritratti di Schiele fanno parte del mio background culturale. Un bagaglio che influenza in modo inconsapevole la mia cifra stilistica, che instilla un’eleganza sottile nelle mie creazioni. Lavorare a questo progetto mi ha dato un’energia nuova, tanto che ho deciso di inserire alcuni degli abiti dedicati al Modernismo nella mia collezione invernale 2018/2019”. Come dire: Milano chiama, Vienna risponde.
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