Ama definirsi il filosofo del business, perché la sua mission è conciliare i principi dell’imprenditoria con la profondità di pensiero propria della filosofia, tanto arcaica quanto contemporanea. Anders Indset, di origini norvegesi, è imprenditore, autore e docente universitario, ma soprattutto si è fatto conoscere per i suoi discorsi pubblici motivazionali e per le sue visioni prospettiche sul futuro del mondo del lavoro. Per Forbes lo abbiamo incontrato al Mico di Milano, a margine del convegno Analytics Experience organizzato da SAS.
“Sono convinto che tra un decennio la professionalità più richiesta sarà quella del filosofo, non il tecnologo o l’ingegnere”, spiega Indset. “Siamo così pervasi da software e dispositivi che la società contemporanea non sta più agendo, bensì si limita a reagire agli input che arrivano dalla tecnologia, creando un contesto di stupidità naturale in cui si rischia di preoccuparsi solo di dar da mangiare agli algoritmi. Mi sono allora chiesto”, continua, “che cosa direbbero Aristotele o Martin Heidegger se fossero vivi adesso, in che modo si può recuperare quell’arte della saggezza che rischia di essere annebbiata, e soprattutto come conciliare il modello capitalistico con la compassione umana”.
Parafrasando Indset, ecco allora 10 spunti da tenere a mente, soprattutto per i leader e i Ceo del futuro, per scongiurare di dare vita alla specie dell’Homo obsoletus, l’uomo superato dall’autorevolezza degli algoritmi.
1. “La leadership del futuro è prendersi cura delle persone”
Oggi mandiamo 55 miliardi di messaggi al giorno, ma siamo più soli che mai. E, allo stesso tempo, il modello capitalistico della scuola neoclassica, basato sull’efficienza e sulle risorse, mostra la corda. È in crisi sia perché stiamo utilizzando più risorse di quante possiamo permettercene, sia perché è un modello che non tiene conto – ad esempio – del valore di una persona che gira tra gli uffici e fa sorridere i colleghi. Con una provocazione romantica, potremmo chiederci: come si capitalizza l’amore?
2. “Diciamo ‘bye bye’ a bla-bla-land”
Il tempo delle parole vuote e fine a se stesse è giunto al capolinea. Ormai siamo abituati ad ascoltare tanti discorsi, continue dichiarazioni d’intenti e ricorrenti promesse. Ma, invece, è ora di esplorare, di provare a fare qualcosa, di alzarsi e mettere in pratica ciò che si è annunciato. “Se voglio l’uguaglianza di genere nella mia azienda”, dice Indset, “non mi limito a parlarne, ma includo più donne tra i miei collaboratori. E lo stesso vale per i diritti dei lavoratori, per la equity aziendale, o per il rispetto dell’ambiente”.
3. “Imparare ad aspettarsi l’inaspettato”
In un contesto dall’evoluzione difficile da prevedere, anche su scale di tempo brevi come 5 o 10 anni, è importante avere familiarità con i cosiddetti unknown unknowns, i trend che sicuramente emergeranno ma che ora non siamo in grado né di prevedere né di immaginare. Questo significa abituarsi alle situazioni impreviste, ad allargare la propria visione, a prepararsi sempre un piano B e a prendere confidenza con le peculiarità emergenti della Artificial general intelligence (AGI), l’intelligenza artificiale dotata delle capacità di ragionamento e di problem solving.
4. “Culturalizzare ogni giorno”
“Questa parola non esiste nel vocabolario”, spiega Indset, “ma andrebbe inserita, perché ha un significato diverso rispetto al termine acculturare”. Culturalizzare fa riferimento a una dimensione quotidiana e più intima, lontana dai discorsi astratti su ambiente e pace nel mondo, che si concretizza nella vita d’ufficio e nei piccoli consigli che ci si scambia tra colleghi. Da questo processo sono escluse, per definizione, le consulenze formali e le mission culturali di cui molte aziende si fregiano.
5. “Non entrare in competizione con gli algoritmi”
Perché se ne uscirà sconfitti in partenza. Sulle singole mansioni, presto robot e intelligenze artificiali lavoreranno praticamente a costo zero, alterando tutti gli equilibri della catena del valore. Evitare la competizione significa focalizzarsi su capacità più prettamente umane, come la creatività, il gusto del bello, la comprensione, la curiosità, la cooperazione e il rapporto con le persone. Esistono sempre nuovi modi di essere creativi, come in Cina dove lasciano che siano le scarpe mantenere il posto in una coda, mentre le persone – scalze – attendono comodamente sedute.
6. “Tralasciare senza timori le (vecchie) competenze da boss”
“Nel modello della gig ecomomy il boss diventa il progetto stesso”, sostiene Indset. Questo significa che la vera figura autoritaria, ciò che detta ritmi e modalità di lavoro, è l’obiettivo stesso da raggiungere. Qual è allora una competenza importante, da leader? Oltre a essere innovativi, ossia saper migliorare e fare di più con meno, è bene coltivare l’interdisciplinarietà.
7. “Abituarsi alla reinvenzione della professione”
Un esperto (auto-proclamato o così definito da altri) cessa di essere tale in un arco di tempo di appena qualche anno, a meno che non sia in grado di cambiare in continuazione il proprio modo di vedere il mondo e, di conseguenza, di pensare. La capacità di adattamento si abbina anche all’elasticità mentale del riuscire a modificare la propria percezione della società e dell’imprenditoria. Il vero leader è colui che riesce a intravedere il cambiamento quando è appena all’inizio, molto prima che se ne occupino la politica o le istituzioni.
8. “Sviluppare la propensione a cambiare il mondo, ma dalle piccole cose”
Meglio cambiare, in meglio, un piccolo dettaglio nella vita di milioni di persone, oppure concentrarsi direttamente sui massimi sistemi? Se si ha in mente la dimensione umana dell’imprenditoria, non ci sono subbi su come rispondere. “Spesso si ragiona di work-life balance, ma in realtà si tratta di un life-life balance: tutto il mondo del business si svuota di senso se si perdono di vista gli esseri umani”, chiosa Indset.
9. “Pratica il tuo ruolo con costanza”
Per trovare nuove strade per il business, coltivare le proprie idee e insistere nello sperimentare sono due abitudini irrinunciabili. “Se ad esempio la tua professione si svolge nell’ambito della comunicazione”, racconta Indset, “alzati e inizia a raccontare storie. Le storie si rafforzano ogni volta che vengono ripetute, e il potere di una storia non andrebbe mai sottovalutato”.
10. “Non ci sono nuove competenze, ma nuovi rischi da prendersi”
A parte il ruolo sempre più centrale delle soft skill, non esiste una vera ‘nuova competenza’ per il leader del futuro. Ma una cosa è certa: nel mondo odierno non si può restare “idle”, cioè inattivi e lontani dai rischi. E occorre accettare che non sempre le domande ammettono una risposta.
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