Lo stile dell’era digitale? Lo disegna l’intelligenza artificiale, l’ultima frontiera in molti settori e ora anche in fatto di moda. A farsi portavoce di questa rivoluzione è il re dell’e-commerce Yoox, che ha lanciato il primo brand di abbigliamento gestito dai big data. “Da sempre esploriamo le frontiere tra l’uomo e la macchina: è un aspetto che contraddistingue il nostro DNA sin da quando ho inventato Yoox nel 1999”, spiega Federico Marchetti, fondatore e amministratore delegato del gruppo Ynap oggi nell’orbita di Richemont.
La neonata creatura digitale si chiama 8 by YOOX ed è il risultato di diciotto anni di esperienza nell’online retail. Il suo “motore” è infatti un avanzato software, dotato di intelligenza artificiale, in grado di passare in rassegna il web e riconoscere immagini tratte dai social media di selezionati influencer e da contenuti editoriali di magazine online. Gli insight raccolti in questa fase di ricerca sono quindi incrociati con indicatori predittivi relativi ai trend, dati di vendita del sito, feedback dei clienti e tendenze di acquisto del settore, che vengono trasmessi al design team del gruppo incaricato di creare una collezione di “lifestyle essentials” cioè capi che non inseguono i momentanei trend di stagione quanto piuttosto tendenze di lungo periodo destinate a durare nel tempo. Dopo un periodo di test, la linea autunno-inverno è già disponibile sul portale mentre per quella primavera-estate bisognerà aspettare fino al prossimo gennaio, in linea con i ritmi stagionali di qualsiasi altro brand. “Poter disporre di una mole incredibile di dati, che altro non sono se non le “tracce” lasciate dall’utente sulla nostra piattaforma (resi, colore, sostituzioni, taglia) è il nostro punto di forza” spiega Paolo Mascio, presidente Off-Season di Ynap. Il tutto a prezzi sorprendentemente democratici, che riflettono l’approccio dell’e-commerce di offrire sia prodotti di alta gamma sia capi decisamente più accessibili.
Che in futuro perderemo meno tempo a scegliere l’abito giusto, lo avevamo intuito da tempo. Innanzitutto con il progetto “Coded Couture”, presentato da Google insieme a Ivyrevel, il laboratorio di design digitale del brand svedese H&M, che studia le abitudini del consumatore (viaggi, tempo libero) per poi affidare a un algoritmo il compito di “processare” i dati raccolti e creare quindi abiti personalizzati su misura del gusto personale del cliente. E che dire di Diesel, brand fondato dall’imprenditore Renzo Rosso che, seguito poi da Ralph Lauren, ha portato l’esperienza digitale direttamente nei camerini, permettendo al compratore di ottenere informazioni precise sul capo desiderato semplicemente toccando un display? Anche Zara ha cambiato le carte della catena di produzione grazie ai dati. Il gigante spagnolo del fast fashion appartenente al gruppo Inditex monitora ogni giorno i dati di vendita, i feedback sugli articoli venduti e i commenti dei consumatori. Facendo leva su queste preziose informazioni, il brand individua in anticipo i gusti dei clienti, prevedendo i trend delle stagioni successive. Per non parlare del fenomeno delle stylist virtuali, capaci di rispondere online a qualsiasi richiesta, o del mondo del tessile, dove la società torinese Nextatlas sfrutta la data intelligence per anticipare i fashion trend in fatto di stili, tessuti, pattern e cromie. Quali, allora, le sfide future della moda ai tempi del 3.0? “Innanzitutto migliorare la personalizzazione dei capi”, conclude Mascio. Che azzarda: “Magari, un domani non poi così lontano, ci rivolgeremo a un dispositivo mobile per trovare il vestito perfetto”, un po’ come facciamo con Siri per conoscere la farmacia più vicina.
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