Di Luca Delli Carri
Io sono poiché jeeppo. Jeeppare è un neologismo usato in ambito automobilistico per definire un guidatore che, in modo più o meno casuale e spesso apparentemente privo di senso, abbandona la strada asfaltata per disegnare traiettorie su terreni accidentati, anzi il più accidentati possibile, sollevando polvere o sbuffi di fango finché, appagato pur non avendo raggiunto alcuna meta, torna sulle sue tracce e riprende il cammino originario inserendosi con diligenza nell’ordinato e lento flusso del traffico. Uno stile adatto a un manager o professionista, spesso in giacca e cravatta? È una nuova tendenza: il cambio di personalità che consente di resettare una giornata difficile, un periodo stressante. Inteso che si può jeeppare anche con il più vario dei mezzi, a una, due, tre o quattro ruote motrici, l’abbinamento perfetto per questa attitudine, che si potrebbe definire automobilisticamente sovversiva, è con la vettura che, stupendo quanto raro e forse unico caso di omonimia in questo settore, porta lo stesso nome da cui trae origine il verbo, ma scritto in maiuscolo, in quanto marchio registrato: Jeep. Quattro lettere magiche che spalancano la finestra su un mondo fantastico, fatto di libertà.
Allora Jeep. Primo, perché ha un’anima rock, che permea tutte le vetture di casa, non solo la sbarazzina ed essenziale Wrangler, con il suo dna votato all’off-road. Sono rock anche le versioni più lussuose di Cherokee e Grand Cherokee, che come la Compass, l’ultima nata, si possono considerare delle esploratrici in abito da sera.
Compass del resto ha storia alle spalle, ma è straordinariamente innovativa. Con il suo Apple CarPlay per la massima connessione: consente, in abbinamento con l’iPhone di utilizzare Apple map, messaggi, telefono, Apple music. Dispone del sistema Android auto. E la sicurezza? Utilizza il sistema anticollisione frontale (di serie) e Brake Assist e Brake Traction Control.
Secondo, perché è iconica. Da oltre settant’anni Jeep è sinonimo di fuoristrada, di ruvido veicolo tuttoterreno, che dai fronti della seconda guerra mondiale si è trasformato prima in un veicolo da lavoro e in seguito, dalle giardinette Jeepster (meglio se woody, con le fiancate rivestite di legno) in poi, in un crossover via via sempre più lussuoso e autostradale, in grado di essere unica auto ma double face, seriosa e, appunto, decisamente rock. Merito, questo, della tecnologia, che è il terzo punto a favore di Jeep. Dalle Willys o dalle Cj d’antan siamo approdati a vetture, come la nuova Compass, la cui dolcezza di guida, il cui comfort sono superiori alla media.
Per jeeppare nella prossima estate non si sbaglia, quindi, a puntare su Compass, che ha tanti atout oltre a essere il prodotto di più fresca presentazione. La crossover di medie dimensioni di casa Jeep ha una taglia giusta per piacere a molti (un quarto delle auto immatricolate in Europa sono suv e crossover, e di queste il 40 per cento ha una lunghezza di 4,4 metri circa, ovvero la lunghezza della Compass) e un passo più lungo della Renegade, vettura con cui condivide la piattaforma, cioè l’insieme telaio e meccanica. Ha sospensioni morbide, diciamo all’americana, che però in velocità consentono una guida precisa e sicura, e una posizione di guida alta che è un must per la categoria e anche per sopravvivere nel traffico di oggi. Conviene, se si può, non lesinare sugli optional, che possono aumentare e di molto il lusso percepito a bordo, tanto dal guidatore quanto dai passeggeri. Nella versione 4×4 Trailhawk, fornita di piastre di protezione, di pneumatici off-road da 17 pollici e del sistema Hill Descent Control che aiuta nelle discese sterrate più ardite, la Compass si rivela mai doma in fuoristrada ed esalta il carattere di questa piccola grande Jeep.
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