Articolo apparso sul numero di novembre 2018 di Forbes Italia.
“Sono l’italiana più vecchia nella sede italiana di Amazon”. Ci lavora dall’ottobre 2010 Mariangela Marseglia, fresca di nomina (giugno 2018) a country manager del colosso dell’ecommerce che a Wall Street ha superato i mille miliardi di capitalizzazione, contendendo il primato ad Apple. Non c’è quindi persona migliore per raccontare il rapporto tra Amazon e l’Italia, l’impatto economico e le incomprensioni culturali. Marseglia è entrata in azienda prima che partisse il sito italiano, arrivando da esperienze in società di consulenza e in Unilever: da responsabile di categoria merceologica in Italia e Francia a titolare del progetto PrimeNow in Europa, dopo un’esperienza nel quartier generale di Seattle.
“Lì ho imparato che si può essere leader senza essere ‘cattivi’”, ricorda Marseglia, pugliese di Ostuni, appassionata di fotogiornalismo (ha venduto suoi reportage in Cina e Brasile) e ora impegnata a studiare spagnolo, visto che è responsabile anche della Spagna. Si dedica a cause sociali ed è una convinta sostenitrice della diversità di genere. “Anche perché impatta sulla mia vita”, spiega. “Sono una donna che da sette anni ha una relazione con un’altra donna, che ho sposato quest’anno. A luglio abbiamo avuto un figlio”.
Marseglia, lei nel 2011 c’era. Ricorderà bene quindi lo scetticismo con cui fu accolta Amazon in Italia.
Scetticismo è dire poco, ci furono vere e proprie reazioni negative, più da parte di alcuni addetti ai lavori, che temevano l’arrivo del digitale nel loro spazio di mercato, che non da parte dei clienti. Erano già in più di mezzo milione a comprare su altri nostri siti, Stati Uniti o Inghilterra, in una lingua che non era la loro e dovendo aspettare tempi lunghi per ricevere i prodotti.
Ci faccia un’istantanea della presenza di Amazon oggi in Italia.
Ad oggi abbiamo la sede direzionale a Milano, tre centri di distribuzione, un centro di distribuzione urbano (PrimeNow), 11 depositi di smistamento, un centro di smistamento e un customer service center.
Quante persone occupa Amazon?
A fine 2018 i dipendenti a tempo indeterminato saranno oltre 5.200. Solo quest’anno abbiamo creato 1.700 nuovi posti di lavoro in Italia, quasi quanti dall’inizio al 2016, quando eravamo in 2.000. Queste nuove opportunità sono destinate a persone con ogni tipo di esperienza, istruzione e livelli di competenza, dagli ingegneri e sviluppatori di software agli operatori di magazzino.
Quanto ha investito Amazon in Italia?
Dal 2010 oltre 1,6 miliardi di euro dei 27 investiti in Europa, dove entro la fine dell’anno i dipendenti saranno 83mila.
Gli investimenti in Italia continueranno?
Assolutamente sì. Anzi, stanno accelerando, perché dobbiamo seguire la crescita del mercato locale e della penetrazione del digitale.
Su che cosa investirete?
Una grossa parte degli investimenti saranno in logistica perché abbiamo bisogno di creare capacità
(magazzini, centri di distribuzione) per stare dietro alla crescita delle vendite. Ma investiamo molto anche in tecnologia. Abbiamo creato a Torino un centro di sviluppo, dove ci sono esperti di nuove tecnologie che alimentano la nostra offerta con soluzioni di intelligenza artificiale, machine learning, riconoscimento vocale.
Come spiegherebbe a un politico che non siete i cattivi che stanno distruggendo il commercio tradizionale?
Non voglio entrare in alcuna polemica. Dico soltanto che ci sono esempi bellissimi di aziende che producono prodotti fisici e che hanno capito che il digitale è un’opportunità e non una minaccia. Anche nel nostro programma Launchpad, lanciato in Italia a fine settembre, ci sono piccole imprese che grazie alla presenza su Amazon hanno trovato distributori e rivenditori fisici in mercati dove non pensavano di poter arrivare. Molti parlano di ecommerce senza sapere di che cosa stanno parlando e per questo lo considerano una minaccia. Mi piacerebbe che in Italia ci fosse una cultura digitale più diffusa.
D’accordo, ma in Italia c’è chi vi vede ancora come quelli che fanno chiudere i negozi.
La cannibalizzazione del fisico da parte del digitale è un falso problema. Le vendite online restano una piccola parte del commercio: anche nei Paesi più sviluppati è meno del 20%. Il commercio quindi resta un’attività prevalentemente fisica.
Ma i negozi che chiudono ci sono e non solo in Italia.
Certo perché anche i negozi fisici devono innovare. Se lo fanno, se trovano il giusto posizionamento hanno vantaggi che noi non possiamo avere: specializzazione, contatto diretto con il cliente, immediatezza della consegna del prodotto. Se il commercio investirà su queste caratteristiche, continuerà a crescere.
“A fine 2018 i dipendenti a tempo indeterminato saranno oltre 5.200. Solo quest’anno abbiamo creato 1.700 nuovi posti di lavoro in Italia”.
Infatti Amazon negli Stati sta aprendo negozi fisici. Lo farà anche in Europa e in Italia?
Anche se lo sapessi, non glielo potrei dire. Sicuramente per noi è un’area di esplorazione. Possiamo essere bravi quanto si vuole, ma online abbiamo limiti oltre i quali non possiamo andare.
Che cosa pensa della chiusura domenicale dei negozi?
Nel momento in cui ci sarà una legge la studieremo e ci adegueremo. L’importante è che non ci siano regole discriminatorie. In Germania la chiusura domenicale vale per tutti.
Ma sarebbe una scelta giusta secondo lei?
Io personalmente amo fare shopping la domenica. Non avendo tempo durante la settimana, è l’unico giorno in cui posso andare per negozi.
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