George Thomson, classe 1990 e senese di nascita, è il classico nativo digitale con una spiccata passione per la finanza. Ha iniziato a fare trading all’età di 12 anni e, nel corso degli anni, ha coltivato l’interesse lavorando anche all’interno di diversi hedge fund, quando era solo un adolescente. Ha poi portato avanti i suoi studi nel campo della finanza alla Warwick Business School. E durante gli studi universitari si è iscritto sulla piattaforma eToro, diventando uno dei trader con le migliori performance tra i 10 milioni di utenti. Oggi sta portando in Italia una delle fintech unicorn in più rapida crescita in tutta Europa, la britannica Revolut, fondata da Nikolay Storonsky e Vlad Yatsenko e la cui valutazione è arrivata a $ 1,7 miliardi.
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“Uso Revolut dagli inizi del 2016, cioè quando in Italia non si contavano ancora nemmeno mille utenti”, ricorda George che è stato inserito da Forbes Italia nella lista Under 30 del 2019. “Ero già esposto al giovane mondo del FinTech per via del mio lavoro su eToro e anche per il lavoro a Deloitte e quindi seguivo questo spazio e i suoi nuovi player con attenzione. Facendo molto avanti e indietro tra Italia ed Inghilterra conoscevo molto bene le problematiche legate al cambio valuta e quindi ho colto subito la genialità dell’idea di Revolut”.
La startup fintech, infatti, in soli 3 anni, da Londra si è stabilita in 42 Paesi europei, attraendo più di 2 milioni di clienti e raccogliendo $ 340 milioni di finanziamenti, elaborando circa 3 miliardi di transazioni ogni mese. Si tratta di un servizio bancario digitale utilizzabile via app – al conto possono essere associate diverse carte di credito, sia reali che virtuali – che permette di eseguire trasferimenti di denaro in tutto il mondo: il cambio da una valuta all’altra è pressoché istantaneo e viene effettuato al tasso interbancario, quello che utilizzano le banche stesse nelle loro operazioni di cambio valuta. L’operazione è senza commissioni fino a 5mila euro (o sterline) al mese.
“La mia carta Revolut è stata la mia fedele compagna di viaggi mentre giravo il mondo nel mio anno sabbatico e voluto contribuire alla crescita di questa realtà così rivoluzionaria. Le ambizioni di Revolut continuano ad affascinarmi – parliamo di una vera e propria Amazon per i servizi finanziari. Un’unica app con la quale poter spendere in qualsiasi valuta, gestire i propri soldi, investimenti, e anche criptovalute. È un mercato che adesso è abbastanza affollato, ma credo che entro pochi anni vedremo emergere qualcuno vincitore, come ha fatto Facebook a discapito di MySpace nell’ambito dei social network”. Non manca un pizzico di idealismo: “Mi piace molto questa battaglia contro le grandi banche, un po’ in stile Davide contro Golia, rimettendo così qualche soldo in tasca alla gente”, ammette divertito George.
In Italia Revolut è ancora piccola e conta circa 100.000 utenti, che però si sono già triplicati da quando il giovane 28enne ha preso il timone circa 7 mesi fa. E, ci tiene a sottolineare, il tutto è avvenuto senza pubblicità e con un costo di acquisizione di un nuovo utente ad un livello che è almeno 90% inferiore a quello dei competitor. I margini di crescita per il futuro quindi sono tanti.
“Prima di tutto accresceremo il team e adotteremo una modalità di lavoro più decentralizzata, allontanandoci un po’ da Londra (che è la sede) e concentrandoci solo sugli utenti italiani. Poi nei prossimi mesi aggiungeremo anche tutto il lato trading e investimenti a costo zero, gli account ‘kids’ e con l’espansione globale permetteremo ai nostri utenti di essere ancora più collegati con i loro amici, familiari e clienti in tutto il mondo”.
L’unico limite? Forse una poca dimestichezza con la lingua inglese e il legame ancora troppo stretto al contante. “Viaggio spesso tra Londra e Firenze e ogni volta mi accorgo di questa differenza, che alla fine è culturale. A Londra vedo cartelli con scritto ‘card only’ e poi salgo in taxi a Firenze e vedo sempre il cartellino ‘no credit card’”.
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