Brilla una stella nel firmamento della ristorazione lombarda. E ad assegnarla non è la guida rossa (che si auspica arrivi presto), ma l’entusiasmo con cui i frequentatori dell’elegante ed esclusivo “Tre Cristi” di via Marco Polo a Milano degustano i piatti tradizionalmente innovativi di Franco Aliberti, da novembre alla guida della giovane e appassionata brigata di cucina. Per apprezzare al meglio le invenzioni di un cuoco che mette al primo posto il territorio e la qualità della materia prima, meglio se povera, da fare diventare ricchissima nel piatto, è suggerito un percorso degustazione divertente ed evocativo della cucina del territorio, che amplifica i sensi e il gusto puro dei singoli ingredienti, alla riscoperta di sapori lombardi e milanesi puntuali, eleganti, netti. Soprattutto, sostenibili.
Qualche esempio? Milano, l’omaggio al panettone in versione salata con la mostarda di mele cotogne accompagnato da salsa allo zabaione; Gallina, il risotto Riserva San Massimo arricchito da gallina di selva, di cui nulla viene sprecato; Darsena, la michetta con trippa in umido; Barona, lo spaghetto di patata con casera, pietole, pancetta, cipolle; Dergano, Fernet, cioccolato bianco e carbone vegetale. Accanto alle nuove creazioni estive che mettono l’accento ancora su materie prime freschisssime, verdure in primis. Ma la creatività ai tavoli non si ferma qui: Aliberti è il primo chef a disegnare e realizzare, divertendosi e divertendo, anche i piatti veri e propri del suo menu.
Piatti-scultura fatti con polvere di ceramica ottenuta dalla lavorazione del vasellame, quindi un’altra parte “meno nobile” che ha il pregio di non dover essere cotta, e smaltata in seguito con prodotti idonei per l’uso alimentare, in un processo che dura dai 2 ai 5 giorni. Questi originali ed esclusivi contenitori vengono plasmati a forma di verdura e di vegetali, in opere lasciate volutamente bianche e pure per esaltare con semplicità l’eleganza dei prodotti rappresentati e della natura a cui appartengono. Per creare forme che non sono naturali, lo chef-artista lavora l’argilla e la verdura dando nuove forme a quegli oggetti di uso quotidiano di un ristorante, che lui è riuscito a personalizzare: a iniziare dal piatto di benvenuto con il gambo di broccoli, il porta burro con la fetta di pane ricreata (da un vero pane), il cestino del pane, il porta panettoncino, il piatto delle chiocciole realizzato con foglie di verza, le rotaie per i tram che portano la piccola pasticceria, i porta tappi di sughero, calchi di un tappo vero… “Giochiamo con le apparenze: non sempre quello che si osserva è simile al gusto che il nostro cervello immagina di provare, ci piace operare su questa discordanza”, spiega Franco Aliberti. “Nella prossima collezione avremo peperoni, melanzane, zucchine e insalata”.
Intanto la sua cucina, attenta all’ambiente ed ecosostenibile, avvince chi aveva perso il gusto per i sapori semplici e per i prodotti “meno nobili”, grazie a una sperimentazione che non lascia nulla al caso, e riesce a trasformare e sublimare l’ingrediente più semplice (bilanciato al massimo da altri due di supporto) in una rappresentazione dell’essenza del buon cibo e del buon vivere. Sorpresa, divertimento e un gioco sensoriale esaltato da una studiata linea di oggetti di design che vede lo skyline e la tradizione milanese come fonte ispiratrice, questa l’esperienza che a pranzo e a cena aspetta nuovi cultori. Un piccolo tram, come nell’immaginario collettivo di una Milano anni ’50 accompagna i commensali fino all’ultima puntata.
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