Michael Hintze, un uomo d’affari ed ex ufficiale dell’esercito australiano con oltre 30 anni di esperienza nei mercati finanziari globali, non si è mai fidato troppo degli algoritmi. Con CQS, una delle società di asset management leader in Europa, di cui è fondatore, chief executive officer e senior investment officer, ha sempre seguito pratiche alla vecchia maniera. Al quartier generale di Londra siede in una situation room con diversi schermi che fanno correre le immagini da Al Jazeera, Cnn e di altri canali di notizia 24h24 dal resto del globo. Le decisioni di investimento vengono discusse quotidianamente con i suoi manager di portafoglio, che illustrano i loro pitch stando dietro un leggio.
Ci sono molte ragioni per credere che il metodo Hintze funzioni. Non solo perché CQS, creata nel 1999 da questo laureato in ingegneria elettronica, oggi vale circa 14 miliardi di euro, ma soprattutto perché il fondo ha fatto incredibilmente bene durante le fasi più turbolenti del mercato; in particolare nel 2008, quando nel disastro generale riuscì a ottenere un più 72,8 per cento di ritorno sul suo fondo di asset-backed security. Annualizzato al 2006, il portafoglio ABS di Hintze ha reso più del 18 per cento: cifre formidabili, che in qualche modo giustificano la riluttanza del fondatore nei confronti del cosiddetto high frequency trading, una modalità di negoziazione dei titoli gestita da algoritmi complessi che supera i limiti di potenza dei processori normali, e “macina” gli scambi nel giro di microsecondi.
Tutto questo potrebbe cambiare a causa di una infatuazione improvvisa: il quantum computing. La stampa specializzata è stata colta di sorpresa da un’intervista in cui il boss di CQS ha spiegato che la sua società è passata a questa tecnologia superveloce di cui si sa ancora molto poco, e che colossi come Amazon e Google stanno ancora cercando di decifrare. “Stiamo provando a portarci avanti col lavoro”, ha dichiarato Hintze. “Bisogna tener conto degli strumenti che hai, il terreno sul quale stai combattendo, e in terzo luogo di quali sono i tuoi nemici”.
Il miliardario hedge funder (che ha contribuito anche al restauro di parte del patrimonio artistico del Vaticano ed è celebrato sul sito del IOR) non sta pensando di capitolare alla religione dell’algoritmo, quanto piuttosto di fondare una startup per sviluppare microchip compatibili con la tecnologia quantistica, in modo tale da aiutare CQS a ottimizzare il suo portafoglio ed effettuare operazioni speculative con più efficienza. Per questo motivo la società ha assunto Ahmad Deek, ex di OppenheimerFunds come head del dipartimento data science.
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Il quantum computing è una delle evoluzioni più interessanti del calcolo ad alte prestazioni, e potrebbe segnare un punto di svolta per il settore finanziario. Se gli analisti “in carne ed ossa” di Hintze finora hanno fatto benissimo – il suo fondo multi-strategy Directional Opportunities ha moltiplicato di cinque volte il suo valore dall’agosto 2005 – il doppio rispetto all’indice S&P 500 e circa sette volte in più rispetto all’hedge fund medio –molti investitori sono curiosi di applicare la nuova tecnologia sui fondi comuni a gestione passiva (prodotti finanziari a basso costo). Si tratta di una sfida non da poco e di un vero e proprio cambio di paradigma per CQS, che gestisce circa la metà dei suoi asset in strategie di lungo termine. Ad oggi, tuttavia, non esiste un computer quantistico completo vero e propri; per realizzarlo ci vorranno probabilmente ancora diversi anni, e in ogni caso non sono nemmeno completamente chiari i possibili impieghi.
Com’è immaginabile, un sistema quantistico funziona in modo diverso rispetto ai computer tradizionali: anziché eseguire calcoli basandosi sui “bit” (l’unità di informazione che può assumere due valori: 1 o 0) fa in modo che un singolo oggetto possa comportarsi come una combinazione di due oggetti separati nello stesso momento, purché sia estremamente piccolo, o si trovi a una temperatura estremamente bassa. In questo modo i “qubit” (o “quantum bit”), possono contentere una combinazione di 1 e 0: due qubit possono assumere quattro valori in una volta sola, e così via, con numeri che crescono esponenzialmente man mano che aumentano i qubit, rendendo un computer quantistico incredibilmente più veloce e potente dei computer che usiamo oggi.
Il problema è che tenere insieme e isolare i qubit è estremamente complesso: hanno bisogno di superconduttori costosissimi realizzati con metalli particolari, che funzionano con apparecchiature più simili a un enorme frigorifero cilindrico che a un normale computer. È, insomma un sistema costosissimo, che solo una manciata di colossi hi-tech o centri di ricerca possono permettersi.
A fine ottobre, Google ha annunciato avere raggiunto la “supremazia quantistica”, vale a dire la capacità la capacità di risolvere un’operazione matematica complessa – che secondo la società di Mountain View avrebbe richiesto 10mila anni ai computer – in appena 200 secondi. L’IBM ha poi contestato quest’annuncio (pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature), sostenendo che – semplifichiamo – l’operazione non avrebbe richiesto davvero tutto questo tempo. Google ha rigettato la tesi di IBM, ma ha ammesso che il settore è ancora avvolto nell’oscurità.
Nel frattempo anche Amazon ha deciso di entrare nei sistemi quantici, lanciando un servizio gestito che permette alle aziende di testare il potenziale di applicazioni basate sul quantum computing attraverso il cloud e a costi accessibili. Piuttosto che puntare allo sviluppo dei propri computer quantistici, una strategia che avrebbe richiesto ingenti investimenti, Amazon ha investito sulla partnership con società già presenti nel settore. Ciò che accomuna i ricercatori è la speranza di ottenere in questo modo sistemi di intelligenza svariate volti più potenti e affidabili degli attuali, di creare simulazioni in numerosi ambiti, come quelli della meteorologia e della climatologia. Senza contare i sistemi per elaborare nuove strategie di investimento.
Almeno nell’immediato, Hintze continuerà a ricorrere all’esperienza umana e agli studi economici tradizionali per interpretare le interazioni che avvengono ogni giorno nel globo, e anticipare così gli scenari che ad esse seguiranno. Non è raro – si legge nelle cronache – che i trader che lavorano con Hintze ricevano email nel cuore della notte, o nei weekend, sulle ultime ricerche che hanno catturato l’attenzione del capo. È una prassi che va avanti da decenni, e non sembra destinata a scomparire a breve termine: Hintze dice di voler lavorare per altri vent’anni, nonostante al momento ne abbia 66. L’unica speranza per i suoi dipendenti è l’arrivo del computer quantico. O forse sarà la loro rovina.
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