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Il Coronavirus in Italia, come stanno rispondendo le nostre imprese

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(Shutterstock)

Il Coronavirus sta mettendo in ginocchio quella che è considerata “la fabbrica del mondo”, la Cina. Oltre alle cattive notizie legate al numero di decessi e di persone contagiate che sale sempre di più, un dato da non sottovalutare è anche quello relativo all’impatto che questa pandemia ha sulle attività produttive in tutto il pianeta, compresa l’Italia, dove oggi si registra il primo caso in Lombardia.

Secondo l’ufficio studi di Confcommercio, il nostro Paese rischia di perdere lo 0,3% del Pil a causa di questo virus. Sono molte infatti le aziende italiane che hanno stretti rapporti con la Cina e che in questo momento sono impegnate su diversi fronti che stressano il loro business. 

“Da un lato le nostre imprese hanno obbligatoriamente dovuto ridurre il rischio di esposizione dei propri lavoratori al virus sospendendo viaggi o trasferte in Cina e verificando, con il supporto del ministero della Salute, che non vi siano problematiche di manipolazione dei materiali provenienti dalla Cina” commentano Edgardo Ratti e Carlo Majer, co-managing partner dello studio legale Littler. “Il datore di lavoro, per legge, deve, infatti, tutelare in primis l’integrità fisica dei lavoratori e, con specifico riferimento ai rischi biologici, attuare misure tecniche, organizzative e procedurali per evitare l’esposizione dei lavoratori ad agenti biologici.” 

Il Coronavirus, però, non pone solo tematiche afferenti alla gestione del personale (si pensi anche, in taluni casi, alla temporanea sospensione dell’attività lavorativa ed all’eventuale ricorso quindi agli ammortizzatori sociali), ma anche complesse questioni di ordine commerciale e contrattuale. “Così, per esempio, si consideri l’impossibilità per molte aziende italiane, a causa del rallentamento o fermo della produzione, di adempiere agli impegni commerciali presi con i loro clienti; il ché rappresenta una potenziale fonte di contenzioso e di responsabilità risarcitoria per la parte inadempiente. Gli scenari e le implicazioni, anche in termini legali, sono molteplici ed invero piuttosto complessi” continuano Ratti e Majer.

Sisme, “Società Italiana Statori e Motori Elettrici”, opera da oltre 50 anni sui mercati internazionali con un fatturato di 100 milioni di euro e 700 dipendenti nei tre stabilimenti in Italia, Slovacchia e in Cina a Tianjin, a più di 1.000 km da Wuhan. “Il propagarsi del nuovo ceppo di Coronavirus, è un’emergenza da non sottovalutare che ha già pesato sia sulla società che su tutta la filiera produttiva cinese. Il nostro gruppo si è trovato coinvolto nella gestione di limitazioni produttive, e non solo, imposte al nostro plant che dalla chiusura per il Capodanno cinese ad oggi non ha ancora potuto riaprire – commenta Serena Costantini, managing director di Sisme -. Abbiamo sempre impostato il nostro lavoro in un’ottica di risk management e, in una situazione di emergenza come questa, abbiamo reagito attivando tutte le azioni per garantire la sicurezza del nostro personale e la continuità del business nostro e di quello dei nostri clienti, secondo le migliori best practices. Ma sono stati sospesi viaggi da e per le zone coinvolte, così come la partecipazione ad un’importante fiera di settore, prevista nel mese di aprile proprio a Wuhan. In conformità e seguendo i suggerimenti del ministero della Salute abbiamo verificato che non ci fossero problematiche di manipolazione dei materiali provenienti dalla Cina. Abbiamo analizzato l’impatto del fermo produttivo imposto dal governo sulla fornitura ai principali clienti, attivando back up dagli stabilimenti europei del gruppo. Stiamo preparando la riapertura dell’azienda organizzando la rapida implementazione non solo delle buone pratiche di igiene ambientale già in essere quali pulizia accurata e disinfestazione ma anche delle specifiche linee guida emanate dalle autorità per la gestione degli spazi comuni ad alta densità di personale quali dormitori, mensa, servizi igienici. Infine stiamo preparando specifici piani di emergenza qualora si individuassero casi sospetti all’interno del nostro personale concordando già con le unità sanitarie locali le procedure di ospedalizzazione e trattamento di tali casi e approntando spazi dedicati per l’isolamento e l’osservazione. La situazione è in rapido divenire e per questo motivo è in atto un monitoraggio quotidiano attraverso video conference tra management italiano e cinese per adattare la risposta di Sisme agli sviluppi di questa sfida imprevista”.

Il procurement è senz’altro un’altra delle sfere potenzialmente più a rischio nelle aziende di tutto il mondo, Italia inclusa, soprattutto nei settori con catene di fornitura integrate a livello globale. In una crisi di questo tipo, praticamente tutte le categorie di fornitura appaiono “strategiche”: e non si può costruire un’auto con il 99% dei pezzi. Le supply chain maggiormente colpite comprendono l’high-tech, la farmaceutica, il fashion/luxury e l’automobilistica per la loro dipendenza dalla Cina e da spedizioni just-in-time. Colossi come Dell Technologies, HP, Qualcomm, Huawei e Samsung sono tutti alle prese con interruzioni delle catene di approvvigionamento proprio perché la maggior parte della loro contractor capacity si trova in regioni che sono soggette a restrizioni simili a quelle della provincia di Hubei.  “In questo contesto l’area della supply chain deve sviluppare rapidamente strategie di mitigazione del rischio. C’è grande incertezza sulla durata di questa particolare crisi, ma non sarà l’ultima: la gestione flessibile e olistica degli approvvigionamenti sarà fondamentale. Strategie di gestione dei fornitori intelligenti e strutturate, basate su soluzioni digitali, possono fornire una visione proattiva per attivare piani di emergenza per  questo tipo di avvenimenti – commenta Mario Messuri, general manager Jaggaer Italia & VP South Europe -.  In pratica questo significa avere una visione d’insieme della propria rete ben segmentata di fornitori già classificati e qualificati, nonché mezzi alternativi per soddisfare le esigenze di approvvigionamento diretto e indiretto con loro. Tali misure consentono alle organizzazioni di affrontare al meglio le esigenze di gestione delle emergenze. È di fondamentale importanza che il rischio e la resilienza siano integrati nelle strategie della catena di fornitura, specialmente nell’approvvigionamento diretto. Le tecnologie in questo senso aiutano ad accelerare la messa in opera di piani di contingenza e di continuità operativa per interruzioni di vario tipo”.

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