Articolo tratto dal numero di aprile 2020 di Forbes Italia
Specialmente in questi giorni, il telefono della professoressa Ilaria Capua non smette di squillare nemmeno un attimo, con richieste di interviste che arrivano da giornali e televisioni di tutto il mondo, come l’ultima dalla BBC. Intanto, lei continua a dare il suo contributo per una corretta informazione sulla pandemia di un virus che sta scuotendo la comunità scientifica e non solo, con la stessa passione degli inizi: da bambina sognava di fare la scienziata e da grande le sue aspirazioni non sono certo cambiate anzi, hanno preso forma e sono diventate realtà.
Virologa di fama internazionale, nel 2008 la rivista scientifica americana Seed l’ha inserita fra le 50 menti più brillanti del settore per esser stata una catalizzatrice di approcci più collaborativi nella ricerca sui virus influenzali, promuovendo la condivisione dei dati su piattaforme open access. Nonostante i riconoscimenti, però, non si è mai ritenuta un’eroina ma semplicemente “una donna che crede fortemente in quello che fa”. Classe 1966, romana di nascita, Capua si è laureata cum laude in medicina veterinaria all’Università di Perugia nel 1989 e solo due anni dopo ha conseguito la specializzazione all’Università di Pisa, stessa città che in seguito le offrirà un dottorato di ricerca, in igiene e sanità animale. Il suo impegno di oltre 30 anni nel dirigere gruppi di ricerca nel campo delle malattie trasmissibili dagli animali all’uomo e del loro potenziale epidemico in laboratori italiani ed esteri, le vale nel settembre 2011 il prestigioso Penn Vet leadership award, il principale riconoscimento della medicina veterinaria assegnato per la capacità di mettere in atto strategie vincenti a fronte di un mondo e di una professione che cambiano. È la prima donna a vincerlo, e nel mondo della scienza è un traguardo significativo: anche se le donne hanno contribuito in maniera cruciale allo sviluppo scientifico fin dall’antichità, oggi sono solo 20 i premi Nobel assegnati loro per la fisica, la chimica o la medicina.
Ma oltre alle quote rose, soprattutto in Italia, per la Capua bisognerebbe cogliere un’altra necessità, ovvero diventare attrattivi per le intelligenze che sono sul mercato: “Non mi piace parlare di fuga dei cervelli ma di circolazione. L’Italia esporta ma non importa cervelli stranieri. Fino a quando non lo faremo, accogliendo cervelli multietnici e multidisciplinari non potremo mai essere competitivi nel campo della ricerca”. Oggi, la sua nuova casa è la Florida, dove dirige il One Health Center of Excellence. “Il centro ha la missione di sviluppare proposte interdisciplinari per il coavanzamento della salute dell’uomo, degli animali, delle piante e dell’ambiente utilizzando i big data e l’intelligenza artificiale”. Spiegato in termini più semplici? “Vogliamo ribaltare il paradigma secondo cui la salute dell’homo sapiens riguardi solo quest’ultimo quando in realtà, nutrendoci di altre forme di vita, se queste ultime non sono in salute tutto ciò ricade sul nostro benessere”, spiega la virologa.
Di questi stessi temi si parla anche nel suo ultimo libro, Salute circolare. Una rivoluzione necessaria, pubblicato per Egea a giugno 2019. Una sorta di conto alla rovescia, in un viaggio nel tempo da Ippocrate ai no-vax, che riprende il concetto della interconnessione dei quattro elementi (aria, acqua, fuoco e terra), alla ricerca di un maggior equilibrio con gli animali, le piante e l’ambiente. “La sfida è quella di riconoscere che la salute è un sistema di vasi comunicanti, che può essere migliorato grazie a un’innovazione responsabile che miri a rigenerare l’equilibrio”, sottolinea Ilaria Capua. Senza trascurare la tecnologia: “Nel mio ragionamento di salute circolare i big data rappresentano la colla”. Oggi, spiega ancora, per progredire nella nostra conoscenza scientifica è necessario affidarsi a saperi multidisciplinari e internazionali. Siamo nuvole di dati ambulanti, insomma, che secondo la scienziata dovrebbero essere condivisi per il bene dell’umanità. La cosiddetta scienza open source. “Il momento è favorevole a questa trasformazione, i big data sono lì che aspettano. Noi dobbiamo solo credere nell’interdisciplinarità e spingerla in ogni ambito”.
Recentemente Ilaria Capua è scesa in campo per supportare le scuole con la didattica digitale tramite un progetto, chiamato #LaScuolaContinua, nato in risposta alla call del ministero dell’Istruzione per la crisi Covid-19 e messo in atto da Cisco, Google, IBM e WeSchool. “Ho capito ci sarebbe stato bisogno di aiutare le scuole e grazie al mio amico Stefano Quintarelli, esperto di piattaforme informatiche, abbiamo contattato alcune aziende che forniscono questi servizi. Negli Stati Uniti la didattica a distanza è all’ordine del giorno, ed è molto utile soprattutto in scenari di emergenza”. Sempre per ricordare l’importanza della ricerca scientifica e il ruolo degli scienziati nel determinare il futuro della società, in tempi in cui il loro lavoro è messo in discussione in molte parti del mondo, ha lanciato anche la campagna digitale #BeautifulScience, un inno alla scienza sulle note di Vivo per lei di Andrea Bocelli e Giorgia: L’obiettivo? Sensibilizzare il pubblico attraverso la musica, che può essere lo strumento per trovare un punto d’incontro nei momenti di difficoltà.
A una donna come lei, domandare se ha avuto una figura ispirazionale che ha influenzato la sua vita professionale non è semplice. “Ci sono state, ci sono tuttora e ci saranno in futuro molti modelli di riferimento. Anche nella mia vita di tutti i giorni. Sono una che si diverte sempre a pensare, sfidare e riflettere su punti di vista diversi pensando di poter prendere un treno diverso ogni giorno”.
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