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Via libera nel Decreto Rilancio ai Pir per investire nelle non quotate. Ecco come funzioneranno

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(Shutterstock)

Il Decreto Rilancio approvato ieri dal Governo prevede il potenziamento della capacità dei piani di risparmio a lungo termine (Pir) di convogliare risparmio privato verso il mondo delle imprese, “affinché – si legge nel provvedimento dell’esecutivo – l’investimento di specifici Pir sia diretto, per oltre il 70% del valore complessivo del piano, a beneficio di Pmi non quotate sul Ftse Mib e Ftse Mid”.

E’ stata così sostanzialmente accolta la proposta di Assogestioni per facilitare la ripresa del sistema Italia dopo lo shock negativo alle attività produttive causato dalla crisi sanitaria del coronavirus. Nella proposta dell’associazione del risparmio gestito, lo strumento sarebbe complementare al Pir ordinario, votato agli investimenti in strumenti non quotati, scambiati sui cosiddetti mercati privati. Rispetto ai Pir ordinari, i Pir Alternativi sarebbero rivolti dunque soprattutto alla clientela più patrimonializzata, perché considerato che l’oggetto dell’investimento sarebbe tipicamente illiquido, sarebbero fondamentali limiti più alti alle somme o ai valori destinabili al Pir alternativo.
Assogestioni propone così di modificare la disciplina dei Pir introducendo specifici vincoli qualora l’investimento sia diretto, per almeno il 70% del valore complessivo del piano, a beneficio di imprese di piccole dimensioni.
L’associazione del risparmio gestito ritiene pertanto essenziale modificare sia l’oggetto dell’investimento agevolato – includendovi fonti di finanziamento alternative a quelle del canale bancario – sia i limiti alla concentrazione agli investimenti.

Verso i Pir Alternativi. La proposta di Assogestioni

I Piani individuali di risparmio a lungo termine (Pir) introdotti dalla legge di bilancio 2017 e integrati con il decreto fiscale collegato alla legge di bilancio 2020 per sostenere l’economia reale hanno riscosso successo presso i risparmiatori italiani, imponendosi come una forza di crescita del sistema imprenditoriale del Paese e come una fonte di finanziamento alternativa al canale bancario per lo sviluppo delle piccole e medie imprese (Pmi) quotate, ma “è necessario fare ancora di più a sostegno dell’economia reale e dello sviluppo del mercato finanziario nazionale”, spiega Assogestioni in una nota.

La sfida collegata a questo obiettivo è quella di creare dei portafogli maggiormente vincolati ai segmenti di mercato meno liquidi, ma proprio per questo ancora più vicini alle imprese più piccole. Pur potendo comunque investire in asset illiquidi, i Pir esistenti non risultano infatti del tutto adatti allo scopo. La causa è duplice ed è insita nel vincolo di investimento di 30mila euro all’anno e nel limite di concentrazione al 10%, limitazioni giuste e necessarie per costruire portafogli pienamente liquidi.

Per accentuare il ruolo del risparmio come risorsa finanziaria collettiva convogliandolo su investimenti illiquidi, per Assogestioni si rende dunque necessaria la definizione di una serie di elementi ulteriori – che attengono alla clientela di riferimento, a soglie di investimento più capienti e a un universo investibile strettamente vincolato alla componente illiquida – che escono dall’alveo dei Pir così come li conosciamo oggi.

Ecco perché Assogestioni ha proposto il lancio di un Pir specializzato in Pmi: uno strumento alternativo e complementare al Pir ordinario, votato agli investimenti in strumenti non quotati, scambiati sui cosiddetti mercati privati.

Ecco di seguito i dettagli della proposta Assogestioni, che dovrebbe costituire la base anche dell’intervento governativo.

 

La clientela-obiettivo

Rispetto ai Pir ordinari, i Pir Alternativi sono rivolti soprattutto alla clientela più patrimonializzata. Trattandosi di investimenti illiquidi, che richiedono tempi lunghi di investimento e che si caratterizzano per un alto livello di rischiosità, l’introduzione di incentivi fiscali a favore dei Pir Alternativi potrebbe infatti incoraggiare l’afflusso di risorse da parte della clientela più “evoluta”, che può beneficiare di una soglia di investibilità molto più elevata in strumenti più rischiosi e complessi, nonché di una maggiore capacità di detenzione dei titoli nel lungo e lunghissimo termine.

 

Soglie di investimento più capienti

Considerato che l’oggetto dell’investimento dei Pir Alternativi è tipicamente illiquido – e tenuto conto che tali tipologie di investimento vengono realizzate principalmente tramite veicoli di investimento di tipo chiuso – è fondamentale che i limiti delle somme o i valori destinabili al Pir alternativo siano più alti di quelli previsti per il Pir ordinario, che ricordiamo essere pari a un massimo di 30mila euro all’anno fino al raggiungimento di un totale di 150mila euro.

I Pir Alternativi, al pari di quelli ordinari, sarebbero dei contenitori che possono assumere qualsiasi forma purché rispettino i vincoli di investimento stabiliti dalla normativa; tuttavia, considerato l’oggetto di investimento tipicamente illiquido (azioni anche non quotate di Pmi di piccole dimensioni, prestiti e crediti delle predette imprese), meglio si prestano a essere realizzati tramite l’utilizzo di veicoli di investimento per i quali non sussistono i problemi di liquidità tipici dei fondi aperti: Eltif, fondi di private equity, fondi di private debt.

La proposta di Assogestioni prevede dunque di mutuare i limiti previsti dalla normativa sugli Eltif, che contemplano una soglia di 150mila euro all’anno per un importo complessivo non superiore a 1.500.000 di euro. L’associazione sottolinea che sarebbe comunque opportuno – considerate le modalità di partecipazione a tali veicoli di investimento, che richiedono un consistente investimento iniziale e che spesso non consentono versamenti successivi – prevedere un limite annuo più elevato.

Per quanto riguarda, invece, tutte le altre disposizioni relative al funzionamento del Pir (holding period, divieti di investimenti, ecc.) troverebbero applicazione le regole applicabili ai Pir ordinari.

 

L’universo investibile

Assogestioni propone di modificare la disciplina dei Pir introducendo specifici vincoli qualora l’investimento sia diretto, per almeno il 70% del valore complessivo del piano, a beneficio di imprese di piccole dimensioni. Ritiene inoltre essenziale modificare sia l’oggetto dell’investimento agevolato – includendovi fonti di finanziamento alternative a quelle del canale bancario – sia i limiti alla concentrazione agli investimenti.

In particolare, per quanto concerne l’oggetto dell’investimento agevolato, i benefici fiscali previsti dalla normativa Pir dovrebbero essere estesi anche a favore di piani di risparmio che, per almeno i due terzi dell’anno solare di durata del piano, investano almeno il 70% del valore complessivo in:

  • strumenti finanziari emessi o stipulati con imprese residenti nel territorio dello Stato o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, diverse da quelle inserite negli indici FTSE Mib e FTSE Mid Cap della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati (percentuale che nei Pir ordinari ammonta attualmente al 3,5% del valore complessivo del piano);
  • in prestiti erogati alle predette imprese;
  • in crediti delle medesime imprese.

Con riferimento ai limiti alla concentrazione degli investimenti, al fine di garantire una maggiore diversificazione delle fonti di finanziamento a favore della medesima impresa – o di imprese appartenenti al medesimo gruppo) – Assogestioni propone che per i Pir Alternativi l’attuale vincolo di concentrazione del 10% debba essere elevato al 20%.

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