“Noi siamo il Caronte digitale che collega il mondo bancario tradizionale con quello degli exchange e delle criptovalute”. Così descrive Simone Mazzuca la sua Wallex, la banca digitale che ha fondato un anno e mezzo fa in risposta ad alcuni vuoti legislativi e alle carenze di servizi per chi detiene criptovaluta. Nonostante sia relativamente giovane, la sua fintech dichiara già 1 milione di clienti attivi in tutto il mondo. E la cosa non sorprende più di tanto, in realtà, poiché le sole Bitcoin ed Ethereum (le prime criptovalute a livello mondiale) hanno una capitalizzazione di mercato superiore ai mille miliardi di dollari.
Un mondo che è cresciuto troppo velocemente per il sistema bancario tradizionale e perfino per governi e banche centrali. Ma che è già una realtà, se si pensa che comincia a crescere il numero di coloro che accettano pagamenti in criptomonete. “Già adesso, il 25-30% degli scambi monetari avviene in criptovaluta”, fa notare Mazzuca. Il problema, però, è che non è immediato poter utilizzare il denaro in criptovaluta per fare la spesa. Né è ancora chiaro, per le aziende, come poter registrare a bilancio i pagamenti con queste valute, né lo è per gli individui che desiderano inserire in dichiarazione dei redditi i propri guadagni sugli exchange. Ecco, allora, che entra in azione una realtà come Wallex che fornisce servizi a tutti questi soggetti.
Mazzuca, come le è venuta l’idea di creare Wallex?
L’idea era di proporre una banca mondiale, che grazie all’aiuto della tecnologia creasse un sistema senza frontiere accessibile a tutti. In modo da facilitare gli scambi e l’accesso ai mercati internazionali. L’avventura è iniziata un anno e mezzo fa, quando in Italia e in Europa si manifestavano le prime necessità di servizi dovuti alla non regolamentazione del mercato cripto. Queste mancanze ci hanno dato lo spazio per esprimerci e per studiare una soluzione che potesse dare riscontro celere alle necessità del momento.
A chi vi rivolgete?
Noi ci rivolgiamo a individui che vogliono gestire i propri asset digitali con noi. O a coloro che hanno bisogno di interagire con exchange e mondo bancario tradizionale, categoria a cui appartengono aziende, gli innovatori del fintech e le startup.
Qual è il problema principale di chi detiene criptovaluta?
Wallex in un primo momento era focalizzata sull’esigenza di poter scambiare liberamente asset digitali. Serviva un modo per portarle dall’exchange, fino al proprio conto sulle banche tradizionali. Guardandoci intorno ci eravamo accorti che sempre più persone volevano utilizzare le cripto nella vita reale, poiché sempre più rivenditori cominciavano ad accettarle come metodo di pagamento. Così abbiamo pensato alla banca del futuro, dove una persona avrà contemporaneamente il conto in euro, in dollari, in pound e anche in criptovalute come Bitcoin ed Ethereum.
E voi avete realizzato questo?
Esatto, abbiamo una gabbia a 5 valute. La nostra è una banca come tutte le altre, ma che in più offre questa possibilità. Il sistema bancario, ancora oggi, non è pronto a dare una soluzione tempestiva alla crescita di questo mercato. Per questo abbiamo pensato di progettare una stablecoin.
Sta parlando dell’Eurst, uno dei vostri ultimi progetti. A quale scopo l’avete realizzata?
La nostra stablecoin non è altro che un token stabile, non soggetto alle oscillazioni di mercato di cui sono vittima le altre criptovalute. Con Eurst abbiamo creato un’identità digitale al nostro continente, attraverso una replica dell’euro. Infatti, finora i riferimenti dei prezzi delle criptovalute sono sempre stati resi in dollari. Noi, invece, con questa iniziativa rendiamo possibile identificare in euro il valore delle criptomonete.
Lei cosa pensa del progetto della Bce di realizzare una propria moneta digitale?
Credo che sia un ottimo segnale, ma credo comunque che ci vorrà molto tempo. Soprattutto se si considera l’attuale configurazione dell’Ue, dove ci sono Paesi che ancora hanno una loro moneta come Bulgaria e Romania. Prima di tutto, secondo me, occorre armonizzare la moneta dei vari stati, da lì poi è possibile pensare a una sua copia digitale.
Ma voi come vi collocate rispetto al sistema bancario tradizionale. Siete antagonisti o alleati?
Siamo un possibile alleato. Immaginiamo di avere un conto presso una banca tradizionale in Bitcoin. A volte capita che, di notte, ci siano oscillazioni di valore anche di 2-3 mila euro. Una banca normale non è pronta per questo tipo di valute. L’unica soluzione è un sistema che integri una api di stablecoin a garantirne il valore, oltre a un servizio che sia trasparente sulla provenienza dei fondi e che garantisca anche la sicurezza informatica. Noi potremmo offrire tutto questo alle banche tradizionali.
Mazzuca, e invece in cosa consiste il servizio Wallex custody?
È una specie di maggiordomo, un servizio a cui si possono affidare i propri asset per la custodia in funzione delle richieste del cliente. E noi lo aiutiamo a muoversi nello spazio fisico, vale a dire eseguiamo i suoi ordini da servizi bancari tradizionali a digitali e viceversa. Ne seguiamo anche la compliance, questo significa che la contabilità di questo tipo di transazioni se portano utili o perdite possono essere certificate a fine anno e il cliente può scegliere se dichiararle o meno. Molte aziende vorrebbero poter ricevere pagamenti in moneta digitale. Una volta c’era il made in Italy, oggi purtroppo c’è un po’ più made in China. E c’è difficoltà a ricevere pagamenti da questi mercati.
Quindi dice che i pagamenti in criptovalute servirebbero ad alimentare il business?
Sì, può essere una soluzione per pagamenti veloci. Oggi gli studi di commercialisti si fanno fatica a contabilizzare in un mastrino un pagamento in entrata o in uscita in criptovaluta. Noi li aiutiamo in questo. Il nostro servizio di custodia cosa fa? Riceviamo il pagamento in cripto, lo identifichiamo nella valuta che il cliente vuole ricevere e lo contabilizziamo nel valore della fattura che deve essere pagata. Quindi, a fine mese, c’è l’esatto accoppiamento tra il valore da incassare in euro, in pound o in dollari.
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