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Perché Netflix è obbligata ad alzare i prezzi (e lo farà anche in Italia)

Netflix ha annunciato che, per gli utenti residenti in Nord America, aumenterà ancora il prezzo mensile: è la sesta volta dal 2014. Si tratta dell’unico modo con cui la società riesce a sostenersi in un contesto di concorrenza sempre più accesa, dopo che, all’inizio del 2021, ha deciso di non ricorrere più ai prestiti.

A gennaio 2021, durante il resoconto trimestrale, l’amministratore delegato, Reed Hastings, ha riferito infatti che la società avrebbe smesso di ricorrere ai finanziamenti esterni per sostenere i costi associati alle operazioni quotidiane. Quelli legati, quindi, non solo alla produzione di contenuti, film e serie tv, necessari a mantenere gli abbonati e attirarne di nuovi, ma anche alle spese operative, come gli stipendi dei dipendenti. 

In circa dieci anni, Netflix aveva accumulato un debito di 16 miliardi di dollari. Parte di quel debito c’è ancora; ma le entrate di Netflix sono sufficienti per ripagare gradualmente quel debito e compensare i costi della produzione di nuovi contenuti. Fino a un certo punto.

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Gli aumenti di prezzo di Netflix

Per far fronte agli investimenti necessari per produrre contenuti di qualità, Netflix ha alzato il prezzo sei volte negli ultimi sette anni in Nord America. In Italia, dove il servizio è attivo dal 2015, i costi mensili dei tre piani disponibili sono già aumentati tre volte: nel 2017, nel 2019 e nel 2021. Oggi in Italia l’abbonamento parte da un prezzo di 9,99 euro e sale fino a 17,99 per accedere a un flusso video a risoluzione 4K e garantire la fruizione contemporanea a quattro utenti. Quando è arrivato, costava al massimo 11,99 euro. Dopo l’aumento di prezzo negli Stati Uniti, è presumibile che Netflix farà lo stesso anche in Italia perché così è stato nelle precedenti occasioni.

La motivazione alla base è quella tradizionale: “Stiamo aggiornando i nostri prezzi in modo da poter continuare a offrire una vasta gamma di opzioni di intrattenimento di qualità”. Vale a dire le serie tv, i film, gli spettacoli e, da qualche settimana, anche i videogiochi mobile, disponibili come parte dell’abbonamento sia su iOS, sia su Android.

L’espansione nel mondo videoludico, annunciata agli investitori a luglio 2021, è stata segnata dall’assunzione di Mike Verdu, dirigente con esperienze in Electronic Arts e Oculus, e dall’acquisizione della società Night School Studio, creatore di videogiochi come Oxenfree (2016) e Afterparty (2019), per una cifra mai resa pubblica.

A richiedere ingenti investimenti, comunque, sono soprattutto film e serie tv, che rappresentano il principale contenuto di Netflix: nel 2021 l’azienda ha speso 17 miliardi di dollari in contenuti.

La concorrenza dello streaming

L’introduzione dei videogiochi nell’abbonamento è servita a Netflix per espandere i contenuti di intrattenimento in un momento in cui la concorrenza è sempre più serrata. Negli ultimi anni, le piattaforme concorrenti sono aumentate: Amazon, Apple, Walt Disney e Discovery sono alcune delle società che oggi propongono servizi di streaming audiovisivo.

Netflix le domina tutte dall’alto di 213,5 milioni di abbonati in tutto il mondo, di cui 140 milioni sul mercato internazionale (cioè fuori dagli Stati Uniti e dal Canada). Ma gli altri produttori si stanno muovendo più velocemente. Soprattutto Walt Disney, la cui piattaforma di streaming, Disney+, può fare leva sui contenuti di Pixar, Star Wars e Marvel. Disney+, secondo i dati più recenti, vanta 118,1 milioni di abbonati, radunati nel giro di pochi anni. A Walt Disney, infatti, sono bastati 16 mesi per superare i 100 milioni di abbonati, mentre Netflix aveva impiegato dieci anni. Inoltre, il gruppo Walt Disney possiede anche il servizio di contenuti sportivi Espn+, a cui sono abbonate oltre 17 milioni di persone.

Ad aprile 2021, il co-fondatore di Amazon Jeff Bezos aveva dichiarato che 175 milioni di persone hanno guardato i contenuti su Prime Video nel corso dei dodici mesi precedenti. Da allora Amazon non ha aggiornato i numeri: certamente sono alti, considerato che in tanti Paesi, fra cui l’Italia, la fruizione dei contenuti di Prime Video è inclusa nell’abbonamento Prime, che comprende altri vantaggi come le spedizioni rapide gratuite, uno spazio di archiviazione cloud, una selezione di ebook e lo streaming musicale.

I nuovi rivali

Nel 2021 l’operatore di telecomunicazioni At&t si è accordato per fondere WarnerMedia, già in suo possesso, con Discovery. La nuova società, detenuta per il 71% dagli azionisti di At&t, sarà un gigante dello streaming, forte dei contenuti di Hbo, Warner Bros., Food Network, Cnn e Animal Planet. Insieme, Hbo, Hbo Max e Discovery+ – tre servizi di streaming della nuova società – contano oltre 80 milioni di abbonati. Nel complesso, WarnerMedia e Discovery spendono 20 miliardi di dollari all’anno per produrre contenuti televisivi e per lo streaming.

Netflix si trova quindi a dover correre per mantenere alta la fedeltà dei suoi abbonati. Il che significa dover regolarmente chiedere a loro di pagare qualche euro in più al mese.

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