Dalla Scozia al Messico, fino al Brasile: a differenza del mondo del vino, che ancora vive di un forte eurocentrismo (soprattutto della parte continentale con Francia e Italia a fare la parte del leone) il mondo della distillazione non ha barriere geografiche e climatiche. E ovunque ci sia una materia prima ricca di zucchero che può fermentare è possibile far sorgere una distilleria che racconti il territorio e le sue materie prime.
Professione ambassador
In questo decennio di rinascita globale dei distillati sono sempre di più gli alambicchi che si accendono da una parte all’altra del globo, figli di nuovi imprenditori che non vogliono soltanto vendere, ma anche comunicare i propri valori fondanti che li differenziano dai prodotti industriali presenti sul mercato. E se a rendere le bottiglie speciali ci pensano i master distiller, per raccontarle nel mondo servono nuove professionalità capaci di trasmettere la passione e l’idea dietro a questo lavoro che è molto più agricolo e artigianale di quello che anni di grande distribuzione ci hanno portato a credere.
Questi ambassador devono ovviamente devono parlare bene le lingue, essere disposti a viaggiare molto e avere grande capacità di comunicazione. E se la ricerca di figure del genere sa essere globale, non bisogna sorprendersi dall’apprendere che spesso sono i professionisti italiani tra i più scelti e ricercati, grazie all’innato talento comunicativo e lo spirito d’adattamento. Ecco tre storie per capire chi sono i grandi storyteller dei distillati provenienti dal Belpaese, e perché il savoir-faire italiano è ricercato per raccontare prodotti così lontani dalla nostra cultura.
Stefano Francavilla – Tequila Fortaleza
Nato e cresciuto nella provincia milanese, l’avvicinamento al mondo del bar per Stefano Francavilla inizia dopo il trasferimento a Londra nel 2001, grazie alla possibilità di lavorare e formarsi in alcuni dei posti più all’avanguardia del periodo come il mitico LAB in Soho. Nel 2005 arriva per lui la grande scelta di cambiare continente e spostarsi in Nord America, dove dopo una parentesi di nove mesi a San Francisco per seguire l’apertura di “Tres Agaves” dell’amico e mentore Julio Bermejo, dove si approccia per la prima volta in modo più approfondito ai distillati di questa meravigliosa pianta messicana.
Desideroso di scoprire di più sulle origini di questo distillato, decide di transferirsi nello stato messicano di Jalisco alla fine del 2005, unica regione del mondo dove si può produrre la Tequila. La sua volontà di scoperta è talmente forte che per i primi 4/5 mesi lavora gratuitamente per le distillerie della zona ricoprendo i ruoli più svariati, al solo scopo di per poter imparare i segreti della produzione del Tequila.
Rientrato a Londra per una nuova avventura professionale al Montgomery Place insieme al leggendario Agostino Perrone, si rende conto in breve tempo che ormai il richiamo del Messico si è insinuato in lui e nel 2007 il suo trasferimento a Guadalajara diventa definitivo. La sua storia professionale invece cambia grazie all’incontro con Guillermo Sauza, erede della leggendaria famiglia che per prima ha esportato il prodotto fuori dai confini nazionali.
Se il marchio Sauza oggi è stato venduto insieme alla maggior parte delle distillerie, la famiglia ha mantenuto viva la propria tradizione ripartendo con la produzione artigianale di Fortaleza, prodotta macinando gli agave con una macina di pietra come si faceva ai tempi delle origini. Un valore di manualità che Stefano oggi racconta in giro per il mondo, affiancando il suo lavoro alla collaborazione per la creazione di nuovi prodotti, fino a collaborare con idee per il marketing, in un ruolo a tutto tondo in cui può mettere a disposizione tutte le competenze acquisite negli anni.
Antea Allegro – Kilchoman
Originaria di Cuneo, Antea Allegro è oggi la brand manager della distilleria Kilchoman, forse la più interessante distilleria di nuova generazione dell’intera Scozia, sorta sull’isola elettiva di Islay, la stessa da cui provengono molti dei più amati distillati torbati, e dove prima della loro decisione imprenditoriale non apriva una nuova distilleria da decenni.
Per l’azienda insulare Antea gestisce il marketing e le vendite in diversi mercati, tra cui la stessa Scozia, la Francia e l’italia. Il suo rapporto con il mondo dei distillati nasce anche in questo caso partendo dal mondo del bartending e da esperienze in ristoranti stellati in Italia, che la rendono capace di apprezzare e raccontare i prodotti più disparati, partendo dal vino di cui la sua terra d’origine è patria fino alle materie prime di alta qualità usate nella ristorazione. La cura del prodotto e la ricerca degli ingredienti, sono sempre stati alla base dei suoi interessi, per questo decide di trasferirsi in Gran Bretagna nel 2012 per esplorare le nuove tendenze in miscelazione e crescere professionalmente all’interno del mondo del bartending inglese.
Dopo un anno e mezzo passato dietro i banconi di Londra e Edimburgo, nel 2013 si avvicina al mondo della produzione con l’opportunità di entrare a far parte del team della Scotch Malt Whisky Society, un imbottigliatore indipendente con stock di vari single cask di oltre 135 distillerie all’epoca (ora oltre 170). Quello che doveva essere un viaggio temporaneo di scoperta, diviene poi un trasferimento a tempo pieno. Dopo una breve parentesi in Italia con la multinazionale Diageo, torna a Edimburgo per lavorare in Tennent’s come sales manager per birra Menabrea.
Ma ormai è il whisky il suo mondo, e se inizialmente lo approccia come un’incognita, o come un ingrediente da utilizzare in miscelazione, con il passare del tempo la curiosità della varietà di sapori e degli scenari la portano a essere un’esperta capace di trasmettere con le sue parole l’immenso lavoro che c’è dietro la produzione di questo whisky, che per primo si è posto il problema di controllare la propria filiera della materia prima.
Ma nella sua scelta di un’avventura professionale all’estero c’è anche un passaggio in più, che lei stessa ci ha raccontato: “La scelta di lasciare l’Italia 10 anni fa è stata una scelta sofferta ma necessaria, il mondo del lavoro dava opportunità limitate, e come donna mi pesavano le discriminazioni e la mancanza di lungimiranza nelle posizioni lavorative. La scena del bartending in Italia fortunatamente è cambiata e c’è molta più inclusione, ma è arrivata tardi per la mia generazione ed è per questo che l’approccio e la meritocrazia inglese mi colpirono subito, e dopo pochi mesi in Scozia avevo già capito che non avrei fatto ritorno in Italia professionalmente”.
Arturo Isola – Amazzoni Gin
Arturo Isola è (citando le sue parole) “nato e cresciuto in riva al mare ligure di Genova, e diventato adulto al sole del Brasile”. Divenuto infatti architetto e designer tra Genova e Milano durante un tranquillo viaggio di capodanno per vedere i fuochi di Copacabana, si innamora perdutamente del Brasile e, cosa più importante, di una carioca. Dopo tre anni di avanti e indietro con il Sud America arriva la decisione di trasferire vita e uffici a Rio.
Ma si sa, chi vive all’estero soffre le volte di particolari e curiose forme di nostalgia di casa, che nel caso di Arturo si manifestava con l’assenza di un Negroni degno di questo nome. Il Brasile è infatti la terra della cachaça e di canna, e quindi per questo nessun altro tipo di distillazione era mai stata avviata, rendendo introvabile un gin locale.
Incuriosito dall’idea decide perciò di lanciare il primo Gin del paese, chiamandolo Amazzoni in una doppia dedica alla foresta e alle donne. In una vecchia distilleria disattivata vicino a Rio comincia la sua nuova avventura imprenditoriale, e il 17 marzo 2017 vede la luce il primo gin brasiliano di sempre con una visione chiara: essere un gin dell’altro mondo, una marca mai vista prima per parlare di Amazzonia e di cosa fare per proteggerla.
Arrivati fin qui la sua storia potrebbe apparire ben diversa da quella degli altri protagonisti di quest’articolo, in quanto si parla di un imprenditore, ma la verità è che Arturo oltre a essere l’uomo dietro al progetto ne è anche il volto più riconoscibile, e anche se il suo distillato è diffuso ovunque in patria e esportato all’estero, lui non si tira mai indietro dal metterci la faccia, accompagnando gli addetti ai lavori in giro per il Brasile per raccontare la propria storia oppure facendo voli intercontinentali per presiedere in tutte le giurie della Amazzoni Competition. Perché avere una bella storia è certamente utile, ma saperla comunicare è senza dubbio fondamentale.
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