Responsibility

Produrre energia dagli scarti: l’azienda italiana leader nel biometano liquido

Dalla produzione a partire dai rifiuti, al trasferimento attraverso una flotta di cisterne criogeniche, alla rete di distributori stradali. Dal consumatore al produttore, case history perfetta di economia circolare. Andiamo oltre: il biometano, già in testa a un’ipotetica classifica delle energie pulite, diventa bioGNL. Ed ecco il cerchio perfetto. Per Biomet un primato etico, tecnologico e industriale che non ha eguali in Italia e in Europa. Un segnale forte e chiaro di dove possiamo andare per non ritrovarci sotto ricatto energetico permanente. Ne parliamo con l’azionista e ad Antonio Barani.

Biomet è un esempio concreto di transizione ecologica che l’intera filiera di produzione di biometano liquido dai rifiuti e scarti agricoli. Un’icona dell’economia circolare, insomma?

Produrre energia dagli scarti sembrava un sogno, invece oggi è realtà. La produzione di biometano permette di chiudere in modo virtuoso il ciclo dei rifiuti e fornire una risposta concreta alla crisi energetica che stiamo vivendo. Negli anni, si è sviluppata la consapevolezza che l’efficienza dei processi passa in primis dalla riduzione degli scarti, ma soprattutto dal loro riutilizzo come “materia prima seconda”.

In questo modo si può concretamente fare impresa in modo responsabile, armonizzando risultati economici, sociali e ambientali: è corretto?

Oggi essere un’impresa socialmente responsabile e sostenibile è un dovere, ma anche un grande vantaggio competitivo. Dieci o quindici anni fa si pensava che scegliere determinate buone pratiche fosse una scelta ideologica, oggi è chiaro come il tema della sostenibilità sia un driver di crescita aziendale. Per questo motivo, ritengo che attuare scelte imprenditoriali che sposino criteri Esg (Environmental, Social and Governance) non è solo un dovere morale, ma anche una grande opportunità.  Abbiamo la necessità inderogabile di conciliare sviluppo e tutela del territorio, soprattutto in risposta alla strada perseguita dall’l’Unione Europea e i suoi Stati membri, dove le normative ambientali e di sicurezza sono le più stringenti al mondo. Basti richiamare, per restare nel business di riferimento di Biomet, la Direttiva Dafi (del Parlamento europeo e del Consiglio) sull’utilizzo dei combustibili alternativi nel settore di trasporti.

Parole chiave: sostenibilità ambientale e sociale; vantaggio competitivo. Ma anche una grande opportunità di Conciliare sviluppo e tutela del territorio.

Partire dalle proprie radici per sviluppare un percorso articolato che possa giovare al sistema imprenditoriale del territorio: questo è sicuramente uno dei principali obiettivi che mi sono prefissato fin dal 2018, quando ho fondato Biomet. Oggi la società fa parte di un ecosistema di imprese che hanno come obiettivo comune lo sviluppo di una filiera energetica sostenibile. Accanto a Biomet e BiometGNL abbiamo, ad esempio, Agrimet, nuova società del gruppo che ha come scopo il rafforzamento della filiera del biometano agricolo. In Italia, ci sono 1.604 impianti a biogas, di questi solo 32 sono stati convertiti alla produzione di biometano. Proprio in tale contesto si inserisce Agrimet, che investe nel biometano da agricoltura, uno dei mercati più scalabili all’interno del settore della green energyCome Gruppo di imprese, il nostro scopo è quello di fortificare una rete territoriale di imprenditori e buone pratiche per accrescere il valore della produzione agricola ed energetica, partendo dalla Lombardia per arrivare nel resto del Paese. Vogliamo creare sinergie con le realtà locali per azzerare gli scarti delle attività produttive e accrescere il valore delle imprese virtuose. Inoltre, il 2022 ci ha insegnato che gli eventi dovuti al cambiamento climatico, come la lunga siccità estiva, colpiscono direttamente le nostre vite e i nostri business. La produzione di biometano da filiera agricola aiuta a restituire fertilizzante e acqua ai terreni, risorse quanto mai indispensabili.

Quindi bisogna progressivamente abbandonare i combustibili a elevato tenore di zolfo (particolarmente inquinanti) e puntare su elettrico, idrogeno e GNL, il gas naturale liquefatto? -.

L’elettrico è sicuramente un vettore fondamentale per la mobilità urbana e il settore dell’idrogeno ha delle potenzialità ancora inespresse, in questo ambito investire in R&D è fondamentale. Anche noi ci stiamo muovendo in questo senso grazie alla start-up innovativa Hydro2Move, che insieme al Politecnico di Milano e ai suoi formidabili studenti sta studiando progetti nel settore. Mi preme però fare una piccola digressione sul gas naturale liquefatto. Il Gnl è entrato prepotentemente nell’immaginario collettivo nell’ultimo anno.

La crisi energetica e degli approvvigionamenti ha esaltato ancora di più la caratteristica principe di questa commodity: la sua flessibilità. Infatti, una volta trasformato in forma liquida, il gas viene esportato nel mondo attraverso navi metaniere. Per importarlo non sono necessarie quindi infrastrutture transnazionali come i gasdotti, che possono facilmente diventare un’arma di ricatto in momenti di instabilità geopolitica.  Inoltre, il Gnl è un’ottima soluzione sia in termini di produzione e di fornitura energetica sia come combustibile a ridotte emissioni nel settore dei trasporti. In primis, nel comparto marittimo ma anche per i trasporti pesanti su gomma. Un altro grande vantaggio del Gnl è nelle tecnologie di utilizzo. Navi, camion e impianti a gas naturale liquefatto sono già una realtà. Ciò che bisogna ricordare è che il Gnl “tradizionale” è di origine fossile. Come Biomet siamo quindi andati oltre e abbiamo iniziato a parlare di bioGnl.

Arriviamo al punto. Il bioGnl è considerato il combustibile guida nella transizione energetica. Perché questa valutazione?

Il bioGnl unisce alle opportunità del Gnl la sostenibilità del biometano. Si tratta di biometano liquefatto che può essere utilizzato per tutti gli usi classici del gas e con tecnologie già pronte all’uso, senza modifiche impiantistiche rilevanti. Ad esempio, può essere immesso nella rete di distribuzione gas nazionale e concorrere a riscaldare le nostre case. Il bioGnl può inoltre far diventare realistico l’obiettivo del “Green Deal Europeo” di avere un settore dei trasporti a zero emissioni entro il 2050. Per questo viene definito uno “zero carbon fuel”. La sua produzione non è “carbon free” ma la potenzialità di questo prodotto sta nella sua implementazione in processi già esistenti, come impianti di trattamento rifiuti, allevamenti zootecnici, stabilimenti industriali e depuratori. Di fatto, la produzione di bioGnl evita più emissioni in atmosfera di quante ne produca. Nel settore dei trasporti stradali, il bioGnl può tranquillamente essere utilizzato in motori a Gnl “tradizionali” e consente di ridurre le emissioni di CO2 fino al 97% rispetto all’utilizzo di carburanti fossili. Inoltre, integrandosi in cicli produttivi, può aiutare a decarbonizzare le loro supply chain. Un esempio virtuoso di economia circolare a ciclo completo può essere quello di un impianto di trattamento rifiuti che alimenta i propri camion per la raccolta porta a porta con biometano liquefatto autoprodotto.

Biomet copre l’intera filiera: produzione da rifiuti, flotta di cisterne criogeniche per il trasporto; rete di distributori stradali di biometano e bioGNL. Un primato in Italia?

Abbiamo scelto di presidiare l’intera verticale del bioGNL con infrastrutture di produzione, di trasformazione e di distribuzione. La nostra materia prima è la frazione organica del rifiuto solido urbano (FORSU). Partiamo dal trattamento dei rifiuti, nel nostro stabilimento di San Rocco al Porto (LO) per produrre, attraverso un processo di digestione anaerobica, biometano da immettere in rete. Nel sito di Belgioioso (PV) trasformiamo il biometano in forma liquida per poi gestire la distribuzione attraverso il nostro punto vendita e impianti di terzi.

Parliamo degli impianti, della realtà e delle prospettive da San Rocco a Belgioioso…

I punti principali della nostra filiera sono i seguenti. Iniziamo dall’impianto di produzione di biometano di San Rocco al Porto, in provincia di Lodi. La potenzialità di trattamento dell’impianto è pari a 40.000 tonnellate all’anno di rifiuto in ingresso. Si parte dai rifiuti, attraverso la digestione anaerobica, viene prodotto biogas che viene valorizzato mediante un processo di raffinazione – il cosiddetto “uprading” – per essere trasformato in biometano, da immettere nella rete di distribuzione nazionale di gas. 

Generiamo dunque energia dagli “scarti” e nel farlo riduciamo al minimo il nostro impatto utilizzando ogni residuo di lavorazione. Infatti, il digestato solido derivante dal processo di digestione –  debitamente disidratato meccanicamente – è trasformato in ammendante compostato misto (compost), utilizzabile come fertilizzante.  La produzione annua di biometano ammonterà a 5 milioni di metri cubi equivalenti a circa 3.000 tonnellate di biometano liquido, pari circa al consumo in un anno di una stazione di carburanti a pieno regime. Se a San Rocco produciamo e immettiamo in rete il biometano, a Belgioioso (in provincia di Pavia) il biometano diventa liquido grazie alla realizzazione di un impianto di liquefazione. Per diventare liquido, il biometano viene raffreddato e portato fino a 160 gradi sotto lo zero. La produzione annua di GNL ammonterà a 8.500 tonnellate, in grado quindi di rifornire almeno 4 distributori stradali di media grandezza. L’entrata in funzione del liquefattore, in linea con quella dell’impianto di produzione di biometano, è prevista entro la fine dell’anno.

Profilo di Biomet. Chi sono i protagonisti?

Biomet, nata nel 2018, è una società per azioni italiana posseduta all’80% dal fondo infrastrutturale tedesco Patrizia Ag e al 20% da Santa Devota S.p.A., il family office del fondatore e Amministratore Delegato Antonio Barani Patrizia Ag è una società di investimento basata ad Augusta e quotata a Francoforte. Con 56 miliardi di euro in gestione e più di 1.000 dipendenti è considerato uno dei più grandi fondi infrastrutturali Europei. Partecipa a Biomet attraverso il fondo “Patrizia European Infrastructure Fund II” sotto la guida di Matteo Andreoletti.

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