Elon Musk, spacex starship
Space Economy

Starship esplode in volo. Ma Elon Musk non fermerà la sua corsa verso la Luna

Il viaggio del lanciatore Starship, partito ieri, 20 aprile, alle 8:33 ora locale dalla Starbase di SpaceX vicino a Boca Chica in Texas, è durato poco più di quattro minuti (quattro minuti e sei secondi, per la precisione). 

Durante il conto alla rovescia c’era stato modo di ammirare il più grande e potente lanciatore mai costruito, un cilindro di nove metri di diametro per un’altezza di 119, scintillante al sole perché fatto in acciaio, materiale scelto in quanto robusto ma meno caro dei compositi. Il sistema di lancio è formato da due parti: un primo stadio, chiamato Super Heavy, di 69 metri e con 33 motori Raptor 2 (sviluppati ad hoc), e uno stadio superiore con 6 motori Raptor, lungo 50 metri, la vera e propria astronave Starship, cioè il mezzo destinato al trasporto di cose e persone.  

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Record a parte, il sistema vuole anche essere un lanciatore ecologico. A differenza dei motori Merlin del Falcon, che bruciano cherosene e ossigeno, i motori Raptor usano metano e ossigeno liquidi sviluppando una potenza doppia di quella del Saturno V e dello Space Launch System delle missioni lunari Artemis. 

Le inquadrature permettevano di vedere bene la gigantesca torre di lancio, un sistema molto complesso pensato per l’integrazione e per l’atterraggio del lanciatore, basato su possenti strutture, scherzosamente chiamate bacchette, che sono parte integrante della torre, poco più alta del lanciatore. Con le bacchette si possono afferrare e integrare il booster e la navetta, eliminando la necessità di avere mastodontici fabbricati dove fare l’integrazione e cancellando così anche i pittoreschi trasporti con il possente mezzo cingolato che ha portato alla torre di lancio i Saturno V e, più di recente, dopo un po’ di manutenzione, l’Sls.

Nella filosofia risparmiosa di Space X, la torre di lancio è anche la torre di recupero, con le bacchette che dovranno afferrare il booster una volta rientrato pochi minuti dopo il lancio. Anche la capsula Starship che abbiamo ammirato per metà annerita, perché ricoperta da piastrelle protettive per permetterle il rientro nell’atmosfera, è pensata per essere riutilizzabile ed è progettata per atterrare verticalmente.

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L’esplosione di Starship

Alla partenza tutto sembrava andare bene. Il lanciatore ha superato con eleganza la torre di lancio e si è alzato nel cielo terso, le inquadrature dal basso permettevano di vedere che non tutti i motori erano accesi – 5 dei 33 non fiammeggiavano -, ma questo non sembrava essere un problema. Si è formato il cono sonico quando il razzo ha raggiunto la velocità del suono, che è il momento di maggior carico per il booster, ma poi tutto ha iniziato a muoversi in modo scomposto fino a quando, alle 8:37, è stato dato il comando dell’autodistruzione.

Il test, che era il primo collaudo del sistema Starship completo, era un passo importante per SpaceX, che ha puntato molto sull’innovativo lanciatore, e per la Nasa, che ha affidato all’azienda di Elon Musk il contratto per costruire, utilizzando proprio Starship, il modulo di allunaggio per la missione Artemis III, quella deputata a portare la prima donna e il primo uomo non bianco sulla Luna.

Da settimane Musk diceva che il lancio del suo Starship sarebbe stato imminente e tutti erano curiosi di vedere all’opera il campione dei lanciatori.

Per decidere la data del volo di test mancava solo l’autorizzazione della Federal Aviation Administration che, dopo 500 giorni di esame dettagliato di tutti i dossier, ha dato parere positivo il 14 aprile alle 5:50 del pomeriggio. Sette minuti dopo SpaceX ha annunciato avrebbero fatto il primo tentativo di lancio il 17, con una finestra di di 150 minuti a partire dalle 8 del mattino, ora del Texas.  

Poi, il 17, il conto alla rovescia era stato interrotto pochi minuti prima del lancio per un problema a una valvola dei serbatoi. L’eventualità che qualcosa potesse andare storta era stata messa in conto da Musk, che aveva fissato a non più del 50% la probabilità di riuscita.

La posta in gioco è alta: su Starship si basa buona parte del futuro di SpaceX per mettere in orbita la costellazione Starlink di seconda generazione, per soddisfare i turisti che hanno già prenotato e pagato i viaggio di circumnavigazione della Luna, ma anche per tenere fede agli impegni con la Nasa. Per questo Musk aveva dichiarato “if it does go wrong, there’s a lot to go wrong”. Del resto rimandare il lancio di un razzo ancora in fase di collaudo non è una novità: è successo più volte anche all’Sls della Nasa, che ha cancellato diversi tentativi prima di partire. 

Ieri hanno riprovato e il lift off è avvenuto un minuto dopo l’inizio della finestra di lancio. Gli esperti fanno notare non si tratti di un fallimento totale: sarebbe stato peggio se l’esplosione fosse avvenuta sulla rampa, perché avrebbe danneggiato la torre e avrebbe richiesto costosi lavori di riparazione.

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Le reazioni

Adesso SpaceX deve mettere in pratica il suo mantra: Fail fast, but learn faster, in sostanza “sbaglia in fretta, ma impara più rapidamente dai tuoi errori”. SpaceX lo ha già fatto con il Falcon 9: l’approccio è provare una tecnologia ancora non perfetta per vedere dove sia necessario intervenire. Significa accettare disastri in itinere per sviluppare il prodotto in tempi più brevi e a costi più contenuti rispetto ai metodi tradizionali. 

Il velivolo partito dalla Starbase texana, formato da un prototipo del Super Heavy, chiamato Booster 7, e da una variante dello stadio superiore, chiamata Ship 24, era destinato a non sopravvivere al volo di prova. Infatti, il Booster 7 sarebbe dovuto cadere nel Golfo del Messico a 32 chiloemtri dalla costa otto minuti dopo il lancio, mentre Ship 24  avrebbe dovuto  descrivere un’orbita quasi completa della Terra per poi ammarare (in modo distruttivo) nell’oceano Pacifico, vicino alle Hawaii, un’ora e mezzo dopo la partenza. In test precedenti, Starship aveva già raggiunto una quota di una decina di chilometri, per poi tornare a terra. Questo era il primo test orbitale, ma non è andato oltre alla prima milestone: diventare supersonico, dopo è andato fuori controllo.

C’è da scommettere ci riproveranno presto, perché il tempo stringe e SpaceX deve ancora mettere alla prova la resistenza alle sollecitazioni meccaniche del booster e della capsula che, nei prossimi voli, dovranno tornare indietro per essere recuperati, pronti per un nuovo utilizzo. 

Per SpaceX è stato il 26esimo lancio (e il primo fallimento) del 2023, a testimonianza dello strapotere della compagnia nel settore dei lanciatori, dove l’Europa si deve accontentare di un unico lancio di Ariane 5 che ha fatto iniziare, in modo impeccabile, il viaggio della sonda Juice il 14 aprile. Ma il lanciatore Ariane, così come quello della Nasa, sono totalmente a perdere, mentre SpaceX ha puntato tutto sul recupero e sul riutilizzo dei lanciatori.

Così facendo Elon Musk vuole abbassare drasticamente i prezzi dei lanci, rendendo lo spazio più appetibile dal punto di vista economico. Con un lanciatore e una torre di lancio che sembrano usciti dalle pagine dei fumetti, Musk vuole rivoluzionare il settore spaziale grazie a soluzioni originali e innovative. Non sarà un fallimento a fermarlo, in un certo senso l’aveva già messo in conto. 

Anche l’amministratore della Nasa, Bill Nelson, lo incoraggia, e non è poco. 

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