Cultura

Da Shanghai alla Silicon Valley con le emoji: l’artista e designer Yiying Lu si racconta a Forbes

La sua storia comincia in Cina, anche se il suo sogno è verso l’Europa. “Non ci sono ancora stata, ma vorrei tantissimo lavorare con l’Italia”, confessa apertamente. Nata a Shanghai, Yiying ha presto compreso che la sua strada sarebbe stata verso l’Occidente, anche se allora ancora non sapeva dove si trovava la Silicon Valley. “La cercavo su Google Maps e non la trovavo”, dice scherzando. “Mi domandavo cosa fosse, una regione, un distretto, una città?”.

Eppure, il suo successo più grande sarebbe stato generato proprio qui. La sua missione? “Aiutare le startup a emergere tramite l’arte, creare dei ponti di collegamento tra le diverse culture”, dice Yiying Lu. Si fa chiamare artrepreneur, perché è una designer, un’artista, ma anche una specialista nel branding e marketing, come nel business. A San Francisco e nella Silicon Valley, così come negli Stati Uniti, in Asia e in Australia è considerata una guru del settore. È stata invitata a parlare in più di venti paesi nel mondo a TEDx, Sxsw, Adobe Max, Web Summit, Talks at Google, Rise Summit, TechCrunch Disrupt, e, il 17 luglio, in occasione della Giornata mondiale delle Emoji, organizzerà nel Ntt Experience Center di San Francisco un “emoji day”, dove mostrerà le emoticon da lei create, come alcune originali opere d’arte, tra cui una Monnalisa rivisitata. A ottobre sarà una speaker del Sxsw Sydney, in Australia.

L’artista cinese Yiying Lu mostra le sue emoji sul cibo

Come è approdata in Silicon Valley?

Lasciai la Cina per studiare arti visive e design all’University of Technology di Sydney, partecipai poi a un programma di scambio a Londra, all’University of the Arts London at Central Saint Martins. Fu lì che cominciai a sviluppare un disegno che mi avrebbe portato presto al successo. Pensai a questa balena che poteva viaggiare quando io non potevo, perché ero tornata in Australia e quindi non sarei stata presente alle feste che i miei amici europei organizzavano. In quel periodo Facebook era aperto solo a chi era iscritto e aveva una e-mail al college e io vi entrai a far parte. Così mi invitavano a matrimoni, fidanzamenti, feste di compleanno o di diploma, e io mandavo l’immagine della mia balena. Si trattava, in realtà, di una beluga, molto speciale, perché veniva fatta volare da alcuni uccellini che la trasportavano sopra l’oceano per portare il mio affetto e i miei desideri. Mi ispirai agli artisti surrealisti per creala. Ho sempre amato Dalì, per esempio. Per me l’arte deve trascendere la realtà: se una balena non può volare nel mondo reale, lo può fare nel mondo virtuale.

Come cominciò la sua collaborazione con Twitter?

La caricai su internet e Biz Stone, il co-fondatore di Twitter, la prese in licenza. Nel 2008 la comunità online di Twitter mi votò per il Shorty Awards Winner in Design e viaggiai per la prima volta negli Stati Uniti per ricevere questo premio, a febbraio 2009. Sulla via di ritorno per Sydney mi fermai a San Francisco per incontrare la mia comunità online e mi fecero una grande festa, come se fossi una celebrity. Twitter allora era una startup con 2 milioni di utenti. Oggi che ha circa 450 milioni di utenti attivi mensili, secondo i dati del 2022, la mia balena è conosciuta come The Twitter Fail Whale. È grazie alla tecnologia se sono arrivata al grande successo, perché tramite i social media avevo sviluppato una rete di amici virtuali che poi incontrai di persona e divennero spesso miei clienti. Addirittura il famoso conduttore televisivo Conan O’Brien fu stregato dalla mia balena. Così creai una balena bianca cavalcata da lui, che chiamai The Pale Whale.

Perché ha deciso di vivere a San Francisco?

Mi colpì lo spirito della città e della Silicon Valley, come la gente ti aiuta se hai un progetto o un’idea, come ti prende sul serio e cerca di far diventare il tuo sogno realtà. Inoltre c’erano centinaia e centinaia di startup e questo era molto stimolante per me. Mi affascina lo spirito imprenditoriale che domina qui e il fatto che molti fondatori di aziende vengono da tutto il mondo. Le culture e le mentalità si mescolano e aprono la mia mente. Ora San Francisco è casa mia, dove ho la mia “famiglia” di amici. Abito qui da oltre otto anni.

Come ha sviluppato la sua carriera in questo periodo? Pensa che l’esperienza in Silicon Valley l’abbia fatta crescere?

Ho imparato tantissimo qui. Adesso sono conosciuta come una delle migliori designer per creare quelle che chiamo “Cross-Cultural Branding Identities”, brand e loghi che sono l’identità stessa dell’azienda. Per quasi nove anni sono stata direttore creativo, brand e design mentor di 500 Startups, un’azienda di capitale di rischio anticonvenzionale, chiamata ora 500 Global. Il sindaco London Breed, nel 2021, mi ha nominato San Francisco Arts Commissioner, ruolo che ricopro come volontaria per aiutare la comunità di artisti emergenti a San Francisco. Dal 2016, oltre a gestire il mio studio di design, sono anche Global Creative Ambassador di Adobe. Fino a ora ho collaborato con Apple, Google, Salesforce, Airbnb, Disney e tantissimi altri.

Lei è nota inoltre per avere creato i popolarissimi emoji dumplings,

Sì, i dumplings sono in Cina come i tortellini in Italia e anche in tutta l’America sono molto amati. Quando arrivai a San Francisco mi resi conto che non esistevano loro emoji. Così li creai io. Al momento sono anche parte di una mostra sulle emoji al Computer History Museum a Mount View, nella Silicon Valley. Le emoji per me sono “changemakers”, sono simbolo di diversità, uguaglianza e inclusione. Alla mostra ci sono emoji di tanti artisti di diverso tipo, di diverse etnie e culture.

Continua brillantemente perfino perfino la sua carriera di speaker?

Certo, sia di persona che virtualmente. Parlo di tecnologia combinata all’innovazione interculturale. Ho creato un progetto in cui disegno ponti in tutto il mondo. Per me i ponti sono il simbolo di connessione e sviluppo. Mi piacerebbe fare un progetto sui ponti in Italia. Li ho visti solo in fotografia, perché non sono ancora stata in Italia. Ho sempre voluto andarci da quando vivevo in Cina.

Come è nata questa sua passione per l’Italia?

Sono cresciuta a Shanghai, in Cina, una città molto internazionale. Erano gli anni ’80 e il paese aveva appena aperto le sue porte all’Occidente, così la cultura occidentale, compreso il cibo, divenne accessibile alla mia generazione. Il mio primo contatto con l’Italia e con la cultura europea è nato grazie alla gastronomia: alla pizza, alla pasta, al gelato. Mi ricordavano la focaccia cinese, i noodles e il gelato cinese, eppure erano diversi ed emozionanti. Poi ho appreso di Marco Polo e Matteo Ricci, che avevano lavorato con esperti cinesi come Xu Guangqi alla traduzione in cinese degli Elementi di Euclide e dei classici confuciani in latino per la prima volta nella storia. Mi sono lasciata ispirare a sviluppare lo scambio interculturale tra Oriente e Occidente. Un altro mio sogno sarebbe di andare alla Fiera del Libro per bambini a Bologna, dove mi piacerebbe conoscere qualcuno che mi faccia fare un libro per bambini sui dumplings. E poi amo la moda italiana. Vado spesso in giro con un cappellino di Gucci o con vestiti e accessori di Moschino.

Dove trae l’ispirazione per tutte le sue idee creative?

Fin da bambina ho letto e visto tantissimi fumetti e graphic novels, questo ha sviluppano una sorta di infinite immagini visive nel mio cervello, che per sempre resteranno dentro di me quasi fossero una banca dati. In principio pensai di non essere brava in matematica e scienze, ma più le studiai più lo divenni. Fui accettata nella più prestigiosa scuola di tecnologia di Shanghai. E compresi la profonda connessione tra arte e tecnologia. Non c’è da stupirsi che la parola greca per “arte” sia “techne”, che è il prefisso della parola inglese moderna “tecnologia”, e il suffisso “ologia”. Entrambi i termini significano “l’applicazione pratica della conoscenza”.

Cosa auspica per il futuro?

Di trovare sempre più clienti che amano il mio lavoro e lo apprezzano. Essere indipendente mi permette di sviluppare progetti in cui credo, come quello sulla biodiversità per salvare gli animali a rischio di estinzione. O Together, We Blossom, Insieme, fioriamo. È un progetto in cui disegno diversi tipi di fiori per la comunità, soprattutto per le donne. Il primo che dipinsi fu per mia nonna, che persi in Cina durante la pandemia. Fu lei a insegnarmi a usare passione e dedizione in tutto quello che faccio.

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