Articolo tratto dal numero di luglio 2023 di Forbes Italia. Abbonati!
Piccolo – il suo territorio misura poco più di 61 chilometri quadrati e ospita circa 34mila abitanti – ma molto dinamico. San Marino, antichissima enclave sovrana nell’entroterra romagnolo – tra Rimini e Riccione e a due ore e mezza da Milano – ha avviato negli ultimi dieci anni una trasformazione profonda del suo modello economico.
L’obiettivo, spiega Denis Cecchetti, direttore generale dell’agenzia per lo Sviluppo economico – Camera di Commercio locale, è prospettarsi sempre di più come un’opzione complementare e sinergica, caratterizzata da una regolamentazione particolarmente snella, rispetto ad altre grandi giurisdizioni, tra cui quella italiana.
Esiste un’integrazione tra economia sammarinese e italiana?
C’è una sinergia forte e molto virtuosa in alcuni ambiti specifici. Le imprese sammarinesi forniscono valore aggiunto e competitività a varie filiere dell’ecosistema produttivo italiano, soprattutto nelle loro strategie di sviluppo internazionali.
Di quali ambiti stiamo parlando?
Il comparto manifatturiero di San Marino – parliamo dei materiali da costruzione e di arredo d’interni, di macchine utensili e di packaging, di integratori alimentari e cosmetica, fino a oggetti di design – contribuisce per il 35% al nostro Pil, che, nel suo insieme, ha determinato la resilienza dell’economia sammarinese nelle varie fasi economiche e sociali dal dopoguerra a oggi.
E come vi collocate rispetto al fenomeno del reshoring?
Immaginare il rientro nella penisola italiana di progetti ad alto valore aggiunto valorizzando anche le peculiarità della Repubblica di San Marino, per alcune fasi del business, costituisce a mio parere una scelta particolarmente proficua e sostenibile proprio per gli imprenditori e gli investitori italiani. Di fronte a una profonda rimodulazione delle filiere internazionali, condizionate da giurisdizioni a volte molto diverse per abitudini di business, assetti normativi ed istituzionali, ritengo che poter beneficiare delle sinergie tra i contesti italiano e sammarinese sia una grande opportunità reciproca.
Quali sono gli ambiti più innovativi sui quali state lavorando?
Un esempio è la normativa sulla blockchain e i token di utilizzo e di investimento. San Marino sta dando un contributo alle trasformazioni di interi comparti manifatturieri mondiali, facendo leva sulla creazione di leggi chiare ed efficienti, volte a cogliere pienamente le potenzialità della tecnologia sottostante, prospettando un ecosistema certo e trasparente. Altro ambito è quello relativo agli e-sport: qui è stato recentemente emanato un testo unico che regolamenta diritti e doveri di ciascun operatore, da chi produce i software ai contratti di prestazione e-sportiva, dai tornei in presenza, online e misti fino all’assegnazione dei premi. San Marino, in questo modo, ha prodotto un quadro normativo completo per il gaming, un fenomeno globale che dovrebbe raggiungere entro il 2025 circa 650 milioni di utilizzatori nel mondo.
In casi delicati – come quello della cannabis terapeutica – in che modo siete complementari e sinergici rispetto al sistema italiano e alle sue imprese?
Su questo tema abbiamo rilasciato una normativa di frontiera che consente, sul nostro territorio, la coltivazione e la trasformazione di cannabis a uso medicale e terapeutico. Ci sono già giunte le prime manifestazioni di interesse di addetti ai lavori internazionali che potrebbero, una volta autorizzati secondo le nostre leggi, perfettamente conformi a quelle internazionali, contribuire a soddisfare parte della domanda estera oggi non coperta dall’offerta mondiale, quindi prospettando un’opportunità pratica e di alta qualità anche per gli operatori italiani.
Che ruolo giocate in settori sofisticati quali quello della gestione di grandi patrimoni?
San Marino non è una piazza finanziaria, ma con l’istituto del trust di diritto sammarinese offre uno strumento per i gestori di patrimoni personali e aziendali, prospettando un quadro normativo particolarmente chiaro ed efficace. Un framework normativo molto pratico per residenti in giurisdizioni di diritto civile, come l’Italia, che in tal modo non sono costretti a rivolgersi a giurisdizioni di common law, molto diverse sia per principi giuridici che per l’approccio gestionale. Non dimentichiamo, fra l’altro, che a San Marino è attiva una Corte del trust internazionale, abilitata ad intervenire su trust da qualsiasi giurisdizione siano regolati.
Ma quindi cosa proponete? Di chiudere altrove e aprire una propria posizione a San Marino?
San Marino è un piccolo paese che, in quanto tale, si prospetta come un’opzione complementare nelle strategie di imprenditori e investitori alla ricerca di maggiore competitività nelle loro sfide mondiali. Gli accordi internazionali, inclusi quelli con l’Italia, hanno alzato ulteriormente il livello di compliance delle operazioni fra San Marino e le giurisdizioni estere: aprire una società, una stabile organizzazione o una sussidiaria, ma anche gestire grandi patrimoni da San Marino è oggi molto pratico e trasparente. Ci proponiamo, quindi, come una giurisdizione sinergica alle giurisdizioni più grandi e complesse, nella quale sviluppare alcune parti della catena del valore, lasciandone altre in paesi con altre peculiarità, in un’ottica strategica, dando impulso alla competitività internazionale di iniziative imprenditoriali e d’investimento.
Quali sono i prossimi ambiti d’intervento?
In autunno promuoveremo un momento di confronto fra imprese digitali e fondi di venture capital e di private equity. L’obiettivo è quello di sviluppare il cluster sammarinese di imprese che producono soluzioni digitali, oggi composta da una quarantina di imprese, prospettandoci come sostenitori dei progetti di quelle imprese digital la cui mission sia supportare la realizzazione di obiettivi esg e, in generale, contribuire alla maggiore sostenibilità dei nuovi modelli economici nei prossimi decenni.
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