Julie Zhuo
Business

Chi è Julie Zhuo, l’ex vicepresidente di Facebook che ha fondato una startup sull’IA

Articolo tratto dal numero di gennaio 2024 di Forbes Italia. Abbonati!

“Stamattina sapevo chi ero, ma devo essere cambiata più volte da allora” è la citazione, da Alice nel Paese delle Meraviglie, preferita da Julie Zhuo, una star della Silicon Valley che ben rappresenta la cultura e lo spirito del luna park dell’innovazione: dopo 14 anni ha lasciato Facebook da vicepresidente, ha investito in startup e ha fondato la sua, ha scritto un libro di management diventato un bestseller negli Usa e tiene una seguitissima newsletter (a pagamento, ovviamente, come si usa in America) che non a caso si chiama The looking glass, lo specchio, come quello di Alice. 

Nata a Shangai, arrivata negli Stati Uniti a cinque anni, Julie Zhuo è entrata in Facebook come product designer dopo la laurea in computer sciences a Stanford, è diventata manager a 25 e vicepresident a poco più di 30, nel 2016: è stata lei a guidare la crescita del prodotto Facebook da dieci milioni a oltre due miliardi di utenti, il paese più grande del mondo. “Mi sento molto fortunata ad aver lavorato con Mark Zuckerberg, Sheryl Sander e un gran numero di colleghi, presenti e passati, da cui ho imparato tantissimo”.

E quello che ha appreso l’ha riversato nel suo libro Making of a manager, nascita di una manager, potremmo dire, che in Italia è pubblicato da Roi Edizioni con il titolo Missione Manager e un sottotitolo assai esplicativo: ‘Come sopravvivere alla promozione al primo ruolo manageriale e crescere fino a guidare grandi team’.

Le caratteristiche di una manager digitale

Come nasce una manager nella nuova economia digitale? Che cosa significare crescere in un’azienda come Facebook? Che cosa lascia e come cambia? Ce lo siamo fatti raccontare da Zuho, attraverso lo specchio di Alice. “Adoro quella citazione perché amo il processo di crescita ed evoluzione, sperimentando le cose che non sapevo ma anche quelle che non sapevo di non sapere. Penso che i mattoncini che hanno plasmato il mio percorso di manager siano stati: crescere come immigrato all’incrocio di due culture (americana e cinese); imparare a fare il mio lavoro fra design e ingegneria; avere l’opportunità di gestire progettisti e ingegneri in un’organizzazione in rapida crescita in cui l’apprendimento avveniva principalmente attraverso la pratica; crescere insieme a quel team iniziale di cinque persone di quasi 100 volte; intraprendere, applicando le lezioni apprese – da zero a uno – con la fondazione della mia attuale startup, Sundial. Chiedetemelo di nuovo tra un anno e sono sicura che vi dirò qualcosa di diverso” (lo dice sorridendo).

Sundial è una società di consulenza che lavora con l’intelligenza artificiale per ‘estrarre’ automaticamente informazioni (insights) dai dati di un’azienda. Appena uscita da Facebook, Zhuo aveva fondato un’altra società, Inspirit, per fare consulenza alle tech company nella costruzione di nuovi prodotti che piacciono. Qualcosa in 14 anni a Facebook, quelli della grande crescita, l’ha imparata.

“Facebook è cresciuto alla velocità della luce negli anni in cui ci ho lavorato. Mi sono abituata a veder raddoppiare o triplicare la mia squadra anno dopo anno, cosa che poi ho capito essere una vera anomalia. Quando cresci così velocemente, due cose diventano molto importanti: adattarsi rapidamente ai cambiamenti e reclutare bene le persone. Il dono più grande che mi ha dato lavorare e avere responsabilità in quell’ambiente è stata la sensazione che è possibile essere performanti e affiatati, parlare di argomenti molto difficili con empatia e grazia. Si possono fare cose che non pensavamo nemmeno fossero possibili”.

Le sfide di Zhuo

Sembra una formula dell’innovazione: fare cose che non sembravano nemmeno possibili. Che manager si diventa o bisogna essere per poterla applicare? “Ciò che ho imparato dalla cultura manageriale di Facebook è sia la cura per le persone che l’attenzione all’impatto di quello che facciamo. È facile a dirsi, ma è così difficile fare bene entrambe le cose! Questo perché a prima vista possono sembrare in contraddizione: se sto spingendo sull’impatto, non significa che devo essere duro con le persone? Se mi preoccupo delle relazioni con le persone, non significa che sarò morbido e perderò impatto?”.

La risposta si trova guardando attraverso un’altra lente, suggerisce Zhuo. “È umano aspirare a fare un lavoro significativo. Per chi condivide una visione simile su cosa sia il lavoro significativo (che ovviamente varierà da persona a persona), allora il management diventa un aiuto reciproco per raggiungere un maggiore livello di impatto senza tempo e fatica inutili, è una forma di cura”.

Anche questo è più facile a dirsi che a farsi, soprattutto quando si è all’inizio di un percorso da manager. Quali sono stati i momenti o le sfide più formativi per Zhuo? “Imparare a vedermi come un leader, anche se non avevo tutte le risposte, è stata una sfida enorme per me, all’inizio. Pensavo che le persone mi avrebbero rispettato solo se ne avessi saputo più di loro. Ma, a quanto pare, un leader non ha bisogno di conoscere tutte le risposte. Un leader ha bisogno di vedere e attingere ai punti di forza del gruppo in modo che il tutto sia maggiore della somma delle parti”.

Tre i consigli di Zhuo per un giovane manager. “Conosci te stesso: cosa ti dà energia? Cosa prosciuga la tua energia? Quali sono i tuoi punti di forza e i tuoi punti di debolezza? Il secondo elemento è che il feedback è un dono: chiedilo e donalo liberamente con lo spirito di aiutare tutti a raggiungere i loro obiettivi. Terza cosa: non aver paura di chiedere aiuto. È normale non sapere cosa fare. Chiedete e vi sarà dato”.

Zhuo ha sempre avuto una passione per il disegno e la costruzione. Nel libro ricorda una sua foto a otto anni con un set di Lego Pirates. Le piacciono ancora i mattoncini? “Mi viene da ridere tutte le volte che me lo domandano, perché oggi sono io a guardare i miei figli (ne ho tre, di nove, sette e quattro anni) e la loro ossessione per i Lego. Mi piace vederli costruire, creare e imparare a conoscere il mondo”. Nell’era digitale qual è il mattoncino che non può mancare a un buon manager? “L’ascolto attivo verso gli altri e la riflessione attiva verso se stesso”. Da sviluppare anche grazie alla tecnologia. “L’intelligenza artificiale può aiutare molto nel processo di formazione dei manager. Tutti noi dovremmo avere un executive coach che ci capisca profondamente e ci aiuti a essere migliori”. Nel segno del cambiamento continuo.  

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