Articolo tratto dal numero di febbraio 2024 di Forbes Italia. Abbonati!
“La nuova onda del barbecue coreano è arrivata”, titolava qualche tempo fa la rivista enogastronomica americana Eater. In effetti, l’ascesa di questo nuovo format ristorativo internazionale sembra inevitabile. I dati di The Food Institute parlano di un interesse per la cucina coreana aumentato di quasi il 90% negli ultimi anni e, come è successo in precedenza per il Giappone e il sushi, questo comporta un boom di nuove aperture di qualità, ma anche di imitazioni di secondo ordine.
Il barbecue coreano
Per chi non avesse ancora avuto modo di assaggiare questo stile di cottura, c’è da sapere che in Corea la carne viene grigliata direttamente a tavola come parte di un rituale di gruppo. Marinata o meno, è tagliata a fettine sottili e accompagnata da numerosi contorni, tra cui il kimchi, un piatto tradizionale a base di verdure fermentate come cavolo verza, aglio, cipolla, peperoncino coreano e foglie di rafano. Questa pratica, conosciuta come gogi-gui o gogihui, ha origine nella dinastia Goguryeo tra il 37 a.C. e il 668 d.C.
Parte del divertimento nell’andare in questi ristoranti risiede nel fatto che la preparazione avviene direttamente al tavolo su griglie a carbone o a gas, con la possibilità di grigliare autonomamente o chiedere assistenza al personale. Durante la cottura vengono serviti numerosi contorni chiamati banchan, che includono una varietà di verdure, germogli o noodle.
Ma se da un lato l’ascesa dei Korean bbq può in qualche modo ricordare quella del sushi, dall’altro la volontà dei suoi interpreti è preservare il proprio valore senza scivolare nelle imitazioni scadenti. Ed è per questo che alcuni grandi chef negli ultimi mesi stanno girando il mondo nel ruolo di ambasciatori di questo stile gastronomico, valorizzando i ristoranti d’eccellenza fuori dal loro paese d’origine.
Chi è Park Nyo-nam, lo chef di fama internazionale arrivato in Italia
In Italia, ad esempio, abbiamo assistito, a cavallo del nuovo anno, all’arrivo di uno chef di fama internazionale: Park Nyo-nam. Considerato uno dei più importanti esponenti della cucina coreana contemporanea, Park Nyo-nam è l’executive chef del ristorante Seasons all’interno del Millennium Hilton Hotel di Seul e membro della World Gourmet Association. La sua salsa, il cui gusto si avvicina alla tradizionale soia coreana, gli è valsa anche un premio al Singapore World Culinary Competition e un programma sulla tv giapponese NHK.
Come sua ‘ambasciata’ in Italia ha scelto il ristorante coreano Hallasan, in via Guelfa a Firenze, creato dall’imprenditore Xu Hilton, attivo nel campo della ristorazione da 15 anni. Un ristorante che già dal nome rivela le proprie ambizioni: Hallasan è infatti il nome della più alta montagna coreana, a voler indicare la volontà di raggiungere le vette della buona tavola.
Una sfida doppiamente coraggiosa, perché aprire un ristorante di Korean bbq nella capitale della ‘ciccia’ vuol dire confrontarsi con un pubblico molto attento e competente. Proprio per questo la proposta di carni spazia tra i tagli di manzo più pregiati al mondo: non solo il kobe, ma anche quello pluripremiato allevato dal guru Muhenaru Ozaki in una fattoria a un’ora e tre quarti di volo da Tokyo.
Il braciere a carbone
Tra gli elementi che rendono l’esperienza di Hallasan distante dall’ordinario c’è il braciere a carbone al centro di ogni tavolo, su cui il personale di sala viene a cuocere la carne, dal filetto alle costine dry aged, al naturale o marinato nella salsa di soia coreana, serviti come da tradizione insieme a quattro condimenti: fiocchi di sale Maldon, zenzero giapponese, cipolla caramellata e wasabi. E accompagnati da un’ampia serie di contorni vegetali, tra cui piatti stagionali come la zucca con il miele e, ovviamente, il kimchi, il piatto nazionale. Insomma, anche se non avete fatto in tempo a provare i piatti firmati da Park Nyo-nam, la cucina coreana è arrivata in Italia e ha tutte le intenzioni di restare.
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