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Perché Saint Vincent e Grenadine sta diventando la nuova meta preferita dai miliardari (anche italiani)

Dal minuscolo aeroporto della capitale Kingstown serve un’ora di macchina per giungere al Sandals Resort di Saint Vincent e Grenadine, stato insulare delle Piccole Antille. Quello inaugurato lo scorso marzo a Saint Vincent, la più grande delle 32 isole che formano questo arcipelago, non è un hotel qualunque, per almeno due motivi.

Il primo: il più recente dei 18 resort del gruppo Sandals – oggi capitanato da Adam Stewart, diventato presidente esecutivo dopo la morte, nel 2021, del padre Gordon “Butch” Stewart – ha una grande ambizione: portare su questa remota isola caraibica i turisti italiani, offrendo loro un format di lusso all inclusive all’americana.

Il secondo: nonostante di sfida diretta non si possa parlare perché puntano su target di clientela diversi, Sandals Resort è uno dei pochissimi grandi gruppi internazionali ad aver effettuato un’importante investimento immobiliare in un territorio il cui dominus è un italiano.

E non, per restare in tema, un italiano qualunque, ma Andrea Pignataroil secondo miliardario più ricco d’Italia dopo Giovanni Ferrero – che a Canouan, isolotto poco distante da Saint Vincent, gestisce con la sua Canouan Estate una proprietà di 1.280 acri con ville e hotel di lusso. Ma perché Pignataro, Stewart e altri imprenditori con grandi patrimoni hanno deciso di puntare su questo minuscolo, semisconosciuto stato dei Caraibi?

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Saint Vincent e Grenadine: la meta preferita dai miliardari

I Caraibi sono da sempre una delle località preferite di molti imprenditori facoltosi, soprattutto di chi vuole diversificare il proprio portafoglio di investimenti immobiliari concedendosi sfizi esotici. Sulle principali isole i valori di acquisto delle case si aggirano oggi tra i mille e i seimila euro al metro quadro: un range ampio che sconta però la devastazione, con successiva svalutazione delle proprietà, provocata nel 2017 dall’uragano Irma.

Di recente, proprio su Saint Vincent e Grenadine si è abbattuta una nuova tempesta tropicale, Beryl, che ha procurato perdite umane e ulteriori danni. Eppure, nonostante l’onnipresente fattore di rischio rappresentato da questi fenomeni climatici, la fiscalità favorevole unita a un bene immateriale ormai consolidato – il grande valore attribuito dall’immaginario collettivo alla destinazione turistica Caraibi – continua a spingere gli investimenti in questa regione geografica.

Se poi si ottiene il lasciapassare dalle autorità governative per edificare in luoghi meno inflazionati di Bahamas e Giamaica – a Saint Vincent e Grenadine il prezzo degli immobili si aggira tra i mille i tremila euro al metro quadro, ma è destinato a crescere – il gioco è fatto.

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Da Saint Vincent a Canouan

Le 32 isole che formano questo arcipelago sono simili ma allo stesso tempo diverse tra loro: la più grande, Saint Vincent, è la più antropizzata. È qui, in uno spettacolare gomito di costa a una manciata di chilometri dalla capitale Kingstown, che Sandals ha deciso di costruire il suo ultimo resort, mettendo a disposizione dei turisti stanze e suite prenotabili spendendo sui 600 dollari a notte.

Su altre isole come Bequia e Mustique, quest’ultima amata dalla principessa ribelle Margaret e dal jet set internazionale, non ci sono catene alberghiere ma solo ville indipendenti. E poi c’è Canouan. Quando si parla della più scenografica delle isole di questo stato, il motto dei locali è: “Saint Vincent è per i ‘normali’, Mustique per i milionari, Canouan per i miliardari”.

Non è un caso che proprio a Canouan – con le sue montagne a picco sul mare, le spiagge abitate da tartarughe e una delle più intatte barriere coralline dei Caraibi – Pignataro abbia deciso di creare il suo personale paradiso in terra, continuando il lavoro di un altro importante investitore italiano le cui attività sono sempre state avvolte da un grande riserbo.

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Il progetto di Antonio Saladino a Saint Vincent e Grenadine

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A Saint Vincent i tassisti storpiano il suo nome, altri lo chiamano solo Godfather, ma il riferimento è chiaro. Si tratta di Antonio Saladino, banchiere italo svizzero deceduto lo scorso aprile. Saladino arriva a Canouan negli anni ’90. All’epoca, il gioiello di Saint Vincent e Grenadine era un’isoletta di pescatori senza acqua potabile, strade e macchine. Saladino ne resta incantato e, con l’avallo delle istituzioni locali, avvia il suo progetto di trasformare Canouan nel luogo dove, per dirla con i locali, “i miliardari avrebbero potuto scansare i milionari”.

Il progetto – per cui Saladino cerca anche il supporto delle società di Donald Trump – va però incontro a diverse battute d’arresto. Così negli anni successivi il banchiere decide di cambiare partner e di rivolgersi al miliardario irlandese Dermot Desmond.

Insieme, i due iniziano a lavorare per cambiare il volto dell’isola. Una delle loro ultime operazioni risale al 2010 quando Saladino, usando la sua Canouan Resorts Development – del cui consiglio direttivo ha fatto parte, tra il 1998 e il 2004, anche l’imprenditore Luca Rossetti dell’omonimo calzaturificio di Parabiago – realizza una joint venture con la società di investimenti di Desmond: insieme mettono sul piatto 100 milioni di dollari che permettono, tra le altre cose, di costruire una pista di atterraggio per jet, un porto in grado di ospitare mega-yacht e una marina esclusiva che avrebbe dovuto proteggere accogliere i vip.

Da queste parti sono stati visti Leonardo Di Caprio, George Clooney, il Principe Harry e Meghan Markle. Sorgono però le prime divergenze di vedute – secondo una fonte locale si tratta anche di “incompatibilità legate alle rispettive culture” – tra Saladino e Desmond sullo sviluppo del progetto.

La gestione Andrea Pignataro

Saladino decide allora di coinvolgere Andrea Pignataro che nel frattempo, correva l’anno 1999, aveva fondato la sua fintech Ion Investment Group. Pignataro prende a tutti gli effetti le redini della gestione dell’isola da Saladino, diventandone il suo successore e finendo per collaborare, siamo ai giorni nostri, con Desmond per sviluppi futuri, tra cui la costruzione di un campo da golf.

Se però tra i residenti e Saladino sembrava esserci un rapporto di rispetto, persino di affetto, con Pignataro le dinamiche appaiono diverse. La stampa locale riferisce che, negli ultimi anni, numerosi proprietari di immobili hanno lamentato “una gestione dei progetti troppo sbilanciata a favore degli investitori che sta procurando svalutazioni agli immobili posseduti dai locali”.

Pignataro avrebbe dei problemi anche con la Grenadines Estates Community Association Ltd. (Geca), associazione di residenti di cui fa parte Fulvia Sancin De’Longhi. Secondo iwnsvg.com, il miliardario avrebbe di recente chiesto alla corte locale di impedire all’associazione di eleggere tre nuovi amministratori, nel timore che queste nomine possano spostare gli equilibri di potere nel terzo settentrionale dell’isola, dove il patron di Ion Investment Group ha
le sue proprietà.

Mentre a Canouan si respira un’atmosfera d’élite un po’ litigiosa, Saint Vincent è a misura d’uomo comune. Gli ospiti del Sandals Resort sono perlopiù coppie yankee che vengono qui per godersi una settimana tra piscine – quella centrale misura 92 metri – una marina privata e ristoranti tematici dove si gusta sushi fresco, insalate vegane e cibo locale come il frutto del pane.

Il resort – dotato di 301 stanze, a cui si aggiungono le Vincy Overwater Two-Story Villas disposte su due piani, costruite direttamente sull’acqua e di prossima inugurazione – è anche un punto di partenza eccezionale per un’avventura di snorkeling o per un’immersione subacquea.

Il primo resort Sandals

Nonostante la diversa tipologia di pubblico ricercata, Gordon “Butch” Stewart ha in comune con Pignataro e Desmond l’aura da self-made man. Nel 1981, senza alcuna esperienza nel settore alberghiero, il padre dell’attuale presidente esecutivo di Sandals rileva un piccolo hotel sulla spiaggia a Montego Bay. Sette mesi dopo fa il suo debutto il Sandals Montego Bay, il primo dei 18 resort di un gruppo che, nel frattempo, è diventato la principale società di resort a conduzione familiare dei Caraibi. E che, si diceva, oggi guarda proprio al mercato italiano.

In una recente intervista, Christian Casagrande, sales manager Southern Europe di Sandals Resorts International, ha ricordato come “i clienti tricolori amino particolarmente i resort con lunghe spiagge di sabbia bianca”. La stessa usata per coprire quella vulcanica della marina privata del Sandals di Saint Vincent, collegata da un ponticello di legno alla spiaggia nera adiacente dove, appena fuori dai confini dell’hotel, scorre lentissima la vita dei locali.

Il filo che lega investitori stranieri e abitanti dei luoghi è sempre molto sottile. Basti pensare, senza andare troppo lontano, alle operazioni immobiliari realizzate da Mark Zuckerberg a Kauai, la più bella e selvaggia delle isole hawaiane, dove il miliardario americano è stato criticato, tra le altre cose, per la sua scelta di allevare bovini pregiati che bevono birra.

Se si genera indotto sostenibile, però, la percezione dei residenti cambia. Il nuovo resort targato Sandals ha dato lavoro a 800 persone, l’80% provenienti dall’isola, assunti come cuochi, camerieri e nei ruoli dirigenziali della struttura.

Attraverso la Sandals Foundation, inoltre, anche parte degli altri isolani ricevono formazione professionale e sono destinatari di iniziative sportive, sanitarie e sociali volte a rafforzare la comunità. Nonostante sia poco lontana in linea d’aria, Canouan sembra molto distante da Saint Vincent.

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